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Home » Attualità » “Il dolore e il senso di colpa non mi abbandonano. Per non sentire l’angoscia mi sono fatta del male”. La testimonianza de #ilgiornodopo

“Il dolore e il senso di colpa non mi abbandonano. Per non sentire l’angoscia mi sono fatta del male”. La testimonianza de #ilgiornodopo

Una nuova, terribile, testimonianza di una donna che da piccolissima ha subito uno stupro. Un'esperienza terribile che ha segnato il suo corpo e soprattutto la sua mente, una ferita mai richiusa. Ma uscire dal silenzio è possibile e Luce! porta avanti la campagna #ilgiornodopo per dare alle vittime uno spazio di solidarietà e condivisione

Camilla Prato
5 Dicembre 2021
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Aveva raccontato, fra le tante, anche la sua testimonianza nell’ambito della campagna #ilgiornodopo riportata sul canale Luce!. Ora Letizia Cini, ospite del programma di RaiUno “Storie Italiane” condotto da Eleonora Daniele, ha riaperto la ferita che affligge tante donne. Grazie a questi dolorosi racconti condivisi molte di loro trovano la voglia di parlare, di liberarsi da assurdi sensi di colpa. Uno spazio dove non sentirsi sole, dove dar voce a un dramma che portano addosso, dove scoprire che dentro di loro hanno una forza incredibile che può aiutare anche altre donne a portare alla luce le loro esperienze.
È il caso di Francesca, 55 anni. Era una bambina quando un uomo l’ha violentata nell’orto vicino casa. Lei, #ilgiornodopo, non era più la stessa… E non lo è neanche oggi. Riaprire quella ferita, quella pagina terribile del passato è, ogni volta, straziante. “È come un rigurgito” dice, mentre la voce si spezza.

Il racconto di Francesca

“Ero piccola, tra i 7 e i 10 anni, in campagna, in vacanza. Giocavo a nascondino con i figli dei vicini. Mi sono nascosta in un campo di fagioli, vicino a casa. Era estate e avevo dei pantaloni corti. Nel campo ho trovato il nonno dei miei amici che mi aspettava: mi ha trattenuto con le sue mani, schifose e forti.

Si è sganciato i pantaloni, ha preso la mia manina e poi ha fatto quello che doveva. Ho ancora la sensazione, nettissima, della temperatura della sua pelle, come se stesse succedendo tutto ora. Poi ha sganciato il bottone dei miei pantaloni, li ha tirati giù, insieme alle mutandine, mi ha girata, mi ha messo nella posizione che per lui era migliore e ha fatto il resto, facendomi tanto tanto tanto male. Forse il dolore fisico più atroce e inaspettato di tutta la mia vita.
Io impassibile, come per cancellare il dolore e l’umiliazione, gli ho detto che dovevo andare via con i miei genitori e lui mi ha lasciata libera. Dopo in casa ho detto quasi tutto ai miei. Il babbo è andato giù e lo ha trovato ancora a godersi la scena che lui stesso aveva creato. Credo che lo abbia picchiato. La mamma poi mi ha detto che ogni volta che lui fosse passato davanti a me, avrei dovuto guardarlo con sfida negli occhi. Ma io non ce l’ho mai fatta, ho sempre abbassato gli occhi di fronte al suo ghigno infernale… mi era stata chiesta una forza che non potevo e non dovevo trovare in me. E questo ha accresciuto il senso di impotenza e di colpa che non mi abbandona (non ero all’altezza e mai lo sarò, del compito affidatomi dalla mamma: la sensazione che mi porto dietro è di aver deluso le sue aspettative e fondamentalmente, ancora oggi, le aspettative di tutti).
Quel maschio mi ha reso una donna debole, impaurita. Non voglio che gli uomini notino che sono una donna, sarebbe troppo pericoloso. Nei limiti del possibile nascondo i miei lati femminili e, se mi lascio andare nel mostrare questi aspetti, poi soffro grande disagio e purtroppo tanta vergogna, come se essere donna e goderne, sia una colpa. Per non sentire l’angoscia mi sono fatta del male. Ho già 55 anni, ormai non credo che il dolore se ne andrà. E non credo che ci siano uomini (maschi) che potranno mai capirmi. Grazie per questo spazio”

La campagna #ilgiornodopo

Una storia terribile, straziante, ingiusta. Un’esperienza che purtroppo accomuna ancora tante, sempre troppe persone. Donne, soprattutto, ma anche uomini. Persone segnate, persone che spesso, quel senso di colpa assurdo – perché va detto forte e chiaro NON è colpa della vittima che viene molestata, violentata, abusata in qualsiasi modo – non riescono più ad abbandonarlo.Qui sul nostro canale allora vogliamo rilanciare forte il nostro messaggio di vicinanza, di solidarietà e di ascolto verso tutte queste persone, e le invitiamo, se vogliono, a condividere con i nostri lettori le loro storie, per uscire dal silenzio e scoprire che la loro forza può dare speranza e coraggio a tante altre vittime. Come Eva Dal Canto, la prima a lanciare la campagna, come reazione al video di Beppe Grillo  in cui questi cercava di scagionare il figlio Ciro indagato per stupro, come Letizia, come Valentina, Claudia e tante altre. Se volete condividere la vostra testimonianza, e partecipare alla campagna #ilgiornodopo, scriveteci a redazione@luce.news.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Aveva raccontato, fra le tante, anche la sua testimonianza nell'ambito della campagna #ilgiornodopo riportata sul canale Luce!. Ora Letizia Cini, ospite del programma di RaiUno "Storie Italiane" condotto da Eleonora Daniele, ha riaperto la ferita che affligge tante donne. Grazie a questi dolorosi racconti condivisi molte di loro trovano la voglia di parlare, di liberarsi da assurdi sensi di colpa. Uno spazio dove non sentirsi sole, dove dar voce a un dramma che portano addosso, dove scoprire che dentro di loro hanno una forza incredibile che può aiutare anche altre donne a portare alla luce le loro esperienze. È il caso di Francesca, 55 anni. Era una bambina quando un uomo l'ha violentata nell'orto vicino casa. Lei, #ilgiornodopo, non era più la stessa... E non lo è neanche oggi. Riaprire quella ferita, quella pagina terribile del passato è, ogni volta, straziante. "È come un rigurgito" dice, mentre la voce si spezza.

Il racconto di Francesca

"Ero piccola, tra i 7 e i 10 anni, in campagna, in vacanza. Giocavo a nascondino con i figli dei vicini. Mi sono nascosta in un campo di fagioli, vicino a casa. Era estate e avevo dei pantaloni corti. Nel campo ho trovato il nonno dei miei amici che mi aspettava: mi ha trattenuto con le sue mani, schifose e forti. Si è sganciato i pantaloni, ha preso la mia manina e poi ha fatto quello che doveva. Ho ancora la sensazione, nettissima, della temperatura della sua pelle, come se stesse succedendo tutto ora. Poi ha sganciato il bottone dei miei pantaloni, li ha tirati giù, insieme alle mutandine, mi ha girata, mi ha messo nella posizione che per lui era migliore e ha fatto il resto, facendomi tanto tanto tanto male. Forse il dolore fisico più atroce e inaspettato di tutta la mia vita. Io impassibile, come per cancellare il dolore e l'umiliazione, gli ho detto che dovevo andare via con i miei genitori e lui mi ha lasciata libera. Dopo in casa ho detto quasi tutto ai miei. Il babbo è andato giù e lo ha trovato ancora a godersi la scena che lui stesso aveva creato. Credo che lo abbia picchiato. La mamma poi mi ha detto che ogni volta che lui fosse passato davanti a me, avrei dovuto guardarlo con sfida negli occhi. Ma io non ce l'ho mai fatta, ho sempre abbassato gli occhi di fronte al suo ghigno infernale... mi era stata chiesta una forza che non potevo e non dovevo trovare in me. E questo ha accresciuto il senso di impotenza e di colpa che non mi abbandona (non ero all'altezza e mai lo sarò, del compito affidatomi dalla mamma: la sensazione che mi porto dietro è di aver deluso le sue aspettative e fondamentalmente, ancora oggi, le aspettative di tutti). Quel maschio mi ha reso una donna debole, impaurita. Non voglio che gli uomini notino che sono una donna, sarebbe troppo pericoloso. Nei limiti del possibile nascondo i miei lati femminili e, se mi lascio andare nel mostrare questi aspetti, poi soffro grande disagio e purtroppo tanta vergogna, come se essere donna e goderne, sia una colpa. Per non sentire l'angoscia mi sono fatta del male. Ho già 55 anni, ormai non credo che il dolore se ne andrà. E non credo che ci siano uomini (maschi) che potranno mai capirmi. Grazie per questo spazio"

La campagna #ilgiornodopo

Una storia terribile, straziante, ingiusta. Un'esperienza che purtroppo accomuna ancora tante, sempre troppe persone. Donne, soprattutto, ma anche uomini. Persone segnate, persone che spesso, quel senso di colpa assurdo – perché va detto forte e chiaro NON è colpa della vittima che viene molestata, violentata, abusata in qualsiasi modo – non riescono più ad abbandonarlo.Qui sul nostro canale allora vogliamo rilanciare forte il nostro messaggio di vicinanza, di solidarietà e di ascolto verso tutte queste persone, e le invitiamo, se vogliono, a condividere con i nostri lettori le loro storie, per uscire dal silenzio e scoprire che la loro forza può dare speranza e coraggio a tante altre vittime. Come Eva Dal Canto, la prima a lanciare la campagna, come reazione al video di Beppe Grillo  in cui questi cercava di scagionare il figlio Ciro indagato per stupro, come Letizia, come Valentina, Claudia e tante altre. Se volete condividere la vostra testimonianza, e partecipare alla campagna #ilgiornodopo, scriveteci a redazione@luce.news.
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