La legge sul suicidio assistito in Toscana è la prima (e unica) d’Italia. A che punto sono le altre regioni?

Il Consiglio regionale toscano ha attuato la sentenza emanata nel 2019 dalla Corte costituzionale sul caso Dj Fabo/Cappato. Riguardo il resto della penisola, quattro regioni hanno bocciato la proposta, in altre dieci si deve ancora votare e nelle restanti cinque nulla si muove

di MARCO PILI
14 febbraio 2025
A differenza dell'eutanasia, nel suicido assistito l'atto di togliersi la vita, somministrandosi le sostanze necessarie in modo autonomo e volontario, è compiuto interamente dal soggetto stesso e non da soggetti terzi

A differenza dell'eutanasia, nel suicido assistito l'atto di togliersi la vita, somministrandosi le sostanze necessarie in modo autonomo e volontario, è compiuto interamente dal soggetto stesso e non da soggetti terzi

Anche se in Lombardia si è appena verificato il sesto caso di suicidio assistito in Italia – una cinquantenne con sclerosi multipla è deceduta autosomministrandosi un farmaco fornito dal Servizio sanitario nazionale –  la regione non ha una legge che regoli la procedura. L’unica regione ad averla è la Toscana, che l’ha approvata il 12 febbraio. Nonostante i numerosi solleciti giurisprudenziali, non esiste una normativa nazionale e l’unico modo per ricorrervi nel resto del territorio nazionale è soddisfare le procedure previste dalla Corte costituzionale

Toscana, terra di diritti

Toscana, terra di diritti. A partire dal 1786, anno in cui il Granduca Pietro Leopoldo abolì tortura e pena di morte, Firenze e dintorni sono sempre stati all’avanguardia nel garantire maggiori tutele alla popolazione, rendendo la terra di Dante, Petrarca, Boccaccio e tanti e tante altre non solo un luogo di letteratura e cultura, ma anche di libertà. Nel 2004, ad esempio, il Consiglio regionale del pegaso alato fu il primo organo in Italia ad adottare una legge contro la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, mentre nel 1979 la città di Pisa ospitò il primo Pride d’Italia.

Eventi i quali, nel corso dei secoli e, più di recente, dei decenni, hanno spianato la strada a traguardo del suicidio medicalmente assistito. Grazie al recente voto espresso in Consiglio, infatti, la regione amministrata da Eugenio Giani sarà la prima in Italia a garantire questa procedura per coloro che soddisfaranno i requisiti di accesso.

L’approvazione della legge

La norma, originariamente di iniziativa popolare, è stata votata dai membri dell’organo dopo il raggiungimento del numero di firme necessarie per l’avvio della procedura. Successivamente, il voto politico degli esponenti e delle esponenti della maggioranza, prevalentemente a trazione Partito democratico, ha approvato il testo presentato in prima battuta. Una serie di dichiarazioni che, oltre a definire la possibilità di accedere alla procedura, ne definiscono anche i limiti di attuazione.

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I requisiti per il suicidio assistito

La legge toscana stabilisce che possono accedere alle procedure di suicidio medicalmente assistito le persone che soddisfano i criteri, delineati dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 242/2019 e n. 135/2024, ovvero 1) essere affetti da una patologia irreversibile; 2) sperimentare sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili; 3) dipendere da trattamenti di sostegno vitale; 4) essere capaci di prendere decisioni libere e consapevoli. Questi requisiti devono sussistere tutti insieme.

Il Consiglio Regionale della Toscana in seduta (ANSA)
Il Consiglio Regionale della Toscana in seduta (ANSA)

La commissione

Ogni azienda sanitaria locale, infatti, avrà l’obbligo di istituire una commissione medica permanente di carattere multidisciplinare, la quale sarà chiamata a valutare le singole richieste di suicidio medicalmente assistito non al di là dei primi 20 giorni dal momento di presentazione della domanda. Questa commissione, formata su base volontaria, include: un medico palliativista, uno psichiatra, un anestesista, uno psicologo, un medico legale, un infermiere, un medico specialista nella patologia del richiedente. I componenti della commissione devono essere dipendenti del servizio sanitario regionale e non possono percepire compensi o altri benefici per tale incarico. Inoltre, prima di valutare l’ammissibilità delle richieste di morte assistita, la commissione è tenuta a richiedere il parere del comitato etico locale competente.

La procedura

Il comitato etico territoriale sarà chiamato a rispondere non oltre 7 ulteriori giorni. Le modalità, successivamente, verranno individuate entro e non oltre 10 giorni dal superamento del secondo scoglio valutativo. Sarà compito dell’azienda sanitaria locale, l’Asl, reperire tutto il necessario per l’attuazione della procedura, siano essi macchinari o medicinali di vario tipo.

Ad ogni modo, l’intera procedura non potrà superare i 54 giorni di durata, e sarà completamente a carico della Regione. E questa è una rivoluzione rispetto al passato, quando in alcuni casi i pazienti hanno dovuto aspettare molti mesi, se non diversi anni, per affermare il proprio diritto: alcuni sono morti nell’attesa. La legge, in tal senso ha istituito un fondo da diecimila euro al mese per ben tre anni, il quale garantirà di gestire le richieste che verranno presentate e il loro eventuale soddisfacimento.

La situazione in Italia

Nel resto della penisola, purtroppo, la situazione non è altrettanto rosea. Dopo la sentenza relativa al caso Dj Fabo/Cappato, datata 2019, le Camere non hanno mai approvato alcun testo che recepisse l’input della Corte. Una mancanza che, sotto stimolo dell’associazione Luca Coscioni, la regione Toscana ha deciso di colmare.

Delle venti regioni italiane, invece, ben quattro hanno già bocciato al voto o bloccato l’iter di approvazione di una legge analoga: Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, qui è di fatto illegale ricorrere alla pratica del suicidio assistito. Mentre in altre dieci il testo – che pur esiste – non è ancora stato discusso: Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna, Marche Sicilia.

Sul tabellino, infine, risultano assenti Basilicata, Molise, Umbria, Liguria e Trentino-Alto Adige: all’interno di questi territori non si segnala alcun movimento in merito. Dogma o assenze che la Toscana ha finalmente abbattuto, aprendo ad un nuovo corso di diritti e di dignità raggiunto, in particolar modo, grazie alla sensibilità e alla disobbedienza civile promossa tramite numerose iniziative popolari.