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Arianna Talamona, nuoto, amore e disabilità: "Siamo persone normali"

Classe 1994, di Varese, sposata con Roberto e nuotatrice paralimpica. Sui social condivide la sua quotidianità, tra ufficio e piscina, e promuove una nuova sensibilità

di MARIANNA GRAZI -
17 giugno 2023
Nuvenia_Arianna_Talamona

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Arianna Talamona è una forza della natura. Nuotatrice classe 1994 di Varese, in bacheca vanta una medaglia d’argento alle Paralimpiadi di Tokyo e due medaglie d’oro ai Mondiali di Londra. È sposata con Roberto, ha una laurea in psicologia con una tesi sulla percezione sociale delle coppie ‘miste’ e nella vita quotidiana, tra allenamenti e impegni di lavoro trova il tempo anche di parlare coi suoi followers sui social, dov’è molto attiva. Ai 32mila seguaci su Instagram Arianna, che è affetta da paraparesi spastica ereditaria (come la madre), racconta la quotidianità di una ragazza che, come tante altre, sta costruendo passo dopo passo il suo futuro, ma anche alcune esperienze personali importanti, non ultima quella con l’amore. Un modello per persone con disabilità più giovani che si innamorano e si trovano ancora a fronteggiare un muro di pregiudizi. Come anche quelli legati al ciclo mestruale, che l’hanno portata a diventare testimonial della nuova campagna Nuvenia contro i tabù e di supporto al percorso di consapevolezza femminile.
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Arianna, 29 anni, è testimonial della nuova campagna Nuvenia sulla consapevolezza femminile

Disabilità e ciclo mestruale. Le mestruazioni sono un argomento ‘off limits’ per le persone normodotate; ma di come lo vivono le ragazze e le donne con disabilità non si sa invece praticamente nulla. Non se ne parla né se ne sente parlare. Perché? "Quando si parla di questi argomenti tabù e se ne aggiungono altri altrettanto poco trattati ci si rende conto di quanto poi ci sia da lavorare. Un tema su cui sto studiando molto ultimamente e prima o poi vorrei riuscire a fare qualcosa di concreto: il design inclusivo. Quindi, capire come anche i prodotti potrebbero essere disegnati per essere il più inclusivi possibili e banalmente anche su assorbenti, tamponi ecc. ci sono delle problematiche a cui nessuno pensa mai ma che effettivamente esistono. E, quindi, anche qua una società che tende ad andare avanti è quella che prima o poi intanto risolverà il problema dei costi degli assorbenti, della pillola e del tabù che in generale circonda il ciclo. E in più magari riuscirà a fare prodotti che possano andare bene per tutte. La cosa bella del design inclusivo è che non soddisfa solo il bisogno di una persona ma in realtà è più comodo anche per le altre". Ma c’è anche un problema di accessibilità nei servizi? Penso banalmente ai bagni dove potersi cambiare l’assorbente… "Certo, si aggiunge il problema di trovare dei bagni per persone con disabilità che siano effettivamente disponibili, accessibili, anche puliti bene perché spesso, se ci sono, sono tenuti male e comportano un rischio per persone che magari hanno anche un sistema immunitario più fragile. Diciamo che le problematiche sono tante".
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Talamona è stata medaglia d'argento alle Paralimpiadi di Tokyo (Instagram)

Lei si è mai trovata ad avere difficoltà in questo senso? "Io non ho mai avuto fortunatamente delle necessità particolari, ho sempre avuto un ciclo abbastanza regolare e la disabilità che ho non mi condiziona più di tanto, quindi sono un caso abbastanza sereno da questo punto di vista. Però sarebbe bello poter fare di più". Da sportiva, le mestruazioni quando influenzano sulla prestazione agonistica? "Sicuramente incidono, non si può pensare di non tenerne conto. Quanto, dipende anche un po’ dall’atleta. Io ad esempio per tanti anni ho preso la pillola perché avevo il ciclo irregolare. Nell’ultimo periodo non la sto più prendendo e comunque sono molto consapevole di quanto il ciclo influisca sui miei allenamenti. Banalmente so che il primo giorno o il giorno prima delle mestruazioni vado molto forte, mentre il secondo e i successivi li soffro un po’. Detto questo sicuramente è da considerare che, però, dipende molto da persona a persona. È importante sapere come funziona, cosa succede al nostro corpo ed è fondamentale secondo me che lo sappiano anche le persone con cui lavori, chi ti circonda. È normale dire all’allenatore: ‘ho il ciclo, ho mal di pancia’". Però per una ragazzina, per un’adolescente, non è facile parlare liberamente di questi temi… "Si, effettivamente sì. Ma non deve assolutamente essere un tabù. Secondo me sta ai tecnici trovare il modo di introdurre l’argomento in modo più sereno possibile e far sì che sia una cosa di cui poter parlare.
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Arianna parla di accessibilità degli impianti natatori e di abbattimento dei tabù legati al ciclo mestruale, anche per le persone con disabilità (Instagram)

Ho visto vari allenatori affrontare molto bene la questione anche con ragazzine molto giovani. Secondo me è un po’ tra i loro compiti far sì che le atlete capiscano che non è un tabù e che se ne può e deve parlare. E, un altro aspetto importante, è educare i ragazzi a non prendere in giro le compagne". Arianna, grazie al nuoto è stata in molti Paesi del mondo: a che punto siamo sull’accessibilità degli impianti sportivi? "Ti dirò, la fortuna è che quando fai gare di un certo livello, bene o male, vai sempre in impianti che sono sempre belli, relativamente nuovi e in genere trovi delle soluzioni abbastanza buone. Questo riguarda le piscine nello specifico o anche i bagni. Ovviamente per tutto il tema accessibilità di altre strutture e mezzi di trasporto il discorso cambia da Paese a Paese. Non è un ‘trend’ da dire in Europa piuttosto che in Asia, ma varia tra gli Stati. Per esempio, Berlino è una città fantastica per l’accessibilità. In generale però abbiamo la fortuna di nuotare in piscine che sono state già pensate per Mondiali o per Olimpiadi e, quindi, secondo protocolli precisi per renderle accessibili. Quelle giapponesi le battono tutte!". E in Italia, nei piccoli impianti di quartiere? “Dal punto di vista dei bagni, secondo me, essendoci delle leggi che ci tutelano almeno nelle piscine, li trovi (accessibili) abbastanza bene. I problemi grossi sono, a mio avviso, tre. Il primo sono le docce: a volte non hai la possibilità di fare la doccia con tutte le altre persone perché c’è un bagno per persone con disabilità separato e questo toglie un po’ la dinamica sociale a una ragazza disabile che nuota con la sua squadra. Non ci si pensa mai, ma su un’adolescente impattano tanto queste cose.
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Per Arianna bisogna iniziare a parlare in modo diverso di disabilità, puntando gli occhi sulla normalità di queste persone piuttosto che sui problemi o la straordinarietà dei loro gesti (instagram)

Poi c'è la manutenzione: i bagni ci sono ma a volte non sono curati (e puliti) a dovere. E, infine, c’è il problema dei sollevatori. Ormai dovrebbero essere in tutte le piscine, per permettere a tutti di entrare in acqua, ma molto spesso anche molti miei followers mi scrivono: ‘Ari ma sai se nella zona dove abito c’è una piscina con sollevatore? Perché non le trovo’. Oppure ‘devo fare un sacco di chilometri per andare a nuotare’. Il sistema di impianti in Italia dovrebbe essere aggiornato e migliorato". Lei è felicemente sposata ma tante persone disabili si sentono o sono discriminate proprio a causa della loro condizione, anche sul piano sessuale. Le coppie miste (composte da una persona disabile e una no) sono ancora un'eccezione? "È un problema ancora ben presente. Lo vedo dai miei follower, spesso sui social mi scrivono persone che sono in relazioni miste e stanno trovando difficoltà nei parenti, nei genitori o negli amici che ostacolano la loro relazione. Questo succede soprattutto alla persone senza disabilità, perché vedono solo le problematiche nel partner che hanno scelto.
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Arianna Talamona con il marito Roberto stanno insieme da 12 anni (Instagram)

Il tema della sessualità io lo vedo un po' marginale, perché è tutto collegato: finché non cambia la percezione sulla persona con disabilità è difficile che gli altri ti trovino attraente e magari abbiano rapporti e/o relazioni con te. Penso che la parte sessuale sia meno importante perché magari c'è la possibilità di avere rapporti occasionali, come accade a chiunque. Invece il blocco nella relazione, quindi, dire 'io non credo che potrei mai diventare partner di una persona con disabilità' secondo me è molto più pesante. Una volta mi sono trovata a fare uno speech sul tema e un ragazzo, molto onesto, mi ha detto: 'Mi dispiace, tu dici cose giuste, ma io continuo a non vederti attraente a causa della tua disabilità'. Ci sono rimasta male, non sapevo cosa rispondere perché comunque capivo che il suo punto di vista è prevalente. Trovo che sia un peccato, è un circolo vizioso che va interrotto in tutti i modi: una persona con disabilità è prima di tutto una persona". Perché c'è ancora questa discriminazione? "Perché si tende a non considerare che chi ha una disabilità non è solo una care-reciver, ma anche una care-giver, non è solo quello bisognoso di attenzioni e, cure, e quindi va a creare squilibrio nella coppia. Magari può essere che io ho più bisogno di mio marito in alcuni momenti, ma poi di fatto, nella vita quotidiana ci si pareggia benissimo. Ognuno ha bisogni diversi, chi sta meglio in un un momento piuttosto che in un altro, chi aiuta in un modo e chi in un altro. Va superata l'idea di passività della persona con disabilità. Tra l'altro sulla sessualità ma non solo non mi piace come se ne parla, perché lo si fa in modo sensazionalistico. Quando invece secondo me bisognerebbe andare a raccontare la normalità di persone che possono fare sesso e avere relazioni come tutti. Quindi è un argomento che va raccontato di più ma in modo diverso".
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Arianna e Roberto il giorno del matrimonio (Instagram)

Magari attraverso i social, come lei con la sua vita quotidiana? "Secondo me sì, è fondamentale. Perché oggi si va un po' controcorrente a raccontare la normalità. Se vuoi puntare alle visualizzazioni, allora non punti su quello ma per me è importante per sensibilizzare. Vorrei far passare il concetto che Arianna è una ragazza che fa cose normali, nuota, lavora, esce... e ha una disabilità. Ma non c'è coesione nemmeno nel mondo delle persone con disabilità, ognuno dà una visione diversa, a volte opposta e sarebbe bello invece che ci fosse una comunione di intenti nello sdoganare l'essere normali".