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Home » Lifestyle » Alice Guy, la prima regista donna del cinema. La storia dimenticata di un grande talento

Alice Guy, la prima regista donna del cinema. La storia dimenticata di un grande talento

Il suo primo film nel 1896: la storia di una fata, da lei interpretata, che tirava fuori bambini da sotto i cavoli. Era solo l'inizio

Giovanni Bogani
2 Agosto 2022
Alice Guy, la prima donna a dirigere un film

Alice Guy, la prima donna a dirigere un film

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Il cinema, parrebbe, è sempre stato una questione di uomini: fin dalle origini, con i fratelli Lumière e con Georges Méliès, i pionieri degli albori. E invece no. Le storie del cinema ancora non le dedicano lo spazio che merita, ma uno dei primissimi grandi talenti della settima arte fu quello di una donna. Si chiamava Alice Guy e in Francia, stanno fiorendo le biografie sulla sua storia, mentre le storie del cinema iniziano a dedicarle lo spazio che merita. Un documentario, presentato un paio di anni fa a Cannes, racconta la sua storia. È la prima regista donna della storia. E quasi tutte le storie del cinema si sono dimenticate il suo nome, o hanno attribuito ad altri i suoi film più importanti.

Alice Guy, la prima regista donna della storia del cinema
Alice Guy, la prima regista donna della storia del cinema

Alice Guy era una ragazza intelligentissima. Nata in Francia il primo luglio 1873, sbolognata dai genitori alla nonna in Svizzera, poi finita in Cile, dove una devastante epidemia di vaiolo costrinse i suoi a tornare precipitosamente in Francia. E lì, a 18 anni, imparò la stenografia, e finì a trovare lavoro da un ‘certo’ Gaumont, un industriale che diventerà importantissimo per il cinema. “Lei è molto giovane, signorina” obiettò lui prima di assumerla. “Prima o poi passerà”, ribatté Alice.

Alice Guy è nata il 1 luglio 1873 a Parigi ed è morta il 24 marzo 1968 all'età di 94 anni
Alice Guy è nata il 1 luglio 1873 a Parigi ed è morta il 24 marzo 1968 all’età di 94 anni

Caratterino. E intraprendenza, quando a 22 anni vide, come altri pochi spettatori, la prima proiezione cinematografica della storia, tre giorni dopo il Natale del 1895. Pochi giorni dopo, all’inizio del 1896, Alice Guy aveva realizzato il suo primo film. La storia di una fata – interpretata da lei stessa – che tirava fuori bambini da sotto i cavoli. Come la leggenda dettava. Il film si chiama “La fée aux choux“. Dura un minuto e mezzo. Non era che una graziosa scenetta, un po’ folle, con bambini veri tirati fuori da sotto le foglie di enormi cavoli. Ma era un inizio, un inizio di narrazione realizzata con il cinema, quando ancora i fratelli Lumière pensavano che il cinema fosse una curiosità scientifica, o come disse il loro padre, “un’invenzione senza futuro”.

Alice Guy, la prima donna dietro la macchina da presa
Alice Guy, la prima donna dietro la macchina da presa

Lei il futuro se lo costruirà. Di film brevissimi ne creerà a centinaia. Sarà la prima vera regista degli studi Gaumont. Sarà lei ad andarsene negli Stati Uniti, a fondare una casa di produzione sua. A creare i primi film sonori. E a creare alcuni dei primi film a colori. Tornata in Francia, scrisse favole e racconti pubblicati in molte riviste: ma le riviste preferivano nomi maschili, e lei si dovette adattare. Firmò con pseudonimi, quasi tutti maschili. Allo stesso modo, gran parte dei suoi film sono introvabili perché non sono firmati a suo nome, ma a nome della compagnia distributrice.

La regista "dimenticata" Alice Guy
La regista “dimenticata” Alice Guy

Dal 1896 fino al 1906 Alice Guy fu probabilmente l’unica regista donna al mondo. Furono seicento in tutto i film Gaumont che videro in quegli anni la sua mano. E, oltre a tutto questo, diresse o produsse più di cento film sonorizzati per il Chronophone Gaumont, un tentativo di cinema sonoro molto precedente alla ‘reale’ nascita del cinema sonoro, nel 1927. Lei era il capo della casa di produzione Gaumont, non la giovane segretaria. Come aveva detto al proprietario, non era più “troppo giovane”. Era passata, quell’età. Molto in fretta.

Alice Guy insieme al marito dà vita alla casa di produzione Solax Film
Alice Guy insieme al marito dà vita alla casa di produzione Solax Film

Nel 1907 Alice sposò un cameraman inglese di nome Herbert Blaché. Dopo le nozze, si trasferirono negli Stati Uniti. Fondarono insieme una casa di produzione, la Solax Film e, naturalmente, la compagnia prese presto il nome del marito, Blaché Features. Poi Herbert iniziò una relazione extramatrimoniale con un’attrice, chiese il divorzio ad Alice. Divorzio molto doloroso – lei tornò in Francia, non si risposò più. E il suo nome fu presto dimenticato. I libri del cinema ridussero i suoi meriti a quelli di una semplice segretaria, insinuarono che fosse stata l’amante di Gaumont. Alice Guy tornò a Parigi, dove morì nel 1968.

La cover dell'autobiografia di Alice Guy
La cover dell’autobiografia di Alice Guy

Dal 2013, nella capitale d’oltralpe una piazza del 14esimo Arrondissement ha il suo nome: Place Alice Guy. L’autobiografia che scrisse, nel 1940, dovette attendere quasi quarant’anni prima di essere pubblicata in francese. Oggi, Martin Scorsese venera il suo nome. Nel 2018, il documentario “Be Natural: The Untold Story of Alice Guy-Blaché”, narrato da Jodie Foster, racconta con l’attenzione che le è dovuta la sua straordinaria vita.

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  • "È passato un mese dall’incidente, e ogni giorno, penso costantemente a come le cose possano cambiare rapidamente e drasticamente, in un batter d’occhio, e in modi che non avrei mai potuto immaginare.”

Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
Il cinema, parrebbe, è sempre stato una questione di uomini: fin dalle origini, con i fratelli Lumière e con Georges Méliès, i pionieri degli albori. E invece no. Le storie del cinema ancora non le dedicano lo spazio che merita, ma uno dei primissimi grandi talenti della settima arte fu quello di una donna. Si chiamava Alice Guy e in Francia, stanno fiorendo le biografie sulla sua storia, mentre le storie del cinema iniziano a dedicarle lo spazio che merita. Un documentario, presentato un paio di anni fa a Cannes, racconta la sua storia. È la prima regista donna della storia. E quasi tutte le storie del cinema si sono dimenticate il suo nome, o hanno attribuito ad altri i suoi film più importanti.
Alice Guy, la prima regista donna della storia del cinema
Alice Guy, la prima regista donna della storia del cinema
Alice Guy era una ragazza intelligentissima. Nata in Francia il primo luglio 1873, sbolognata dai genitori alla nonna in Svizzera, poi finita in Cile, dove una devastante epidemia di vaiolo costrinse i suoi a tornare precipitosamente in Francia. E lì, a 18 anni, imparò la stenografia, e finì a trovare lavoro da un 'certo' Gaumont, un industriale che diventerà importantissimo per il cinema. "Lei è molto giovane, signorina" obiettò lui prima di assumerla. "Prima o poi passerà", ribatté Alice.
Alice Guy è nata il 1 luglio 1873 a Parigi ed è morta il 24 marzo 1968 all'età di 94 anni
Alice Guy è nata il 1 luglio 1873 a Parigi ed è morta il 24 marzo 1968 all'età di 94 anni
Caratterino. E intraprendenza, quando a 22 anni vide, come altri pochi spettatori, la prima proiezione cinematografica della storia, tre giorni dopo il Natale del 1895. Pochi giorni dopo, all’inizio del 1896, Alice Guy aveva realizzato il suo primo film. La storia di una fata – interpretata da lei stessa – che tirava fuori bambini da sotto i cavoli. Come la leggenda dettava. Il film si chiama "La fée aux choux". Dura un minuto e mezzo. Non era che una graziosa scenetta, un po’ folle, con bambini veri tirati fuori da sotto le foglie di enormi cavoli. Ma era un inizio, un inizio di narrazione realizzata con il cinema, quando ancora i fratelli Lumière pensavano che il cinema fosse una curiosità scientifica, o come disse il loro padre, "un’invenzione senza futuro".
Alice Guy, la prima donna dietro la macchina da presa
Alice Guy, la prima donna dietro la macchina da presa
Lei il futuro se lo costruirà. Di film brevissimi ne creerà a centinaia. Sarà la prima vera regista degli studi Gaumont. Sarà lei ad andarsene negli Stati Uniti, a fondare una casa di produzione sua. A creare i primi film sonori. E a creare alcuni dei primi film a colori. Tornata in Francia, scrisse favole e racconti pubblicati in molte riviste: ma le riviste preferivano nomi maschili, e lei si dovette adattare. Firmò con pseudonimi, quasi tutti maschili. Allo stesso modo, gran parte dei suoi film sono introvabili perché non sono firmati a suo nome, ma a nome della compagnia distributrice.
La regista "dimenticata" Alice Guy
La regista "dimenticata" Alice Guy
Dal 1896 fino al 1906 Alice Guy fu probabilmente l’unica regista donna al mondo. Furono seicento in tutto i film Gaumont che videro in quegli anni la sua mano. E, oltre a tutto questo, diresse o produsse più di cento film sonorizzati per il Chronophone Gaumont, un tentativo di cinema sonoro molto precedente alla 'reale' nascita del cinema sonoro, nel 1927. Lei era il capo della casa di produzione Gaumont, non la giovane segretaria. Come aveva detto al proprietario, non era più "troppo giovane". Era passata, quell’età. Molto in fretta.
Alice Guy insieme al marito dà vita alla casa di produzione Solax Film
Alice Guy insieme al marito dà vita alla casa di produzione Solax Film
Nel 1907 Alice sposò un cameraman inglese di nome Herbert Blaché. Dopo le nozze, si trasferirono negli Stati Uniti. Fondarono insieme una casa di produzione, la Solax Film e, naturalmente, la compagnia prese presto il nome del marito, Blaché Features. Poi Herbert iniziò una relazione extramatrimoniale con un’attrice, chiese il divorzio ad Alice. Divorzio molto doloroso – lei tornò in Francia, non si risposò più. E il suo nome fu presto dimenticato. I libri del cinema ridussero i suoi meriti a quelli di una semplice segretaria, insinuarono che fosse stata l’amante di Gaumont. Alice Guy tornò a Parigi, dove morì nel 1968.
La cover dell'autobiografia di Alice Guy
La cover dell'autobiografia di Alice Guy
Dal 2013, nella capitale d'oltralpe una piazza del 14esimo Arrondissement ha il suo nome: Place Alice Guy. L’autobiografia che scrisse, nel 1940, dovette attendere quasi quarant’anni prima di essere pubblicata in francese. Oggi, Martin Scorsese venera il suo nome. Nel 2018, il documentario "Be Natural: The Untold Story of Alice Guy-Blaché", narrato da Jodie Foster, racconta con l’attenzione che le è dovuta la sua straordinaria vita.
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