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Home » HP Blocco Testo Destra » Disparità salariale in Europa, ecco quanto guadagnano le donne rispetto agli uomini: i dati

Disparità salariale in Europa, ecco quanto guadagnano le donne rispetto agli uomini: i dati

In 10 anni il divario retributivo di genere si è ridotto di appena 0,3 punti percentuali. In Italia solo il 19,1% dei ruoli apicali in organi pubblici è rappresentato da donne. Sono meno del 35% le senatrici e il 36% le deputate

Domenico Guarino
26 Febbraio 2022
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“Ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore” (art.157 TFUE).

Nel 1957, con il trattato di Roma, l’Unione europea ha adottato il principio di pari retribuzione per pari lavoro. Eppure, nonostante i proclami, l’Europa è ancora lontana da un’effettiva parità tra i sessi. Stando infatti all’ultimo aggiornamento dei dati Eurostat, relativo al 2019, il divario retributivo di genere (come salario lordo orario) nei paesi UE27 risulta pari al 14,1%. Un dato fortemente variabile all’interno dell’Unione, con alcuni paesi in cui supera il 20% e altri in cui invece si attesta su cifre inferiori al 5%.

In Europa

Estonia e Lettonia, in particolare, sono i primi paesi Ue per disparità salariale oraria tra uomini e donne, pari rispettivamente al 21,7% e al 21,2%. Seguono i paesi dell’Europa centrale, Austria (19,9%), Repubblica Ceca e Germania (entrambe a quota 19,2%), Slovacchia (18,4%) e Ungheria (18,2%)
Estonia e Lettonia sono i primi paesi Ue per disparità salariale oraria tra uomini e donne, pari rispettivamente al 21,7% e al 21,2%. Seguono i paesi dell’Europa centrale, Austria (19,9%), Repubblica Ceca e Germania (entrambe a quota 19,2%), Slovacchia (18,4%) e Ungheria (18,2%)

Estonia e Lettonia, in particolare, sono i primi paesi Ue per disparità salariale oraria tra uomini e donne, pari rispettivamente al 21,7% e al 21,2%. A seguire ci sono i paesi dell’Europa centrale, Austria (19,9%), Repubblica Ceca e Germania (entrambe a quota 19,2%), Slovacchia (18,4%) e Ungheria (18,2%). Il Lussemburgo è invece il Paese europeo con il divario più contenuto (1,3%). Secondo posto per la Romania, con una disparità salariale pari appena al 3,3%. In Italia il divario si attesta mediamente al 4,7%.

I dati

I dati vanno interpretati perché oltre al salario ci sono altri fattori da considerare. Ad esempio il tasso di occupazione, che è mediamente più alto per gli uomini e la tendenza tra le donne a un maggiore ricorso al lavoro part-time. Quindi il divario più ridotto in alcuni Paesi, tra cui il nostro, potrebbe essere spiegato almeno in parte dalla minoranza di donne che lavorano rispetto agli uomini.Guadagnando di meno le donne sono più esposte a povertà ed esclusione sociale.

A partire dal 2010, il divario tra uomini e donne rispetto all’esposizione a povertà e esclusione sociale aveva iniziato, sia pur molto lentamente a rimarginarsi: in 10 anni la disparità si è infatti ridotta di appena 0,3 punti percentuali, passando da un divario di 2,7 punti nel 2010 a uno di 2,4 nel 2019. Dal 2015 inoltre la differenza ha ripreso a salire, ritornando, nel 2019, ai livelli del 2012.

 Il Lussemburgo è invece il paese europeo con il divario più contenuto (1,3%)
Il Lussemburgo è il Paese europeo con il divario di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile più contenuto (1,3%)

Ne deriva che se, in generale, il tasso di esposizione a povertà e esclusione sociale ha registrato un calo negli ultimi anni, il miglioramento ha riguardato soprattutto gli uomini (-2,1 punti percentuali, passando dal 21,7% nel 2010 al 19,6% nel 2019).
Ed infatti nel 2019, il 22% delle donne è esposto a povertà e esclusione sociale, mentre tra gli uomini lo è il 19,6%. Uno scarto che sale poi ulteriormente se consideriamo solo le persone di età superiore ai 65 anni.

Anche in questo caso si è registrata una graduale riduzione negli anni, ma ancora una volta si è trattato di un miglioramento di entità piuttosto contenuta – si è infatti passati da 6,4 punti percentuali di differenza nel 2010 a 5,3 nel 2019. Una contrazione pari ad appena 1,1 punti percentuali.

Ruoli apicali

In Italia solo il 19,1% dei ruoli apicali in organi pubblici è rappresentato da donne

In Italia solo il 19,1% dei ruoli apicali in organi pubblici – come Corte Costituzionale, Consiglio superiore della magistratura, ambasciate, e autorità amministrative indipendenti come Consob – è rappresentato da donne.

Nelle società quotate solo il 2% delle donne ricopre il ruolo di amministratore delegato, nelle banche solo l`1%.

Nel nostro Paese, inoltre, sono donne meno del 35% dei senatori e il 36% dei deputati. In alcune delle più importanti facoltà Stem che sta per science, technology, engeneering e mathematics, c’è ancora una grande disparità di genere tra gli iscritti (solo il 17% sono donne), per non parlare del gender pay-gap, la differenza di trattamento salariale tra generi, che attende le donne una volta entrate nel mondo del lavoro.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
“Ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore” (art.157 TFUE). Nel 1957, con il trattato di Roma, l’Unione europea ha adottato il principio di pari retribuzione per pari lavoro. Eppure, nonostante i proclami, l’Europa è ancora lontana da un’effettiva parità tra i sessi. Stando infatti all’ultimo aggiornamento dei dati Eurostat, relativo al 2019, il divario retributivo di genere (come salario lordo orario) nei paesi UE27 risulta pari al 14,1%. Un dato fortemente variabile all’interno dell’Unione, con alcuni paesi in cui supera il 20% e altri in cui invece si attesta su cifre inferiori al 5%.

In Europa

Estonia e Lettonia, in particolare, sono i primi paesi Ue per disparità salariale oraria tra uomini e donne, pari rispettivamente al 21,7% e al 21,2%. Seguono i paesi dell’Europa centrale, Austria (19,9%), Repubblica Ceca e Germania (entrambe a quota 19,2%), Slovacchia (18,4%) e Ungheria (18,2%)
Estonia e Lettonia sono i primi paesi Ue per disparità salariale oraria tra uomini e donne, pari rispettivamente al 21,7% e al 21,2%. Seguono i paesi dell’Europa centrale, Austria (19,9%), Repubblica Ceca e Germania (entrambe a quota 19,2%), Slovacchia (18,4%) e Ungheria (18,2%)
Estonia e Lettonia, in particolare, sono i primi paesi Ue per disparità salariale oraria tra uomini e donne, pari rispettivamente al 21,7% e al 21,2%. A seguire ci sono i paesi dell’Europa centrale, Austria (19,9%), Repubblica Ceca e Germania (entrambe a quota 19,2%), Slovacchia (18,4%) e Ungheria (18,2%). Il Lussemburgo è invece il Paese europeo con il divario più contenuto (1,3%). Secondo posto per la Romania, con una disparità salariale pari appena al 3,3%. In Italia il divario si attesta mediamente al 4,7%.

I dati

I dati vanno interpretati perché oltre al salario ci sono altri fattori da considerare. Ad esempio il tasso di occupazione, che è mediamente più alto per gli uomini e la tendenza tra le donne a un maggiore ricorso al lavoro part-time. Quindi il divario più ridotto in alcuni Paesi, tra cui il nostro, potrebbe essere spiegato almeno in parte dalla minoranza di donne che lavorano rispetto agli uomini.Guadagnando di meno le donne sono più esposte a povertà ed esclusione sociale. A partire dal 2010, il divario tra uomini e donne rispetto all’esposizione a povertà e esclusione sociale aveva iniziato, sia pur molto lentamente a rimarginarsi: in 10 anni la disparità si è infatti ridotta di appena 0,3 punti percentuali, passando da un divario di 2,7 punti nel 2010 a uno di 2,4 nel 2019. Dal 2015 inoltre la differenza ha ripreso a salire, ritornando, nel 2019, ai livelli del 2012.
 Il Lussemburgo è invece il paese europeo con il divario più contenuto (1,3%)
Il Lussemburgo è il Paese europeo con il divario di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile più contenuto (1,3%)
Ne deriva che se, in generale, il tasso di esposizione a povertà e esclusione sociale ha registrato un calo negli ultimi anni, il miglioramento ha riguardato soprattutto gli uomini (-2,1 punti percentuali, passando dal 21,7% nel 2010 al 19,6% nel 2019). Ed infatti nel 2019, il 22% delle donne è esposto a povertà e esclusione sociale, mentre tra gli uomini lo è il 19,6%. Uno scarto che sale poi ulteriormente se consideriamo solo le persone di età superiore ai 65 anni. Anche in questo caso si è registrata una graduale riduzione negli anni, ma ancora una volta si è trattato di un miglioramento di entità piuttosto contenuta - si è infatti passati da 6,4 punti percentuali di differenza nel 2010 a 5,3 nel 2019. Una contrazione pari ad appena 1,1 punti percentuali.

Ruoli apicali

In Italia solo il 19,1% dei ruoli apicali in organi pubblici è rappresentato da donne
In Italia solo il 19,1% dei ruoli apicali in organi pubblici - come Corte Costituzionale, Consiglio superiore della magistratura, ambasciate, e autorità amministrative indipendenti come Consob - è rappresentato da donne. Nelle società quotate solo il 2% delle donne ricopre il ruolo di amministratore delegato, nelle banche solo l`1%. Nel nostro Paese, inoltre, sono donne meno del 35% dei senatori e il 36% dei deputati. In alcune delle più importanti facoltà Stem che sta per science, technology, engeneering e mathematics, c’è ancora una grande disparità di genere tra gli iscritti (solo il 17% sono donne), per non parlare del gender pay-gap, la differenza di trattamento salariale tra generi, che attende le donne una volta entrate nel mondo del lavoro.
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