Vittime delle suore cattoliche escluse dall’inchiesta sugli abusi del clero

Negli Stati Uniti, grazie a Mary Dispenza, anche lei in passato membro di un ordine religioso, è nato il gruppo di sostegno per le persone sopravvissute a reati di natura sessuale portati avanti dalle suore

di MARIANNA GRAZI
27 marzo 2024

L'ex suora e attivista per le vittime Mary Dispenza

“Abbiamo sentito parlare così tanto di preti che abusano e così poco di suore che abusano che è ora di ristabilire l'equilibrio”. A dirlo, all’Associated Press, è un’ex suora di Seattle, Mary Dispenza, davanti allo schermo del computer in cui sta tenendo il consueto appuntamento settimanale con il gruppo di sostegno alle vittime, ogni mercoledì su Zoom. 

Abusi sessuali da parte delle suore

Queste parole, in realtà, risalgono allo scorso anno ma il tema è sempre attuale: chi partecipa parla della propria vite, delle loro famiglie religiose e delle loro vecchie scuole parrocchiali. Ma soprattutto, sono lì per parlare delle violenze sessuali che hanno subito per mano di suore cattoliche. Donne di chiesa che hanno approfittato del loro ruolo per compiere azioni indicibili su bambini e bambine, orrori portati avanti per anni e rimasti nell’ombra, nascosti da notizie molto più comuni di abusi da parte del clero maschile.

L'argomento merita maggiore attenzione, dicono unanimemente i sopravvissuti che partecipano agli incontri settimanali. È vero, le donne degli ordini religiosi sono state vittime di abusi, ma anche carnefici. Dispenza, che in passato ha portato a lungo il velo e oggi è un’attivista per i diritti delle vittime, ha subito violenze sessuali sia da parte di un sacerdote da bambina sia da parte di una suora del suo ex ordine. Per questo, spiega all’AP, ha avviato il gruppo di sostegno online cinque anni fa, all’interno della Rete dei sopravvissuti agli abusi dei sacerdoti, o SNAP.

Da allora un numero crescente di vittime l'ha contattata sulla scia del MeToo sul clero: da allora, infatti, è cresciuta la consapevolezza delle molestie subite dalle suore negli ex orfanotrofi cattolici e nei collegi dei nativi americani. “L'opinione pubblica preferisce credere che le religiose non stuprano, non molestano e non torturano i bambini”, ha dichiarato con durezza all'Associated Press. “Le donne sono viste come nutrici e assistenti, una credenza che può solo rafforzarsi con l'aureola spirituale delle religiose. È qualcosa che la maggior parte di noi non vuole prendere in considerazione o credere veramente”, ha aggiunto l’ex suor Mary.

Pensavo fosse amore. In realtà era un abuso

Anne Gleeson aveva quasi 40 anni ed era già in terapia quando ha capito che era stata abusata sessualmente per anni, a partire dall'età di 13 anni, da una suora di 24 anni più grande di lei. Nel 2004 ha ricevuto un risarcimento dalle Suore di San Giuseppe di Carondelet. “La suora mi ha fatto il lavaggio del cervello facendomi credere che fossimo innamorate perdutamente” ha spiegato. Una volta uscita, almeno formalmente, da quell’incubo, si è quindi battuta perché riteneva che il nome del gruppo di difesa - che menzionava solo le vittime di abusi da parte di sacerdoti - trascurasse le vittime come lei.  Per questo quando è nata, cinque anni fa, la Rete di supporto sugli abusi delle suore, ha vissuto la novità con  “un grande senso di sollievo”.

Paige Eppenstein Anderson, invece, spera ancora che la giustizia, prima o poi, faccia il suo corso. Come molti membri del gruppo, le ci sono voluti decenni per capire che quello che le avevano fatto era un reato; una volta realizzato, con tutto il carico psicologico che quella consapevolezza comportava, era ormai il 2020, lei aveva 40 anni e la sua richiesta di risarcimento avanzata nel suo Stato natale, la Pennsylvania, era caduta in prescrizione.

Era un abuso. Io l'ho interpretato come amore”: racconta così, con l’amara consapevolezza, di chi sa oggi di essere stata vittima di una violenza, la relazione sessuale che ha avuto quando era ancora una studentessa con un’insegnante di scuola cattolica, che in seguito si è unita a un ordine religioso. Da adolescente Eppenstein Anderson, trascorreva molto del suo tempo libero con l'insegnante: il loro legame era così evidente e ossessivo che un suo amico, sull'annuario, la definiva “compagna” della professoressa. “Mi ha confuso molto”, ha concluso commossa, che non perde le speranze di poter finalmente avere un risarcimento.