Firenze, 11 ottobre 2024 – Operatore umanitario, musicista, artista, content creator da oltre 4,6 milioni di follower, che “ambisce a diventare divulgatore”. Parlando di Pietro Morello, torinese classe 1999, su una cosa non si può sbagliare: crede fermamente che la Felicità sia una scelta e ne fa il motore della sua esistenza e delle sue azioni.
Tra gli ospiti del programma pomeridiano del quarto Festival di Luce! il 19 ottobre a Palazzo Vecchio a Firenze (per iscriverti clicca qui), nell’intervista con la vicedirettrice de La Nazione Cristina Privitera presenterà i nuovi appuntamenti del suo tour “Non è un concerto“, lo spettacolo in cui racconta le sue esperienze di vita vissute tra note musicali, missioni umanitarie e attività negli ospedali con i bambini.
Quanto incide nella vita degli altri il “fare musica”?
“Inteso come suonare uno strumento non lo vedo come fondamentale. Invece lo è conoscere la musica ma come potenziale, come costante nella storia, come costante nella cultura che appartiene a tutti. Nel senso che la musica è storia, la musica è geografia, la musica è politica, la musica è ribellione, lotta; quindi conoscere la musica come concetto e conoscere i concetti della musica in quanto strumento culturale, allora sì che veramente può fare la differenza”.
Parlando di strumenti, che rapporto ha con le nuove tecnologie?
“Sono innamorato della potenzialità democratica che ha la tecnologia. Ma sono al contempo impaurito perché la tecnologia e tutte le sue derivazioni, come l’intelligenza artificiale, sono al tempo stesso potenzialmente molto tiranniche. Tutto si esemplifica in un concetto molto semplice: se io garantisco a tutti di poter imparare a utilizzare la tecnologia, quella tecnologia sarà strumento democratico; se io invece do a pochi sia l’accesso che l’insegnamento su come si utilizza, allora sarà uno strumento tirannico. Se l’IA viene realmente insegnata e vengono insegnate tutte le sue potenzialità, allora rivoluzioniamo il mondo”.
Lei è un operatore umanitario che lavora con i bimbi, ma si sente ancora un po’ bambino?
“Sto cercando di risentirmici adesso. Sono cresciuto con l’ambizione di diventare grande in toto e quindi di perdere moltissimi aspetti dell’infanzia, quale la meraviglia, lo stupore, la volontà di mangiare qualunque cosa abbia davanti, di crescere, di imparare. Sto cercando di recuperare quella voglia di essere bambino, tutte quelle potenzialità che un bambino ha in sé, proprio per mantenere quella piccola parte sana di Peter Pan e continuare ad avere fame”.
Quando partirà per la prossima missione?
“A febbraio, andrò in Burkina Faso”.