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Home » Attualità » Smartphone ricondizionati: un risparmio non solo economico ma soprattutto ambientale

Smartphone ricondizionati: un risparmio non solo economico ma soprattutto ambientale

Se l'industria elettronica produce il 3% annuo delle emissioni globali di CO2, acquistare cellulari usati permette di non aggravare ulteriormente una crisi climatica già allarmante

Domenico Guarino
9 Novembre 2022
Smartphone usati e ricondizionati

Smartphone usati e ricondizionati

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La tecnologia è un supporto indispensabile per l’uomo, facilitandone il lavoro e prospettandogli orizzonti altrimenti irraggiungibili. Ma, allo stesso tempo, ha dei costi non indifferenti, molti dei quali invisibili. Anche dal punto di vista ambientale. Pensate che solo l’industria dell’elettronica, ogni anno, rilascia milioni di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera, pari al 3% delle emissioni a livello globale. Un ‘contributo’ che è in continua crescita. A generarle, oltre ovviamente alla produzione, è la dimensione dello smaltimento dei prodotti a fine ciclo o inutilizzabili. Da questo punto di vista gli smartphone rappresentano il flusso di rifiuti elettronici con la crescita più rapida. In particolare, per fare un esempio, un iPhone nuovo “costa” 78 chilogrammi in termini di Co2: di queste l’80% sono legate alla produzione, il 3% al trasporto, il 16% all’uso, l’1% allo smaltimento. Questo è quanto emerge dal primo Report di Impatto Ambientale di Swappie, ecommerce che si occupa della compravendita di smartphone usati e ricondizionati. Secondo la società uno smartphone ricondizionato produce il 78% di carbonio in meno rispetto a un telefono nuovo: l’80% della produzione viene sostituito dal 2%.

L’industria dell’elettronica, ogni anno, rilascia anidride carbonica pario al 3% delle emissioni a livello globale

Riciclare, dunque. Riattivare, riutilizzare, rimettere in funzione. Una lezione che viene dalla notte dei tempi, su cui le nostre civiltà si sono sempre fondate. In passato il concetto di spreco o di ‘rifiuto’ erano infatti pressoché sconosciuti: tutto rientrava nel ciclo della produzione del consumo, e il sistema complessivo era autoalimentante. Poi l’età del benessere apparentemente illimitato ha portato con sé conseguenze negative come il consumo compulsivo, e l’adozione di stili di vita dannosi, come l’usa e getta.

Ora la crisi delle materie prime e quella climatica ci impongono di cambiare registro e riconsiderare il nostro modo di vivere e di produrre valore. Anche e soprattutto nel campo della tecnologia, che richiede un flusso costante di materie prime rare e alimenta circuiti di produzione e smaltimento fortemente energivori. Ecco che eliminare le attività ad alta intensità di emissioni di carbonio, legate all’approvvigionamento dei materiali, alla supply chain e alla produzione, che sono fondamentali per dar vita a un nuovo smartphone, si crea un modello di business circolare caratterizzato da un impatto positivo. Scegliendo uno smartphone ricondizionato insomma si prolunga la vita di un device esistente e si riduce allo stesso tempo la propria impronta carbonica.

Gli smartphone ricondizionati producono il 78% di carbonio in meno

“Scegliendo ricondizionato rispetto al nuovo, gli utenti Swappie – sostiene la compagnia – hanno evitato l’emissione di oltre 23.500 tonnellate di CO2 nel 2021, la stessa quantità di emissioni di carbonio catturate dalla crescita di 389.401 alberi in 10 anni”. Questo perché il mercato degli smartphone ricondizionati è, non a caso, in forte crescita. Dalla sua fondazione nel 2016 (quando solo il 5% degli utenti di smartphone sceglieva device di seconda mano) e oggi, la società dichiara una comunità di un milione di persone in tutta Europa. “Gli ultimi mesi – ha spiegato Sami Marttinen, CEO e co-fondatore di Swappie – ci hanno posto davanti all’evidenza della crisi climatica che il nostro pianeta si trova ad affrontare con il caldo estremo e la siccità che scatenano il caos a livello globale. Le cause sono numerose, ma non c’è dubbio che il comportamento dell’uomo tenda ad aggravare la situazione. È difficile non essere scoraggiati dal pensiero del nostro futuro climatico, ma non è il momento di essere disfattisti e rinunciare. È infatti necessario il contrario. Dobbiamo raddoppiare il nostro impegno e ricordare alle persone dell’impatto collettivo delle loro scelte e di come queste possano fare una vera differenza per il futuro del nostro pianeta”.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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La tecnologia è un supporto indispensabile per l’uomo, facilitandone il lavoro e prospettandogli orizzonti altrimenti irraggiungibili. Ma, allo stesso tempo, ha dei costi non indifferenti, molti dei quali invisibili. Anche dal punto di vista ambientale. Pensate che solo l’industria dell’elettronica, ogni anno, rilascia milioni di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera, pari al 3% delle emissioni a livello globale. Un 'contributo' che è in continua crescita. A generarle, oltre ovviamente alla produzione, è la dimensione dello smaltimento dei prodotti a fine ciclo o inutilizzabili. Da questo punto di vista gli smartphone rappresentano il flusso di rifiuti elettronici con la crescita più rapida. In particolare, per fare un esempio, un iPhone nuovo "costa" 78 chilogrammi in termini di Co2: di queste l’80% sono legate alla produzione, il 3% al trasporto, il 16% all’uso, l’1% allo smaltimento. Questo è quanto emerge dal primo Report di Impatto Ambientale di Swappie, ecommerce che si occupa della compravendita di smartphone usati e ricondizionati. Secondo la società uno smartphone ricondizionato produce il 78% di carbonio in meno rispetto a un telefono nuovo: l’80% della produzione viene sostituito dal 2%.
L’industria dell’elettronica, ogni anno, rilascia anidride carbonica pario al 3% delle emissioni a livello globale
Riciclare, dunque. Riattivare, riutilizzare, rimettere in funzione. Una lezione che viene dalla notte dei tempi, su cui le nostre civiltà si sono sempre fondate. In passato il concetto di spreco o di 'rifiuto' erano infatti pressoché sconosciuti: tutto rientrava nel ciclo della produzione del consumo, e il sistema complessivo era autoalimentante. Poi l’età del benessere apparentemente illimitato ha portato con sé conseguenze negative come il consumo compulsivo, e l'adozione di stili di vita dannosi, come l’usa e getta. Ora la crisi delle materie prime e quella climatica ci impongono di cambiare registro e riconsiderare il nostro modo di vivere e di produrre valore. Anche e soprattutto nel campo della tecnologia, che richiede un flusso costante di materie prime rare e alimenta circuiti di produzione e smaltimento fortemente energivori. Ecco che eliminare le attività ad alta intensità di emissioni di carbonio, legate all’approvvigionamento dei materiali, alla supply chain e alla produzione, che sono fondamentali per dar vita a un nuovo smartphone, si crea un modello di business circolare caratterizzato da un impatto positivo. Scegliendo uno smartphone ricondizionato insomma si prolunga la vita di un device esistente e si riduce allo stesso tempo la propria impronta carbonica.
Gli smartphone ricondizionati producono il 78% di carbonio in meno
"Scegliendo ricondizionato rispetto al nuovo, gli utenti Swappie - sostiene la compagnia - hanno evitato l’emissione di oltre 23.500 tonnellate di CO2 nel 2021, la stessa quantità di emissioni di carbonio catturate dalla crescita di 389.401 alberi in 10 anni". Questo perché il mercato degli smartphone ricondizionati è, non a caso, in forte crescita. Dalla sua fondazione nel 2016 (quando solo il 5% degli utenti di smartphone sceglieva device di seconda mano) e oggi, la società dichiara una comunità di un milione di persone in tutta Europa. "Gli ultimi mesi - ha spiegato Sami Marttinen, CEO e co-fondatore di Swappie - ci hanno posto davanti all’evidenza della crisi climatica che il nostro pianeta si trova ad affrontare con il caldo estremo e la siccità che scatenano il caos a livello globale. Le cause sono numerose, ma non c’è dubbio che il comportamento dell’uomo tenda ad aggravare la situazione. È difficile non essere scoraggiati dal pensiero del nostro futuro climatico, ma non è il momento di essere disfattisti e rinunciare. È infatti necessario il contrario. Dobbiamo raddoppiare il nostro impegno e ricordare alle persone dell'impatto collettivo delle loro scelte e di come queste possano fare una vera differenza per il futuro del nostro pianeta”.
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