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Home » Attualità » Suicidio assistito, Fabio ha scelto “di porre fine alle sue sofferenze con la sedazione profonda”

Suicidio assistito, Fabio ha scelto “di porre fine alle sue sofferenze con la sedazione profonda”

Ridolfi, 46enne di Fermignano (Pesaro) immobilizzato da 18 anni a letto a causa di una tetraparesi, ha scelto il cammino verso la fine. "Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora"

Marianna Grazi
6 Giugno 2022
Ridolfi-suicidio assistito

Il Cerm ha emesso un parere positivo sul caso di Ridolfi lo scorso 8 aprile ma al paziente è stato recapitato solo a distanza di 40 giorni

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Fabio Ridolfi “ha scelto di porre fine alle sue sofferenze tramite la sedazione profonda e continua”. Il 46enne di Fermignano (Pesaro), immobilizzato da 18 anni a letto a causa di una tetraparesi, che poche settimane fa aveva lanciato un video appello per chiedere aiuto allo Stato e ottenere il via libera sperato al suicidio assistito, ha deciso come morire. Una liberazione da quel dolore, da quel corpo che per troppo tempo lo ha tenuto bloccato in una vita che non era più la sua, in una vita che non era più vita.

“Lo Stato mi ignora”

Fabio-appello-sedazione-profonda
Il nuovo appello di Fabio Ridolfi: “Non posso continuare a soffrire mentre lo Stato mi ignora” (Associazione Luca Coscioni)

È stato lui stesso a comunicare la scelta, fa  sapere l’Associazione Luca Coscioni, tramite il puntatore oculare, in un video in cui spiega: “Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene“. Il Comitato Etico della Regione Marche, infatti, aveva riscontrato la sussistenza di tutte le condizioni (stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza sul caso “Dj Fabo-Cappato”) necessarie per accedere al suicidio medicalmente assistito, ma il parere era arrivato al paziente solo dopo 40 giorni essere stato emesso e solo dopo il suo disperato appello alle autorità: “Gentile Stato italiano, aiutami a morire”. La sua decisione, spiega l’associazione Coscioni, “arriva a seguito della mancata risposta da parte del Servizio Sanitario Regionale delle Marche che, dopo aver comunicato con 40 giorni di ritardo il parere del Comitato Etico con il via libera per l’aiuto medico alla morte volontaria, non ha mai indicato il parere sul farmaco e sulle relative modalità di somministrazione”. Ritardi che si accumulano, come era accaduto per Mario, il camionista di Ancona primo ad essere autorizzato al suicidio assistito in Italia, come denunciano tante altre persone costrette a rimanere in una situazione ‘vitale’ insopportabile.

La diffida all’Asur Marche

Suicidio assistito Fabio Ridolfi
Fabio Ridolfi, il 46enne di Fermignano immobilizzato da 18 anni a letto a causa di una tetraparesi, ha diffidato l’Asur Marche ad effettuare “in tempi brevissimi le dovute verifiche” sul farmaco da utilizzare per accedere al suicidio assistito

Il 27 maggio scorso il 46enne, che da 18 anni è immobilizzato a letto da una tetraparesi dovuta alla rottura dell’artesia basilare e può solamente muovere gli occhi, comunicando attraverso un puntatore oculare, ha anche diffidato formalmente l’Asur Marche a effettuare in tempi brevi le verifiche sul farmaco a cui avrebbe potuto ricorrere. Tuttavia, continua la Coscioni, “l’Asur ad oggi non ha mai risposto; decorsi i termini, i legali di Fabio avrebbero potuto legittimamente procedere con un’azione penale nei confronti dei responsabili dell’inadempimento per omissione di atti d’ufficio”. “Fabio aveva un diritto – dichiarano Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione e coordinatrice del collegio difensivo di Ridolfi, e Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni -, quello di poter scegliere l’aiuto medico alla morte volontaria, legalmente esercitabile sulla base della sentenza 242 della Corte Costituzionale (Cappato\Dj Fabio). Un diritto che gli è stato negato a causa dei continui ritardi e dell’ostruzionismo di uno Stato che, pur affermando che ha tutti i requisiti previsti dal giudicato costituzionale e riconoscendo che le sue sofferenze sono insopportabili, gli impedisce di dire basta”.

L’Associazione Coscioni: “Fabio merita rispetto”

Fabio Ridolfi tetraplegico
Fabio Ridolfi, tetraplegico, ha ricevuto il via libera dal Comitato etico delle Marche per il suicidio assistito lo scorso 19 maggio, 40 giorni dopo che era stato emesso

Sono al suo fianco da anni, da quando è iniziata la sua battaglia per accedere al suicidio medicalmente assistito. E anche oggi l’Associazione Luca Coscioni, nelle persone dell’avvocato Filomena Gallo e del tesoriere Marco Cappato, non fanno mancare il loro sostegno al marchigiano. “Fabio merita rispetto e non di essere ignorato da uno Stato che crudelmente lo costringe a una sofferenza continua e non garantisce la sua scelta legalmente attuabile – spiegano -. Ogni giorno che passa per Fabio è un giorno di sofferenza in più, per questo ha deciso di non voler più aspettare e di procedere con sedazione profonda e sospensione dei trattamenti di sostegno vitale”. La Coscioni, da sempre impegnata sul tema del fine vita, è stata anche promotrice del quesito referendario sull’eutanasia, che proprio la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile. Inoltre, per quanto criticata in molti punti, sostengono perlomeno la discussione del disegno di legge presentato dopo anni in Parlamento ma, aggiungono “Non possiamo non notare anche il silenzio assoluto della politica nazionale, impegnata nell’insabbiamento al Senato del testo di legge sull’aiuto al suicidio, dopo che la Corte costituzionale ha impedito al popolo di esprimersi sul referendum”.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Fabio Ridolfi "ha scelto di porre fine alle sue sofferenze tramite la sedazione profonda e continua". Il 46enne di Fermignano (Pesaro), immobilizzato da 18 anni a letto a causa di una tetraparesi, che poche settimane fa aveva lanciato un video appello per chiedere aiuto allo Stato e ottenere il via libera sperato al suicidio assistito, ha deciso come morire. Una liberazione da quel dolore, da quel corpo che per troppo tempo lo ha tenuto bloccato in una vita che non era più la sua, in una vita che non era più vita.

"Lo Stato mi ignora"

Fabio-appello-sedazione-profonda
Il nuovo appello di Fabio Ridolfi: "Non posso continuare a soffrire mentre lo Stato mi ignora" (Associazione Luca Coscioni)
È stato lui stesso a comunicare la scelta, fa  sapere l'Associazione Luca Coscioni, tramite il puntatore oculare, in un video in cui spiega: "Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene". Il Comitato Etico della Regione Marche, infatti, aveva riscontrato la sussistenza di tutte le condizioni (stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza sul caso "Dj Fabo-Cappato") necessarie per accedere al suicidio medicalmente assistito, ma il parere era arrivato al paziente solo dopo 40 giorni essere stato emesso e solo dopo il suo disperato appello alle autorità: "Gentile Stato italiano, aiutami a morire". La sua decisione, spiega l'associazione Coscioni, "arriva a seguito della mancata risposta da parte del Servizio Sanitario Regionale delle Marche che, dopo aver comunicato con 40 giorni di ritardo il parere del Comitato Etico con il via libera per l'aiuto medico alla morte volontaria, non ha mai indicato il parere sul farmaco e sulle relative modalità di somministrazione". Ritardi che si accumulano, come era accaduto per Mario, il camionista di Ancona primo ad essere autorizzato al suicidio assistito in Italia, come denunciano tante altre persone costrette a rimanere in una situazione 'vitale' insopportabile.

La diffida all'Asur Marche

Suicidio assistito Fabio Ridolfi
Fabio Ridolfi, il 46enne di Fermignano immobilizzato da 18 anni a letto a causa di una tetraparesi, ha diffidato l'Asur Marche ad effettuare "in tempi brevissimi le dovute verifiche" sul farmaco da utilizzare per accedere al suicidio assistito
Il 27 maggio scorso il 46enne, che da 18 anni è immobilizzato a letto da una tetraparesi dovuta alla rottura dell’artesia basilare e può solamente muovere gli occhi, comunicando attraverso un puntatore oculare, ha anche diffidato formalmente l'Asur Marche a effettuare in tempi brevi le verifiche sul farmaco a cui avrebbe potuto ricorrere. Tuttavia, continua la Coscioni, "l'Asur ad oggi non ha mai risposto; decorsi i termini, i legali di Fabio avrebbero potuto legittimamente procedere con un'azione penale nei confronti dei responsabili dell'inadempimento per omissione di atti d'ufficio". "Fabio aveva un diritto - dichiarano Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'associazione e coordinatrice del collegio difensivo di Ridolfi, e Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Coscioni -, quello di poter scegliere l'aiuto medico alla morte volontaria, legalmente esercitabile sulla base della sentenza 242 della Corte Costituzionale (Cappato\Dj Fabio). Un diritto che gli è stato negato a causa dei continui ritardi e dell'ostruzionismo di uno Stato che, pur affermando che ha tutti i requisiti previsti dal giudicato costituzionale e riconoscendo che le sue sofferenze sono insopportabili, gli impedisce di dire basta".

L'Associazione Coscioni: "Fabio merita rispetto"

Fabio Ridolfi tetraplegico
Fabio Ridolfi, tetraplegico, ha ricevuto il via libera dal Comitato etico delle Marche per il suicidio assistito lo scorso 19 maggio, 40 giorni dopo che era stato emesso
Sono al suo fianco da anni, da quando è iniziata la sua battaglia per accedere al suicidio medicalmente assistito. E anche oggi l'Associazione Luca Coscioni, nelle persone dell'avvocato Filomena Gallo e del tesoriere Marco Cappato, non fanno mancare il loro sostegno al marchigiano. "Fabio merita rispetto e non di essere ignorato da uno Stato che crudelmente lo costringe a una sofferenza continua e non garantisce la sua scelta legalmente attuabile - spiegano -. Ogni giorno che passa per Fabio è un giorno di sofferenza in più, per questo ha deciso di non voler più aspettare e di procedere con sedazione profonda e sospensione dei trattamenti di sostegno vitale". La Coscioni, da sempre impegnata sul tema del fine vita, è stata anche promotrice del quesito referendario sull'eutanasia, che proprio la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile. Inoltre, per quanto criticata in molti punti, sostengono perlomeno la discussione del disegno di legge presentato dopo anni in Parlamento ma, aggiungono "Non possiamo non notare anche il silenzio assoluto della politica nazionale, impegnata nell'insabbiamento al Senato del testo di legge sull'aiuto al suicidio, dopo che la Corte costituzionale ha impedito al popolo di esprimersi sul referendum".
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