“Mi sento triste e solo”: così muore un giovane di 21 anni. Parlava di suicidio su TikTok

Si sfogava sui social di quel malessere che lo attanagliava, parlava di salute mentale e di quelle maschere sorridenti che non riusciva più a portare

di CHIARA CARAVELLI -
23 ottobre 2024

Giovane muore sucida, si sfogava sui social

Occhi azzurrissimi, cuffie alle orecchie e una parlantina spigliata. Si presentava così ai suoi follower su TikTok, ai quali il 21enne di Roma raccontava la sua vita, le sue disavventure amorose come si fa con un gruppo di amici ristretti e intimi. Nell’ultimo mese, però, i contenuti avevano perso leggerezza. Di fronte a quello smartphone si sfogava, parlava dei suoi lati più bui, di quella tristezza che spesso prendeva il sopravvento, di pensieri negativi difficili da scacciare e di atteggiamenti autolesionisti, pericolosi per la sua salute.

“Io ragazzi non ce la faccio più a reggere la bella facciata, quella che ognuno di noi mette su per far vedere agli altri di stare bene. Devo ammettere di essere una persona sola e triste e in questo momento della vita sto soffrendo molto” diceva qualche settimana fa, in uno dei suoi ultimi video. Parole che lì per lì hanno suscitato tanti messaggi di vicinanza e di supporto, che sono poi il motivo per cui molte persone usano i social come diari, per sentire un po’ di calore. Ma che oggi acquisiscono un suono diverso, più stridente. Alla notizia che quel ragazzo si è tolto la vita, a 21 anni, in tantissimi gli hanno chiesto pubblicamente scusa per non aver colto quel grido di aiuto.  

L’ultimo video postato è della settimana scorsa, poi il buio. “Mi ritrovo a vivere – diceva in uno dei video – ogni giorno facendo una fatica bestiale. Ho 21 anni e tra un anno, se tutto va bene, dovrei laurearmi”. Poi una pausa. “Mi sento completamente…”. Pausa più lunga “Trasandato. Mi sento trasandato...Io non so più chi sono e forse non l’ho mai saputo”.

Ci sono notizie difficili da scrivere, da commentare e questa è sicuramente una di quelle. Di riflessioni da fare ce ne sarebbero tante: sulla salute mentale, sul disagio giovanile, sul senso di inadeguatezza che la società in cui viviamo stimola, sulla inconsistenza delle dinamiche social e sociali (follower, numeri, visibilità, amicizie) e su quella solitudine che spesso alimentano; sull’apparenza che domina in ogni contesto.

L’unica cosa che si potrebbe affermare è che morire a 21 anni con quella solitudine, con quella tristezza di cui il ragazzo parlava, è ingiusto. E’ ingiusto che di salute mentale si parli poco e male; che il disagio giovanile venga congedato come pigrizia e superficialità; è ingiusto che nella ricerca forsennata di prendere la parola, si sia perso il valore dell’ascolto.

“Grazie per tutti gli anni passati insieme” ha scritto il padre su Facebook.