Niente è come sembra. O forse, in questo
caso, sì. Mettiamola così: le tempistiche sono quantomeno dubbie. Stiamo parlando dell’ affaire Zuckerberg, che ha tutta l’aria di essere una resa incondizionata a Donald Trump. Per chi non avesse seguito la vicenda, ecco un breve compendio: con un video, il Mark di Facebook, Meta e altre diavolerie che da più di un decennio influenzano comportamenti, scelte di acquisto e molto altro, ha deciso di fare marcia indietro a velocità supersonica sul fronte del fact-checking.Niente più controllo delle fake news, niente più filtri, nulla di nulla. Meta torna alle origini e lo fa a pochi giorni dall’insediamento alla Casa Bianca del tycoon. Come se non bastasse, Zuckerberg ha anche strizzato l’occhio a Elon Musk, quello di X, prendendolo come modello da seguire. Non fosse stato per la mancata smentita, sarebbe stato lecito pensare a un video creato ad arte con l’intelligenza artificiale. E invece no: era proprio lui, il creatore del social network per eccellenza, quello che, come prima notizia etichettata come potenzialmente falsa, aveva individuato proprio un post di Donald Trump.
Ma cosa comporta questo cambio di rotta in pratica? In sostanza, verrà pensionato il programma introdotto per arginare le notizie false, affidato a siti di informazione e fact-checker terzi. Gli Stati Uniti saranno i primi a sperimentare l'innovazione. L’obiettivo dichiarato da Zuckerberg è quello di “ripristinare la democrazia”, sostenendo che chi si occupa del controllo sarebbe troppo schierato politicamente. Tutto, come accade su X, sarà appaltato agli utenti, che potranno correggere o modificare i contenuti.
La decisione ha lasciato perplessa l’Europa, che Zuckerberg non ha risparmiato dalle sue critiche. Secondo lui, infatti, l'UE promuove troppe leggi che istituzionalizzano la censura e impediscono ogni forma di innovazione, nel tentativo di limitare il potere di alcuni governi. Parole pesanti, che però non hanno ancora avuto conseguenze pratiche. In Europa, per ora, i fact-checker resteranno attivi almeno fino al 2025, anche grazie al regolamento sui servizi digitali, che obbliga le piattaforme a dimostrare l’efficacia di metodi alternativi, qualora dovessero decidere di eliminare il controllo delle fake news.
C’è però chi teme che Zuckerberg possa decidere di chiudere il programma anche in Europa, assumendosi la responsabilità delle conseguenze. Se così fosse, distinguere il vero dal falso diventerebbe ancora più complesso, soprattutto in una società dove l’analfabetismo funzionale è sempre più diffuso. Manipolare le persone, di conseguenza, sarebbe estremamente più facile. E se questa fosse solo l’ammissione dell’inutilità dei fact-checker? Alcuni sostengono questa tesi. Il vero punto, però, è un altro: perché le parole di Zuckerberg ci preoccupano così tanto? Probabilmente perché non riusciamo più a immaginare una società in grado di pensare a prescindere dai social. Che ci piaccia o meno, dai social nasce un vortice che genera idee, opinioni, polarizzazioni e strumentalizzazioni, travolgendo politica, economia, finanza e la vita quotidiana di ciascuna e ciascuno di noi.
Se state pensando che un uso più consapevole di questi strumenti potrebbe essere la soluzione a tutti i mali, avete ragione. Peccato, però, che la situazione sembri ormai fuori controllo e riprenderne le redini appare sempre più difficile. Soprattutto in un’epoca in cui, per dirla con le parole dei Baustelle nel loro ultimo pezzo Spogliami, “lieto saluta Trump”. La speranza è che le nuove generazioni sappiano comprendere il disastro e riescano a prenderne le distanze, stando alla larga dagli ingranaggi delle piattaforme, della comunicazione e della propaganda politica. Il quadro, purtroppo, non è rassicurante.