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Esiste un’opinione universalmente condivisa che nessuno ha mai provato a mettere in discussione: la morte di un figlio è il lutto più grande che qualcuno possa affrontare.
Muovendosi sul sito dell’associazione, una frase riempie lo schermo e attira subito l’attenzione: “Non è possibile curare la morte, ma è possibile prendersi cura del dolore che resta”.
I dati
Secondo i dati raccolti dal 2017 al 2019 grazie all’ultimo Progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale coordinato dall’Istituto superiore di sanità e finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della salute, il tasso di mortalità perinatale è pari a circa 4 decessi ogni 100 nati. Un risultato che colloca l’Italia in linea con paesi come la Francia, e il Regno Unito, con una variabilità che penalizza il Sud del nostro Paese; qui, soltanto il 20% di chi subisce una perdita perinatale o infantile riceve un’assistenza rispettosa e un sostegno adeguato per il lutto, le altre no.1 donna su 4 perde il figlio durante la gravidanza o nel primo anno di nascita
In tutto il mondo, 1 donna su 4 perde un bambino durante la gravidanza o nel primo anno di nascita. Nei paesi a basso sviluppo, oltre il 50% di questi decessi sarebbe evitabile con appropriate cure e un’assistenza idonea durante il travaglio e il parto ma, anche in Italia, il 20% delle morti perinatali sarebbero evitabili, o almeno ridotte, semplicemente con l’attuazione di strategie di assistenza e diagnosi uniformi in tutte le regioni della penisola. L’Italia, come anche la Spagna, l’Argentina e il Cile, per quanto riguarda il sostegno psicologico e gli approfondimenti diagnostici post mortem, risulta essere ancora molto arretrata rispetto ad esempio ai paesi del Nord Europa, dove invece la pianificazione e l’organizzazione di un sostegno adeguato nei confronti della donna e della coppia sembrano essere due attività necessarie per il buon funzionamento dei reparti ospedalieri. Il 15 ottobre, in occasione della giornata centrale del mese dedicato alla consapevolezza sulla perdita durante la gravidanza e dopo la nascita, sono migliaia le iniziative in tutto il mondo che puntano la luce importanti temi quali l’aborto, la morte perinatale e infantile, mettendo le famiglie al centro di un vero e proprio abbraccio globale.Nel 2006 nasce l'associazione "CiaoLapo"
Per tale occasione, la psichiatra e psicoterapeuta Claudia Ravaldi, ci ha raccontato come, lei e il marito Alfredo Vannacci, medico farmacologico, abbiano trasformato il loro dolore dovuto alla perdita del figlio a fine gravidanza, in un’associazione che dal 2006 promuove il sostegno psicologico e psicosociale delle donne, coppie e famiglie con esperienza di lutto perinatale.
La psichiatra e psicoterapeuta Claudia Ravaldi, presidente dell'associazione CiaoLapo
Occuparsi del dolore di qualcuno, spaventa
La dott.ssa Ravaldi spiega come queste parole rappresentino a pieno il lavoro che lei e tutti gli operatori di CiaoLapo svolgono da oramai 17 anni: “La nostra società non è ancora abituata a lavorare e riflettere sul tema del dolore perciò, quando capita di doversi occupare del dolore di qualcuno dopo una perdita, questo provoca paura nell’avvicinarsi a chi soffre. E’ come se ci sentissimo quasi dannosi, sempre incapaci ad utilizzare le parole giuste e per questo, si pensa che chi deve affrontare un lutto, lo possa ad affrontare meglio da solo. In realtà, non è così: certo, non possiamo porre rimedio ad una perdita, ma abbiamo molte potenzialità per offrire un sostegno gentile e sufficiente a chi sta provando ad elaborare e gestire il lutto”, spiega la dott. Ravaldi. L’Associazione CiaoLapo organizza attività volte a fornire un aiuto integrato (medico, psicologico e pratico) e un supporto psicologico qualificato dopo la perdita, oltre a promuovere fin dalle sue origini due progetti molto importanti, come la formazione gratuita degli operatori sanitari di area materno-infantile attraverso il corso “Memory Box”, attivo da quasi dieci anni, e la ricerca scientifica in area perinatale, attraverso la realizzazione di progetti per tesi di laurea e di specializzazione.Visualizza questo post su Instagram
Le linee guida per l'assistenza
In Italia, solo lo scorso febbraio, sono uscite le Raccomandazioni italiane per l’assistenza alla morte in utero: un prezioso documento che mira ad abbattere le diseguaglianze nella gestione clinica e psicologica della morte in utero, garantendo a tutte le donne e coppie lo stesso standard di assistenza in tutti gli ospedali italiani, e a cui CiaoLapo ha preso parte, attraverso l’aiuto nella stesura del Prof Alfredo Vannacci. “Durante la pandemia, quando il sistema sanitario è andato in difficoltà,- spiega la dott.ssa Ravaldi- abbiamo notato un forte bisogno di approfondimento rispetto a questi temi da parte degli operatori, e perciò abbiamo lavorato al progetto di formazione gratuita ma obbligatoria di 8 ore”. Sono molti i reparti che ancora non si tirano indietro per diversi motivi, alcuni perché sostengono di non avere tempo, altri perché invece ritengono di avere già tutte le competenze necessarie. “Per cambiare le cose c’è bisogno di tempo e pazienza, ma il lavoro è in corso. Già quest’anno abbiamo fatto un bel passo avanti, perciò ci aspettiamo che entro un paio di anni moti ospedali inizino e fare formazione. Tra qualche anno vedremo se, chi non si è formato con noi, è comunque riuscito ad essere in grado di soddisfare le donne e le coppie che necessitano di un supporto globale dopo la perdita. L’impegno di CiaoLapo e dei suoi operatori è un impegno completo che coinvolge molte forze e si concentra su tutti quei dettagli che caratterizzano il complesso momento post-mortem; “Se è vero che è difficile portare avanti una nuova gravidanza tenendo a bada l’ansia e la paura che spesso divengono invalidanti, tuttavia molte coppie cercano immediatamente un’altra gravidanza, come se questa facesse da contenitore per paure e dolore, con l’idea che un bambino possa accelerare l’elaborazione del lutto. In realtà, così facendo e in assenza di un’assistenza adeguata, il rischio è quello di trovarsi a dover gestire sia la nuova gravidanza, sia il lutto, divenendo tutto ancora più pesante e complesso.”