E' dovuta andare in
Svizzera per porre fine alle sofferenze che il tumore da cui era affetta le infliggeva. Si tratta della regista e attrice
Sibilla Barbieri, 58 anni e malata oncologica terminale, che è morta in una clinica elvetica, dove era arrivata per potersi sottoporre al
suicidio assistito.
Il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato (Ansa)
I requisiti
A metà settembre, ricorda l'associazione Coscioni di cui Barbieri era consigliera, la struttura sanitaria romana aveva comunicato la propria decisione, spiegando che l'attrice non possedeva i
quattro requisiti previsti dalla
sentenza Cappato/Dj Fabo della Corte costituzionale per poter accedere legalmente alla morte volontaria assistita. In particolare la commissione medica aveva ritenuto che alla donna mancasse il requisito della
dipendenza da trattamento di sostegno vitale. Nella sentenza Cappato/Dj Fabo, tesoriere dell'associazione Coscioni, non era punibile perché
Fabio Ridolfi rispettava tutte e
quattro le condizioni fondamentali che permettono la pratica: essere tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitali; essere affetti da una patologia irreversibile; essere affetti da una patologia fonte di sofferenze intollerabili; essere pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli. Ciò non è valso per Barbieri, alla quale, sarebbe mancato il primo requisito.
Il viaggio in Svizzera
La donna allora è stata accompagnata in
Svizzera dal figlio e da Marco Perduca, già senatore radicale dell'Associazione Luca Coscioni e iscritto all'Associazione Soccorso Civile, che a oggi conta oltre 50 persone pronte ad
assumersi il rischio di conseguenze penali per aiutare persone malate a porre fine alle proprie sofferenze. Con questa azione il figlio di Sibilla Barbieri e Perduca rischiano fino a 12 anni di carcere: il 7 novembre infatti si autodenunceranno ai Carabinieri. Lo farà anche
Marco Cappato, in quanto legale rappresentante dell'Associazione Soccorso Civile che ha organizzato e sostenuto il viaggio di Sibilla Barbieri. Ad accompagnarli ci sarà anche Filomena Gallo, legale difensore e Segretario Nazionale dell'Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale di studio e difesa.
Il diniego al suicidio assistito
"
Al diniego non era allegata la relazione medica e neppure il parere del Comitato etico competente, documenti che avevamo richiesto", ha spiegato l'
avvocato Filomena Gallo. "Dopo avere verificato con il dottor Mario Riccio la documentazione medica che Sibilla Barbieri aveva prodotto, è emerso che invece
Barbieri era sottoposta a plurime forme di sostegno vitale". E continua: "Motivo per cui
abbiamo presentato opposizione al diniego, informando i dirigenti dell'azienda sanitaria che la nostra assistita aveva intrapreso anche la procedura per andare in Svizzera, ma che avrebbe voluto concludere i suoi pochi giorni con i suoi cari in Italia. Non vi è stata nessuna risposta da parte dei dirigenti ASL. Solo venerdì 3 novembre (quando Barbieri era già morta), abbiamo ricevuto il parere del Comitato Etico che conferma la sussistenza per Sibilla Barbieri dei requisiti indicati dalla Corte costituzionale". "Mentre apprendiamo dal verbale della Commissione Aziendale che non possono aderire al parere positivo del Comitato Etico in quanto ritengono che non vi sia il trattamento di sostegno vitale e spiace e mortifica leggere perfino "
che le condizioni attuali non sono coerenti con sofferenze fisiche intollerabili", le sue parole.
"Lo Stato deve porre rimedio alle discriminazioni", l'ultimo messaggio dell'attrice (Instagram)
L'ultimo messaggio dell'attrice
"Questa è una
discriminazione gravissima tra i malati oncologici e chi si trova anche in altre condizioni non terminali", aveva detto la regista nell'ultimo video pubblicato online prima del suo viaggio. Poi è arrivato l
'ultimo messaggio dalla clinica elvetica: "Mi chiamo Sibilla Barbieri, sono malata oncologica da 10 anni. Ho fatto tutte le cure che mi sono state proposte. Anche le linee di trattamento che ho acquisto carissime, ma purtroppo non hanno più funzionato". "
Io sono una malata terminale e non ho più tempo. Conoscendo la sentenza Cappato/Dj Fabo ho provato a chiedere aiuto per il
suicidio assistito a casa mia, in Italia, interpellando la mia Asl. Quest'ultima ha deciso che io non rientro nei casi possibili perché non sono attaccata a macchinari di sostegno vitale. Ma pochissimi malati terminale di cancro sono attaccati ai sostegni. Tra l'altro le cose cambiano. Per questo
ho deciso liberamente e consapevolmente di ottenere aiuto andando in Svizzera perché possiedo i 10mila euro necessari e posso ancora andarci fisicamente, anche se sono al limite", le sue parole. E conclude: "
Ma tutte le altre persone condannate a morire da una malattia che non possono perché non hanno i mezzi, perché sono sole o non hanno le informazioni,
come fanno? Questa è un'altra grave discriminazione a cui lo Stato deve porre rimedio".