
Alcuni professionisti volontari che aderiscono a ManagerNoProfit
Più di cento manager volontari per oltre cento progetti sociali sono al centro di “Volontariato 3.0: come cambia la solidarietà”, l’evento dell’associazione ManagerNoProfit in programma venerdì 7 e sabato 8 giugno nel corso delle manifestazioni di Trento Capitale Europea del Volontariato 2024.
Sul palco della Fondazione Caritro si alterneranno i volti e le voci delle volontarie e dei volontari di ManagerNoProfit, che si sono messi a disposizione delle associazioni del non profit. Con loro ci saranno anche gli amici delle associazioni con cui hanno lavorato in un dialogo fatto di umanità e professionalità insieme a esperti e studiosi del Terzo Settore. Nell’occasione saranno presentati i risultati di una ricerca sul volontariato di impresa realizzata da Queris fra 80 responsabili di aziende del Nord Est.
Cos’è ManagerNoProfit
L’associazione è stata fondata nel 2016 a Milano, in modo indipendente e autofinanziato, da 13 manager decisi a offrire al Terzo Settore le loro competenze professionali e le loro qualità umane. In pochi anni si è diffusa in tutto il Nord Italia, in particolare a Bergamo, Bologna, Padova, Torino, Trento e Treviso: oggi è formata da circa 120 professionisti volontari che sono stati coinvolti in progetti con oltre 100 enti del Terzo Settore. Tra i fondatori c’è Sergio Vitelli, segretario generale fin dal primo anno.

Segretario come nasce l’evento e perché Trento? “Il 7 e 8 giugno l’evento è stato da noi pianificato e preparato in funzione del fatto che Trento è stata nominata capitale del volontariato europeo per il 2024. Siccome tra le nostre sezioni di lavoro c’è anche quella città, ed è molo attiva, abbiamo pensato bene di approfittare dell’occasione per realizzare proprio qui questo appuntamento, con il patrocinio del Comune, del Centro Servizi Volontariato, e di tutti gli enti di Trento. Ne approfittiamo per mostrare a tutti coloro che parteciperanno, alle autorità, agli enti istituzionali, con un occhio verso l’Europa, qual è il nostro metodo di affrontare il volontariato, da manager”.
È il primo evento di questo tipo? Ne seguiranno altri magari a cadenza annuale?
“Anche se si svolge fisicamente a Trento, questo è il primo evento pubblico a livello nazionale, nel senso che abbiamo già organizzato altri eventi a livello locale. E prevediamo di farne altri in futuro. Prima di fare questo tipo di evento, abbiamo aspettato di esserci completamente rinforzati. Noi siamo partiti nel 2016 in 13 a Milano, oggi siamo 125 su tutto il nord Italia. Ora dunque abbiamo una dimensione tale per cui possiamo puntare a fare un’operazione di comunicazione a livello nazionale”.
Qual è la mission che vi siete dati nel 2016?
“L’obiettivo è quello di fornire consulenza, o meglio un aiuto gratuito alle organizzazioni del terzo settore in un momento storico in cui hanno un grande bisogno di aumentare la loro managerialità interna, gestire la loro organizzazione, modificare i loro modi di agire per poter sopravvivere dopo i problemi dovuti alla pandemia. Ostacoli soprattutto dovuti all’esaurirsi graduale di grandi donazioni a pioggia sia dal settore privato che da quello pubblico. Le organizzazioni devono fare i conti con la riforma del terzo settore, che è partita nel 2016 col governo Renzi e, se tutto va bene, l’anno prossimo sarà pienamente operativa, con tanto di autorizzazione della Commissione Europea sui temi fiscali (perché sono previste delle detrazioni fiscali per il terzo settore).
Con questa riforma il modo di vivere delle associazioni è diventato purtroppo più complesso rispetto al passato. È stato istituito un registro nazionale delle organizzazioni di volontariato, il cosiddetto RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) a cui tutte le associazioni che vogliono vivere, sopravvivere, partecipare a bandi e percepire il 5 per mille previsto dalle attuali normative fiscali, devono iscriversi. Per iscriversi occorre seguire un iter burocratico, che molte non sono in grado di svolgere da sole. Su questo aspetto, e su molti altri, noi porgiamo loro un aiuto. Le aiutiamo a iscriversi al registro, a rivedere le loro modalità di lavoro al loro interno, a organizzare in maniera sistematica, razionale e scientifica la raccolta fondi, che è diventata più complessa proprio per la diminuzione graduale delle donazioni di privati e degli enti istituzionali”.

Quanti manager operano nella vostra associazione? E quali settori coprite? “Per ora contiamo 125 manager, che provengono da tutti i settori dell’industria: gestione del personale, amministrazione, commerciale, vendita, informatica e tanto altro. Siamo dunque in grado di venire in aiuto di tutte le organizzazioni del terzo settore che hanno esigenze ovviamente inferiori a quelle che siamo abituati a gestire nel privato. Le affianchiamo, facendole crescere fino a farle diventare indipendenti. Il nostro modo di lavoro prevede un temporary management, cioè un periodo necessario a farle crescere, mettendole in condizioni poi di progredire da sole”.
Un’associazione che vuole usufruire del vostro servizio, come può fare? “È semplicissimo. Intanto può andare sul nostro sito che racconta cosa facciamo, come lo facciamo e dove siamo dislocati geograficamente. Possiamo aiutare un’associazione sia andandola a trovare, lavorando cioè fisicamente con loro, ma anche online con lo smartworking. Dal sito si può mandare una richiesta di ‘aiuto’, inviando una mail a [email protected]”.
Quali sono le difficoltà maggiori che il terzo settore sta incontrando dopo la pandemia?
“Tra gli ostacoli maggiori che abbiamo riscontrato c’è la riorganizzazione per tutte le associazioni di tipo socio sanitario. Erano basate su attività di contatto con malati, anziani soli, persone disabili, ma la pandemia ha bloccato tutto questo. Oggi per ripartire devono riprendere questi fili che si sono interrotti e quelle strade che non sono più percorribili. Non è semplice. Ma noi li aiutiamo appunto nella ristrutturazione del loro lavoro.
Seconda necessità: riorganizzare la raccolta fondi. Come dicevo, prima della pandemia i fondi arrivavano abbastanza largamente da privati o fondazioni bancarie che esercitano questa funzione, o dagli enti istituzionali tramite donazioni di fatto liberali, senza un controllo di avanzamento, talora senza bandi. Dopo la pandemia, con la diminuzione delle risorse disponibili sia delle fondazioni bancarie, che dagli enti istituzionali (Regioni, Comuni o municipi di grandi città) l’operazione è diventata molto più complessa. C’è bisogno di un’organizzazione, della predisposizione di una rete per la donazione, di procedure informatiche come il crowdfunding, per le quali molte associazioni sono impreparate.
Interveniamo poi nel campo dell’amministrazione: c’è bisogno di un corretto e puntuale controllo dei costi oltre che dei ricavi (leggasi donazioni). Mentre prima veniva fatto tutto in modo dilettantistico, ora invece questo non è più possibile. Bisogna tenere aggiornate certe modalità di bilancio, anche se sono di cassa, e quando si effettua un bando, o si ha la fortuna di vincerlo, c’è tutta una procedura di controllo avanzamento, che un po' ricalca quello che sta succedendo a livello nazionale col Pnrr della comunità europea”.

Molte associazioni hanno bisogno anche di un sito internet, le aiutate anche in questo? “Certamente. La digitalizzazione è un aspetto fondamentale sul quale interveniamo. Le organizzazioni del terzo settore oramai sono coscienti che senza un sito non esistono, e senza social network non raggiungono gli utenti, sono oramai indispensabili per farsi conoscere. E poi c’è bisogno della digitalizzazione di contenuti, archivi interni, donazioni, crowdfunding. I dati vanno inquadrati in maniera informatica, e i social vanno gestiti: noi li aiutiamo anche in questo”.
Ci racconta un episodio significativo da quando ha iniziato l’attività in ManagerNoProfit?
“In nove anni di lavoro abbiamo finora gestito 150 casi. Da segretario dell’associazione li ho conosciuti tutti, fin dall’inizio, essendo uno dei fondatori di questa realtà. Le racconto un caso particolarmente fortunato e indicativo, quello dell’Opera Cardinal Ferrari di Milano. Per la quale siamo partiti in sordina, cercando di far intendere loro che bisognava motivare i volontari. Le associazioni pensano, erroneamente, che i volontari siano motivati a vita per loro definizione, ma non è così. Siamo poi passati al magazzino, che era in condizioni non gestibili. Hanno una mensa che predispone i pasti per i poveri. Dopo aver messo a posto il magazzino, siamo passati a indicare tutte le normative sugli alimenti. Man mano che l’organizzazione ci conosce, ci apprezza e ci chiede sempre più cose. Infine li abbiamo affiancati e sono riusciti a vincere un bando col quale sono riusciti a comprarsi delle celle frigorifere per il mantenimento dei beni alimentari”.
Com’è cambiato il contesto e la situazione generale dopo la pandemia? Come si rapporta la cittadinanza al volontariato?
“La situazione è cambiata leggermente in peggio. Il volontariato – inteso come fenomeno di persone che decidono di dedicare le loro ore o giornate al terzo settore – sta numericamente diminuendo. Gli anziani per ovvi motivi, perché perdono gradualmente le energie e sono costretti a dedicare meno tempo al volontariato. Quanto ai giovani, essendo presi dal non facile ingresso nel mondo del lavoro, hanno cambiato le abitudini: sono passati da un volontariato ‘fisso’, cioè per una o più associazioni per un lungo periodo, a uno ‘occasionale’, si limitano cioè a prestare il proprio servizio in casi specifici e solo per brevi periodi di tempo, anche qualche giorno”.

Quali zone d’Italia coprite con ManagerNoProfit?
“Abbiamo sezioni forti, naturalmente Milano dove siamo partiti, ma anche Torino, Bergamo, Trento, Padova, e poi Treviso e Bologna. Stiamo iniziando a lavorare nelle Marche, mentre dalle Marche in giù abbiamo difficoltà. Per ora il centro sud non reagisce, forse anche perché i manager sono spesso concentrati nell’area nord nel Paese, e chi è in età da lavoro non sempre desidera occupare anche il proprio tempo libero, spesso poco. Per questo noi abbiamo una forte presenza di neo pensionati”.
I manager che vogliono aderire alla vostra realtà come possono fare?
“Con le stesse modalità, attraverso il sito o la mail possono inviarci richiesta di adesione. Ci sono due aspetti che voglio sottolineare. Per le associazioni tengo a puntualizzare che noi non chiediamo soldi. Ai manager dico di considerare bene questa opportunità, parlo soprattutto ai neo pensionati. Il passaggio dal lavoro alla pensione, dopo l’euforia iniziale, può diventare un momento di smarrimento. Chi ha lavorato tutta una vita non riesce stare fermo, a non fare nulla di punto in bianco, a buttare nel cestino anni e anni di esperienza ed impegno. Da questo punto di vista la possibilità di lavorare nel sociale per un neo pensionato è molto motivante, oltre che riprogettante per la sua vita. ManagerNoProfit offre ai meno giovani la possibilità di rimettersi in gioco. E ai manager più giovani di mettere a servizio tutto il proprio know-how per fare del bene”.
L’evento “Volontariato 3.0: come cambia la solidarietà”
Barbara Wouters, presidente di ManagerNoProfit, riassume così lo scopo della manifestazione: “Viviamo tempi molto complicati, di divisioni, e il nostro evento a Trento ha l’obiettivo di raccontare le storie di chi, come i nostri soci, prova a mettersi in mezzo alle disuguaglianze della nostra società per creare ponti, donando esperienze e competenze a chi ne ha bisogno”.
È nato in questo modo, nell’incontro tra diverse visioni del mondo e differenti situazioni sociali, il “Modello ManagerNoProfit” con i suoi strumenti di lavoro elaborati per aiutare le organizzazioni sociali a riconnettersi con le aspirazioni e i bisogni delle persone più vulnerabili: dall’amministrazione alla raccolta fondi e sostenibilità finanziaria, dall’aggiornamento tecnologico alla pianificazione strategica, fino all’assistenza legale e alla formazione dei giovani.

I manager, che si sono uniti a ManagerNoProfit, hanno lasciato alle spalle i ruoli di comando e, negli anni, mettendosi in ascolto e relazione con il sociale, si sono arricchiti a livello emotivo e professionale grazie all’incontro e al confronto con chi è in prima linea per assistere i malati, gli esclusi, gli indigenti e i più fragili. “Partendo dai nostri comportamenti e sentimenti – conclude Barbara Wouters – vorremmo lasciare a disposizione di tutti alcune testimonianze e strumenti concreti di lavoro solidale. Siamo convinti che il volontariato professionale di ManagerNoProfit, di fronte alle difficoltà del momento, può dare un contributo a ricostruire quel tessuto di umanità necessario a individuare un orizzonte più sereno”. Sul sito è disponibile anche il programma completo dell’evento di ManagerNoProfit a Trento.