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Home » Spettacolo » La voce del cinema, Luca Ward: “Nella realtà l’egoismo prevale, ma sono innamorato dell’umanità”

La voce del cinema, Luca Ward: “Nella realtà l’egoismo prevale, ma sono innamorato dell’umanità”

L'attore e doppiatore romano ha tre figli: l'ultima, nata con una rara malattia, grazie ad un'operazione "miracolosa" potrà vivere un'esistenza piena

Guido Guidi Guerrera
21 Luglio 2022
Luca Ward

Luca Ward

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Lui è la voce per eccellenza. Chi ama il cinema sa che quella timbrica particolare ha impresso carattere e stile ai più importanti interpreti dello star system hollywoodiano. È Massimo Decimo Meridio nel film ‘Il Gladiatore‘, è l’interprete del monologo “Ezechiele 25:17” in ‘Pulp Fiction‘, è la voce di James Bond e infine quella del protagonista de ‘Il Corvo‘. Pochi, pochissimi tratti di penna per disegnare il ritratto di uno dei più versatili e amati doppiatori italiani: Luca Ward.

L’uomo dietro il microfono

Luca Ward è impegnato nella tournee di “Mamma Mia!” diretto da Massimo Romeo Piparo

Attore e direttore del doppiaggio, Luca è un romano di Ostia con la passione per il mare. Adora la sua barca con tutte le possibilità che gli offre di fare improvvise fughe in solitaria quando riesce a scappare dalle grinfie del suo lavoro che proprio adesso, tra i tanti altri impegni radiofonici e televisivi, lo vede impegnato in tournee con lo spettacolo di Massimo Romeo Piparo ‘Mamma mia!‘ di cui è protagonista. Uomo sempre attento ai bisogni altrui e attratto da mille interessi, Luca Ward è fortemente ispirato da una fede religiosa che ha sentito aleggiare sin da piccolo tra le mura della sua famiglia in cui non mancava neppure una zia suora. L’artista romano ha tre figli: Guendalina, nata dalla prima unione e anche lei doppiatrice, Lupo e Luna, avuti dalla seconda moglie, e ha dimostrato grandi doti di resilienza e notevole sensibilità proprio nel gestire la sofferenza dell’ultima figlia, affetta da una grave patologia che avrebbe scoraggiato chiunque. Eppure la forza di una fede incrollabile e una sconfinata fiducia nei valori del mondo, la naturale propensione a prestare aiuto, il realistico ottimismo di chi non perde mai la speranza, uniti a un immenso amore, sono riusciti finalmente a spezzare le catene che imprigionavano la piccola Luna. Lei non potrà mai guarire del tutto, ma avrà la possibilità di vivere la sua vita per intero. Un’esistenza vicina ad essere normale.

Il film ‘7 km da Gerusalemme’

Per comprendere meglio chi è Luca Ward sarà utile guardare il bellissimo film del 2007 ‘7 km da Gerusalemme‘, diretto da Claudio Malaponti e tratto dal romanzo di Pino Farinotti; lui è Alessandro Forte. Le riprese sono state effettuate in Siria, in luoghi molto suggestivi non lontani da Aleppo e Damasco, ma anche a Palmira, teatro nel 2015 di un terribile attentato da parte dei terroristi dell’Isis, culminato in strage con l’uccisione del responsabile dell’importantissima area archeologica.
La pellicola racconta del viaggio mistico compiuto in Terrasanta da un pubblicitario stufo della routine, stanco di essere oppresso dalle solite beghe quotidiane. In questo suo peregrinare incontra diversi personaggi che lo portano a un appuntamento speciale, incredibile, unico: quello con Gesù. Dopo conflitti interiori e l’ovvio scetticismo il viaggiatore comincia a dare un senso a quell’incontro che imprime un nuovo impulso a tutta la sua esistenza. Le risposte che cerca Alessandro attengono al senso della vita ormai smarrito, ai valori perduti, alla morale troppo elastica per essere più definita tale, al bisogno inappagato di ognuno di fratellanza, di amicizia autentica, di amore. Un racconto cinematografico che rivela molto dell’intima natura e di certe scelte di Luca, persona profonda e riflessiva che si è posto lui stesso da viaggiatore sul sentiero della ricerca del sé. Questa intervista si propone di fare giusta Luce.

Luca Ward doppiaggio
Voce italiana per eccellenza del cinema mondiale, è attore e direttore del doppiaggio

Luca, c’è un destino che lega padri e figli, come viene detto nel film. Ne vogliamo parlare?
“Nel mio caso è un destino particolare a causa di situazioni che mi hanno coinvolto in modo assoluto e per certi versi continuano a farlo. Luna, mia figlia che adesso ha 13 anni, è nata con una patologia definita ‘sindrome di Marfan’ dalla quale non si può guarire. È però vero che i passi da gigante fatti dalla medicina le hanno consentito di sistemare parzialmente le cose. Teniamo presente che un marfaniano fino a poco tempo fa aveva un’aspettativa di vita non più ampia di 25 anni mentre adesso la prospettiva si allarga addirittura fino ai 75, quindi prossima a una condizione di normalità. Dopo un’operazione molto invasiva e complessa alla spina dorsale Luna, che era tutta ripiegata su se stessa con una compromissione polmonare talmente grave da arrivare a condurla certamente alla fine, adesso ha assunto una posizione eretta. Due giovani e bravissimi ortopedici del Bambino Gesù di Roma hanno tentato l’impossibile e il risultato è stato ottimo”.

In tutto questo lei, che si professa credente, ha ravvisato un aiuto sovrannaturale…
“Sì, ne sono sicuro. Gli stessi medici tentennavano e non erano affatto sicuri di farcela: l’intervento presentava molti rischi perché a causa di quella sindrome esiste il rischio di una perdita di sangue più grossa di almeno il 20% rispetto a qualunque altra persona. Ma i fatti si sono svolti in maniera tale da potersi definire miracolosa. Tutto era stato fissato un dato giorno, ma solo all’ultimo momento si decise di intervenire il 23 settembre. Quella data mi girava in testa come se dovesse evocarmi qualcosa, eppure non riuscivo a mettere a fuoco a cosa potesse esattamente riferirsi. Mia moglie ebbe la folgorazione: era il giorno di nascita di Padre Pio. In più una statuetta che mi era stata regalata e tenevo in garage –dove mi diverto a fare lavoretti– era sparita. L’avevo vista poi sistemata su di un mobile della casa. Sempre Giada mi confessò di averla presa lei: le sembrava che dove la tenevo non fosse il luogo più degno per il santo. Chissà? Forse veramente grazie all’intercessione miracolosa di Padre Pio si è verificata tutta una serie di condizioni fortunate che hanno fatto procedere le cose senza ostacoli. Addirittura l’infermiere che aveva il compito di occuparsi delle sacche di sangue e doveva andare in ferie, rinunciò e fu presente. Come non pensare che una mano santa abbia protetto Luna?”.

Luca Ward - Duca Ranieri
Luca Ward nei panni del Duca Ranieri nella famosa fiction “Elisa di Rivombrosa”

Nel film si allude al tema della solitudine. Che importanza ha per lei questa condizione?
“Per me è indispensabile. Ho bisogno di stare da solo, certe volte così sto decisamente meglio. Mi capita spesso di viaggiare per il mio lavoro e preferisco farlo senza la compagnia di nessuno. Per la verità anche sul set o durante i miei spettacoli teatrali non frequento molto i miei colleghi, e non è un gesto di alterigia o presunzione ma un’esperienza che posso condividere solo con me stesso, a caccia di abissi da esplorare. Andare in barca è poi la cosa che mi riempie più di gioia, dilato i miei orizzonti e mi confronto con la vastità del mare e del cielo. Sono aspetti che nutrono l’anima e ti fanno sentire più vicino all’assoluto. Questa abitudine non è molto apprezzata da mia moglie che teme sempre possa succedermi qualcosa, ma è più forte di me. Parto e sono felice di essere io e quella liquida, sconfinata vastità che era poi la grande passione di mio padre. In quella dimensione riesco istantaneamente a ricaricare la testa, perché la stanchezza del fisico è un’altra cosa e ha bisogno del riposo necessario. In barca sono per forza in costante attività, le incombenze a bordo sono tante come andare a trafficare, pulire e sistemare in sala macchine: ma è un lavoro che faccio da solo e che perciò trovo rigenerante. La verità è che siamo sempre più stressati e, per questa ragione, stare con se stessi è quasi un obbligo per non soccombere. Tanto, sappiamo bene che la quotidianità ci espone a mille seccature. La telefonata del commercialista, quella della banca, i problemi legati al ritiro della spazzatura, la multa autovelox, ti scrive l’agenzia delle entrate… Poi accendi il televisore e sei bombardato dal telegiornale con notizie terribili. Come se non bastasse si aggiunge il logorio da social a cui mi espongo per esigenze di lavoro o se vogliamo ‘di immagine’, ma di cui potendo farei comodamente a meno”.

Un altro argomento su cui si insiste nel racconto cinematografico è quello della solidarietà…
“A parole siamo tutti bravissimi e disponibili. Nella realtà dei fatti è l’egoismo a prevalere. Tanto a livello individuale che sociale vedo tanti discorsi, tanti proclami tutti assolutamente condivisibili, ma vuoti e privi di un vero contenuto. Sono astrazioni destinate a restare lettera morta perché ognuno in fondo pensa a se stesso. Un’infinità di invocazioni di aiuto vengono di fatto ignorate. Richieste di soccorso di persone provenienti da paesi lontani inascoltate, ma anche quelle dei nostri vicini di casa, che magari abitano a pochi metri ma di cui non abbiamo neppure memorizzato nomi e facce. Così fingiamo di non accorgerci di nulla, voltiamo le spalle e basta. Ricordo il caso di un galantuomo del nostro quartiere che, poveretto, non per colpa sua aveva fatto bancarotta. Fu tale la vergogna e il dispiacere di non poter pagare i propri dipendenti che si tolse la vita. E questo era accaduto nell’indifferenza generale, in quella ‘guazza’ dei troppi fatti quotidiani ai quali abbiamo finito per fare l’abitudine. Qualcuno, dopo il suicidio, sottolineò come quell’uomo che andava in giro con il suo cane, lo sguardo perso nel vuoto, poteva far presagire un gesto estremo, però nessuno aveva fatto niente per lui. Certamente è così e me ne dispiaccio perché mi ritengo una persona molto generosa e innamorata dell’umanità, pur consapevole del degrado intellettuale in atto. Sono il primo a chiamare una persona in difficoltà, la vado a trovare e mi impegno se necessario di aiutarla in tutte le possibili maniere. Mi piace innanzi tutto donare la mia presenza perché è troppo facile sbrigarsela con il messaggino di finta solidarietà: se vuoi aiutare qualcuno devi dimostrarlo con i fatti e non a parole.”

Luca Ward
Ward ha tre figli, l’ultima nata con una rara malattia, la ‘sindrome di Marfan’. Grazie a un’operazione “miracolosa” però potrà avere una vita lunga e piena

Uno sguardo particolare è rivolto da parte sua anche alla diversità di genere. Ginevra, che nel film è interpretata da una ineguagliabile Emanuela Rossi, è il prototipo dell’anchorwoman fatua, egoista e superficiale pronta a vendere se stessa e la propria dignità pur di dare in pasto la notizia e senza preoccuparsi di bollare i gay intervistati con epiteti molto pittoreschi e decisamente poco simpatici…
“Già il termine diversità mi infastidisce. Facciamo tutti parte del genere umano e nessuna specificità può fare di una persona un ‘diverso’. La natura ci ha già creati differenti l’uno dall’altro, quindi di quale altra diversificazione vogliamo parlare? La verità è che, soprattutto noi italiani, soffriamo terribilmente di una grave forma di arretratezza culturale. Prendiamo gli inglesi. Sono avanti anni luce e agli orientamenti sessuali della gente non fanno neppure caso. Il fatto che i ‘gay pride‘ da loro non esistano dimostra chiaramente come vivano la condizione della omosessualità alla stregua di un aspetto normalissimo della vita. Io stesso sono stato abituato fin da giovanissimo a incontrare nel mio mondo persone dai gusti differenti dai miei. Non ci ho neppure fatto caso, non ho indagato, non mi è interessato nemmeno farne argomento di conversazione. Per me sono stati semplicemente colleghi e amici, uomini e donne a cui ho voluto e continuo a voler bene”.

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#lucenews #lewiscapaldi #wishyouthebest
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✍ Ma com’è la legislazione attuale in Italia su questi temi?

L
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Attore e direttore del doppiaggio, Luca è un romano di Ostia con la passione per il mare. Adora la sua barca con tutte le possibilità che gli offre di fare improvvise fughe in solitaria quando riesce a scappare dalle grinfie del suo lavoro che proprio adesso, tra i tanti altri impegni radiofonici e televisivi, lo vede impegnato in tournee con lo spettacolo di Massimo Romeo Piparo 'Mamma mia!' di cui è protagonista. Uomo sempre attento ai bisogni altrui e attratto da mille interessi, Luca Ward è fortemente ispirato da una fede religiosa che ha sentito aleggiare sin da piccolo tra le mura della sua famiglia in cui non mancava neppure una zia suora. L’artista romano ha tre figli: Guendalina, nata dalla prima unione e anche lei doppiatrice, Lupo e Luna, avuti dalla seconda moglie, e ha dimostrato grandi doti di resilienza e notevole sensibilità proprio nel gestire la sofferenza dell’ultima figlia, affetta da una grave patologia che avrebbe scoraggiato chiunque. Eppure la forza di una fede incrollabile e una sconfinata fiducia nei valori del mondo, la naturale propensione a prestare aiuto, il realistico ottimismo di chi non perde mai la speranza, uniti a un immenso amore, sono riusciti finalmente a spezzare le catene che imprigionavano la piccola Luna. Lei non potrà mai guarire del tutto, ma avrà la possibilità di vivere la sua vita per intero. Un’esistenza vicina ad essere normale.

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Luca, c’è un destino che lega padri e figli, come viene detto nel film. Ne vogliamo parlare? "Nel mio caso è un destino particolare a causa di situazioni che mi hanno coinvolto in modo assoluto e per certi versi continuano a farlo. Luna, mia figlia che adesso ha 13 anni, è nata con una patologia definita 'sindrome di Marfan' dalla quale non si può guarire. È però vero che i passi da gigante fatti dalla medicina le hanno consentito di sistemare parzialmente le cose. Teniamo presente che un marfaniano fino a poco tempo fa aveva un’aspettativa di vita non più ampia di 25 anni mentre adesso la prospettiva si allarga addirittura fino ai 75, quindi prossima a una condizione di normalità. Dopo un’operazione molto invasiva e complessa alla spina dorsale Luna, che era tutta ripiegata su se stessa con una compromissione polmonare talmente grave da arrivare a condurla certamente alla fine, adesso ha assunto una posizione eretta. Due giovani e bravissimi ortopedici del Bambino Gesù di Roma hanno tentato l’impossibile e il risultato è stato ottimo". In tutto questo lei, che si professa credente, ha ravvisato un aiuto sovrannaturale… "Sì, ne sono sicuro. Gli stessi medici tentennavano e non erano affatto sicuri di farcela: l’intervento presentava molti rischi perché a causa di quella sindrome esiste il rischio di una perdita di sangue più grossa di almeno il 20% rispetto a qualunque altra persona. Ma i fatti si sono svolti in maniera tale da potersi definire miracolosa. Tutto era stato fissato un dato giorno, ma solo all’ultimo momento si decise di intervenire il 23 settembre. Quella data mi girava in testa come se dovesse evocarmi qualcosa, eppure non riuscivo a mettere a fuoco a cosa potesse esattamente riferirsi. Mia moglie ebbe la folgorazione: era il giorno di nascita di Padre Pio. In più una statuetta che mi era stata regalata e tenevo in garage –dove mi diverto a fare lavoretti– era sparita. L’avevo vista poi sistemata su di un mobile della casa. Sempre Giada mi confessò di averla presa lei: le sembrava che dove la tenevo non fosse il luogo più degno per il santo. Chissà? Forse veramente grazie all’intercessione miracolosa di Padre Pio si è verificata tutta una serie di condizioni fortunate che hanno fatto procedere le cose senza ostacoli. Addirittura l’infermiere che aveva il compito di occuparsi delle sacche di sangue e doveva andare in ferie, rinunciò e fu presente. Come non pensare che una mano santa abbia protetto Luna?".
Luca Ward - Duca Ranieri
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Nel film si allude al tema della solitudine. Che importanza ha per lei questa condizione? "Per me è indispensabile. Ho bisogno di stare da solo, certe volte così sto decisamente meglio. Mi capita spesso di viaggiare per il mio lavoro e preferisco farlo senza la compagnia di nessuno. Per la verità anche sul set o durante i miei spettacoli teatrali non frequento molto i miei colleghi, e non è un gesto di alterigia o presunzione ma un'esperienza che posso condividere solo con me stesso, a caccia di abissi da esplorare. Andare in barca è poi la cosa che mi riempie più di gioia, dilato i miei orizzonti e mi confronto con la vastità del mare e del cielo. Sono aspetti che nutrono l’anima e ti fanno sentire più vicino all’assoluto. Questa abitudine non è molto apprezzata da mia moglie che teme sempre possa succedermi qualcosa, ma è più forte di me. Parto e sono felice di essere io e quella liquida, sconfinata vastità che era poi la grande passione di mio padre. In quella dimensione riesco istantaneamente a ricaricare la testa, perché la stanchezza del fisico è un’altra cosa e ha bisogno del riposo necessario. In barca sono per forza in costante attività, le incombenze a bordo sono tante come andare a trafficare, pulire e sistemare in sala macchine: ma è un lavoro che faccio da solo e che perciò trovo rigenerante. La verità è che siamo sempre più stressati e, per questa ragione, stare con se stessi è quasi un obbligo per non soccombere. Tanto, sappiamo bene che la quotidianità ci espone a mille seccature. La telefonata del commercialista, quella della banca, i problemi legati al ritiro della spazzatura, la multa autovelox, ti scrive l’agenzia delle entrate… Poi accendi il televisore e sei bombardato dal telegiornale con notizie terribili. Come se non bastasse si aggiunge il logorio da social a cui mi espongo per esigenze di lavoro o se vogliamo ‘di immagine’, ma di cui potendo farei comodamente a meno". Un altro argomento su cui si insiste nel racconto cinematografico è quello della solidarietà… "A parole siamo tutti bravissimi e disponibili. Nella realtà dei fatti è l’egoismo a prevalere. Tanto a livello individuale che sociale vedo tanti discorsi, tanti proclami tutti assolutamente condivisibili, ma vuoti e privi di un vero contenuto. Sono astrazioni destinate a restare lettera morta perché ognuno in fondo pensa a se stesso. Un’infinità di invocazioni di aiuto vengono di fatto ignorate. Richieste di soccorso di persone provenienti da paesi lontani inascoltate, ma anche quelle dei nostri vicini di casa, che magari abitano a pochi metri ma di cui non abbiamo neppure memorizzato nomi e facce. Così fingiamo di non accorgerci di nulla, voltiamo le spalle e basta. Ricordo il caso di un galantuomo del nostro quartiere che, poveretto, non per colpa sua aveva fatto bancarotta. Fu tale la vergogna e il dispiacere di non poter pagare i propri dipendenti che si tolse la vita. E questo era accaduto nell’indifferenza generale, in quella 'guazza' dei troppi fatti quotidiani ai quali abbiamo finito per fare l’abitudine. Qualcuno, dopo il suicidio, sottolineò come quell’uomo che andava in giro con il suo cane, lo sguardo perso nel vuoto, poteva far presagire un gesto estremo, però nessuno aveva fatto niente per lui. Certamente è così e me ne dispiaccio perché mi ritengo una persona molto generosa e innamorata dell’umanità, pur consapevole del degrado intellettuale in atto. Sono il primo a chiamare una persona in difficoltà, la vado a trovare e mi impegno se necessario di aiutarla in tutte le possibili maniere. Mi piace innanzi tutto donare la mia presenza perché è troppo facile sbrigarsela con il messaggino di finta solidarietà: se vuoi aiutare qualcuno devi dimostrarlo con i fatti e non a parole.”
Luca Ward
Ward ha tre figli, l'ultima nata con una rara malattia, la 'sindrome di Marfan'. Grazie a un'operazione "miracolosa" però potrà avere una vita lunga e piena
Uno sguardo particolare è rivolto da parte sua anche alla diversità di genere. Ginevra, che nel film è interpretata da una ineguagliabile Emanuela Rossi, è il prototipo dell’anchorwoman fatua, egoista e superficiale pronta a vendere se stessa e la propria dignità pur di dare in pasto la notizia e senza preoccuparsi di bollare i gay intervistati con epiteti molto pittoreschi e decisamente poco simpatici… "Già il termine diversità mi infastidisce. Facciamo tutti parte del genere umano e nessuna specificità può fare di una persona un 'diverso'. La natura ci ha già creati differenti l’uno dall’altro, quindi di quale altra diversificazione vogliamo parlare? La verità è che, soprattutto noi italiani, soffriamo terribilmente di una grave forma di arretratezza culturale. Prendiamo gli inglesi. Sono avanti anni luce e agli orientamenti sessuali della gente non fanno neppure caso. Il fatto che i 'gay pride' da loro non esistano dimostra chiaramente come vivano la condizione della omosessualità alla stregua di un aspetto normalissimo della vita. Io stesso sono stato abituato fin da giovanissimo a incontrare nel mio mondo persone dai gusti differenti dai miei. Non ci ho neppure fatto caso, non ho indagato, non mi è interessato nemmeno farne argomento di conversazione. Per me sono stati semplicemente colleghi e amici, uomini e donne a cui ho voluto e continuo a voler bene".
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