Ballerina e coreografa autistica non binary, Federica Giusto in arte Red Fryk Hey ci tiene molto al primo aggettivo che la definisce: "chiamarmi autistica senza disabilità cognitiva e compromissioni - dice lei presentandosi - rappresenta la mia condizione nel modo più completo possibile. Asperger, alto basso funzionamento, lieve o grave non sono termini presenti nemmeno nei manuali diagnostici e sono parole che contribuiscono a creare classismo e discriminazioni tra le persone autistiche, perciò non-vanno-usate". È netta, Red, logica e decisa. Da quando a 31 anni - dopo un'infanzia e un'adolescenza passata a sentirsi sbagliata - ha intrapreso il percorso che l'ha portata a farsi diagnosticare l'autismo, quello che le interessa di più è fare chiarezza e informazione. Spiegare che l'autismo non è né una patologia, né una malattia, ma un tipo di funzionamento mentale diverso dallo standard, che porta con sé "tante peculiarità bellissime".
Perché è bello essere una persona autistica? "Intanto per l'intensità con cui si vivono le cose (che in negativo ha anche le sue controindicazioni), ma quando imbocca una strada positiva, è un'esperienza davvero bellissima". Poi? "La capacità di fissarsi sulle cose in maniera naturale. "Fisse" le chiamano i neurotipici o "bolle", ma per me sono interessi. Una caratteristica della mente che mi permette di concentrarmi su alcuni argomenti e arrivare a saperne tantissimo senza fare fatica. Mi capita, però, soltanto su alcuni temi. Questo a scuola era un problema e infatti (ride) andavo malissimo. Un altro aspetto è la capacità di vivere i sentimenti in maniera molto intensa. Si dice spesso che le persone autistiche non li provino, ma è un luogo comune che non corrisponde al vero. Noi autistici abbiamo difficoltà a riconoscere i sentimenti, ma non è vero che non li proviamo: anzi. Un'altra cosa ancora, e poi mi fermo perché potrei continuare all'infinito, è il fatto di poter notare con semplicità alcuni dettagli. Ricordare alcune situazioni passate come fossero successe ieri. L'attenzione al dettaglio, una capacità bellissima della mente autistica". Red, come immagine di WhatsApp ha Ariel, la sirenetta della Disney. Con i suoi capelli rossi vuole forse ispirarsi a lei? "Sì, anche se caratterialmente mi rivedo più in altri personaggi, ma come aspetto fisico sì, mi ha sempre colpita".
Perché le piace così tanto la Disney? "Ho sempre trovato in Walt Disney una chiave di lettura della realtà semplicissima. Mi affascinava che i movimenti dei personaggi andassero a tempo di musica, cosa che collegavo alla danza, già da piccola, perché è una passione che ho sempre avuto. Mi colpivano tantissimo le loro espressioni del viso: e accade anche adesso, quando li riguardo. Mi sembrava un modo facile e divertente per capire alcuni aspetti del mondo reale: la Disney aveva trovato la chiave per farmi capire delle cose che non riuscivo a capire dalle persone. Ed era in grado di mostrarmi anche come dovevo comportarmi, le espressioni del viso che dovevo utilizzare quando mi veniva detto che sbagliavo. Comportamenti che poi, come ribadisco sempre, non erano sbagliati, erano solo diversi. Ma nessuno me lo aveva spiegato". Quando ha scoperto di essere autistica? Tra i 25 e i 26 anni, grazie a una parente che scoprì di esserlo a sua volta. Al tempo soffrivo di una depressione che mi era stata diagnostica a nove anni. Una condizione tipica delle persone autistiche, perché passano tanto tempo a ripetersi che sono sbagliate e ad andare contro il funzionamento della loro mente. Lei mi disse: "penso che anche tu sia autistica". Io, però, come tante altre persone al tempo pensavo - sbagliando - che autismo fosse sinonimo di disabilità cognitiva. In più ero talmente concentrata sulla mia depressione e quindi ho intrapreso il percorso per la diagnosi dell’autismo solo a 31 anni". Come mai ha preso questa scelta? "Ero arrivata a un punto in cui la mia mente mi diceva: tu-non-funzioni-così. Devi scoprire cosa stai facendo alla tua testa, perché stai facendo delle cose che non sono adatte a lei" E scoprire di essere autistica cosa ha significato? "Mi ha dato le risposte a tutte le domande che avevo su di me. Mi ha chiarito tutte quelle cose che di rimando dalle altre persone venivano viste come "stranezze", "errori", "difetti" quando per me erano degli atteggiamenti normali. Io li soffocavo, stavo male e me ne rendevo conto. Ma continuavo a pensare: se la maggioranza delle persone dice che sbaglio, sarò io la sbagliata non loro, no?" Può farci qualche esempio? "Sono una persona autistica ipersensoriale, questo significa che i miei sensi sono amplificati. Ho sempre vissuto in questo modo, ma le persone mi dicevano che esageravo, non mi credevano. Sono arrivata a pensare che le mie percezioni non fossero reali ed è una sensazione orribile". Come ripete spesso nei suoi post: a disabilitare le persone autistiche sono prima di tutto le altre persone, è così? "È proprio così. Noi persone autistiche abbiamo la nostra normalità e il fatto che differiamo dallo standard o dalla tipicità non vuol dire che siamo un errore. I neurotipici dovrebbero ascoltare di più le persone autistiche che, come me, hanno la capacità di parlare, perché non tutti gli autistici parlano e quasi sempre le loro esigenze vengono interpretate in maniera sbagliata da persone che hanno una mente che funziona diversamente dalla loro". Lei è una ballerina, è riuscita a rendere la danza anche un lavoro? "Con il Covid è stato più complicato, ma in generale sì. Pochi giorni dopo aver scoperto di essere autistica ho creato uno spettacolo che si intitola "Immagina se tu...anzi, prova": un'esibizione che rappresenta un viaggio nella mente autistica fatto di parole, corpo, movimento e musica: hip hop, danza contemporanea ed...esperimenti". Quali sono gli errori più comuni che vengono fatti verso le persone autistiche? "Il primo che mi viene in mente è organizzare eventi sull'autismo in cui le persone autistiche non vengono coinvolte. Il secondo? L'imposizione delle regole sociali, che sono basate sulla mente neurotipica. Io ad esempio, fin dall'asilo, faccio fatica a stare in gruppo: mi arrivano troppi stimoli, sensazioni, emozioni, che devo gestire con i miei modi e tempi. La solitudine, ad esempio, mi permette di ricaricarmi e solo a quel punto sono in grado di condivedere con gli altri alcune cose. Ma quest'aspetto è stato difficilmente accettato, mi stressavano talmente tanto a dover stare in gruppo che sono arrivata a costringermi, finché un giorno mi sono chiesta: ma per chi lo faccio?".
Altri errori da evitare? "Ripetere alle persone autistiche di guardare negli occhi gli altri quando comunicano o quando ascoltano. Questa è una caratteristica che riguarda anche i neurotipici, ma nel nostro caso è molto più diffuso. Non lo facciamo né per timidezza, né perché non vogliamo ascoltare, ma perché nella nostra mente si attivano in maniera molto intensa sia la parte del cervello dedicata all'ascolto sia quella dedicata alla vista: le informazioni sono troppe e quindi per ascoltare distogliamo lo sguardo". Che cosa chiede alle persone neurotipiche? "Di non sfidare, né combattere l'autismo. Noi persone autistiche non dobbiamo né essere combattute, né sfidate, ma capite, come si fa con tutti gli altri esseri umani. Invece di avere paura, provate a conoscerci".