Autismo, le nuove ricerche sul cervello partono dall'intestino

Luigi Mazzone, neuropsichiatra infantile e scienziato, un passato da sportivo nella scherma, ha un obiettivo che persegue con convinzione: "Il dottore deve fare il dottore"

di GUIDO GUIDI GUERRERA -
29 gennaio 2024
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Luigi Mazzone è uno scienziato famoso per le sue ricerche sull’autismo, con particolare riferimento all’asse intestino-cervello. Qualcosa di cui, quindi, non si sente spesso parlare, anzi sfido i non addetti ai lavori a citare una volta in cui avete sentito parlare di questo collegamento. Di origini catanesi, Mazzone svolge adesso il suo lavoro di neuropsichiatra infantile in qualità di docente all’università Tor Vergata e come medico al Ospedale Bambino Gesù di Roam, dopo aver trascorso diversi anni come ricercatore alla Columbia University di New York.

Il ponte intestino-cervello

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Mazzone studia le possibili cause scatenanti

L’approccio del professore nei riguardi di un disturbo complesso come l’autismo parte dalla individuazione delle possibili cause scatenanti, a cominciare dalla gestazione, con annesse possibili esposizioni ad agenti inquinanti, a fattori ambientali e naturalmente a determinate componenti genetiche. Particolare interesse stanno suscitando i suoi studi della flora intestinale con specifica attenzione al microbiota, che rappresenta quella colonia di miliardi di microrganismi all’interno dell’intestino umano che com’è noto viene definito ‘secondo cervello’. La somministrazione di alcuni ceppi di lactobacillus reuteri, come dimostrato da test condotti su topi ‘sociofobici’, porterebbe alla remissione di alcuni sintomi, specie nei casi meno gravi di sindrome autistica. Un traguardo che pone Luigi Mazzone e il suo staff ai vertici della ricerca scientifica grazie alla realizzazione, proprio all’ospedale Policlinico Tor Vergata, di un network di studiosi che coinvolge 20 Paesi nel mondo.

Mazzone, un aiuto anche nello sport

Secondo un’analisi svolta dall’Oms a carattere planetario, un bambino su cento tende a sviluppare disturbi attribuibili allo spettro autistico, mentre da noi in Italia il problema affligge mezzo milione di famiglie, costrette a dover gestire realtà quotidiane molto delicate facendo fronte anche alla scarsità di adeguati finanziamenti da parte dello Stato. Ma l’aiuto offerto dal professore si spinge oltre. Lui che è stato campione italiano di scherma mette a disposizione anche le sue competenze sportive per migliorare la qualità della vita dei soggetti autistici più collaborativi. Dopo aver raccolto una gran quantità di premi, è diventato mental coach della nostra nazionale di scherma e presidente del CUS di Catania, centro nel quale si reca periodicamente proprio per mettere in atto le terapie integrative finalizzate all’inserimento di ragazzi e bambini con disturbi comportamentali.
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Mazzone è mental coach della nazionale italiana di scherma

Campione dunque nello sport e nella ricerca, il neuropsichiatra siciliano ha deciso di spendere la sua vita per una causa nobile con risultati decisamente destinati a ripagare questo sforzo, quello di “un dottore che deve fare il dottore”. Così com’era un tempo.

Le nuove frontiere della ricerca sull'autismo

Professore a quanto pare si aprono orizzonti di speranza nel trattamento dell' autismo... "L’autismo non è una malattia bensì una condizione di vita e va considerato che i livelli della sindrome sono tre, quindi in base a questa valutazione si può ipotizzare il metodo di approccio più appropriato. Nel caso dello studio da noi condotto possiamo dire che la parte riguardante la sfera di molti disturbi psicosociali può essere convenientemente rimodulata". I probiotici selezionati hanno effetto se somministrati a qualsiasi età? "Come per altri ambiti della medicina, prima si agisce e meglio è: intervenire su una persona adulta è ovviamente ben diverso che farlo in un adolescente o preadolescente. In poche parole, la somministrazione di determinati probiotici si rivela molto più efficace se effettuata in età evolutiva". Che tipo di nesso esiste tra intestino e cervello? "L’intestino, come molti ormai sanno, è da considerare un secondo cervello, quindi è palese il rapporto bidirezionale tra i due organi che nei soggetti autistici si evidenzia maggiormente per la presenza di disturbi gastrointestinali nel 70% dei casi. Una incidenza, dunque, maggiore di quattro volte rispetto a persone con sviluppo neurotipico. Volendo essere più chiari, per 'problematiche gastrointestinali' si intende l’insorgenza di costipazione, diarrea, colon irritabile e alterazione della flora intestinale. Numerosi lavori sono volti allo studio della composizione del microbiota e le sue alterazioni , unite a una anomala permeabilità dell’intestino definito ‘gocciolante’ o ‘leaky gut’, per usare un termine tecnico.
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Il neuropsichiatra infantile è medico dell'ospedale Bambino Gesù di Roma e docente all'università Tor vergata

Questo quadro determina la predisposizione a reiterate forme infiammatorie con reazioni a cascata, specie a carico delle persone affette da autismo . Studi sui topi hanno dimostrato come certi disturbi del comportamento rispondessero in modo significativo a determinati ceppi di lactobacillus, mettendo in luce l’interazione costante tra cervello e nervo vago. Affiancato dal mio staff, ho personalmente proseguito questo lavoro su un gruppo di 43 bambini con disfunzione sociale somministrando loro lo stesso probiotico assieme ad un altro, riscontrando oggettivi e apprezzabili miglioramenti delle loro condizioni". È una terapia che può essere estesa anche ad altre patologie comportamentali? "Certo. E aggiungo che, in questo momento, c’è proprio sul microbiota una letteratura internazionale praticamente sconfinata. Quindi sì, esistono tanti studi applicati al neurosviluppo in senso generale che interessano altre sfere di disturbi legati all’approccio sociale, perciò a maggior ragione la direzione tracciata sembra senz’altro la più giusta da seguire".

Il dottore maestro di scherma

Lei è anche maestro di scherma. In che modo questa disciplina può essere utile per un soggetto affetto da autismo? "È vero, ho un passato da atleta. Sono assolutamente convinto che l’attività ludica, che potrebbe essere la scherma o un’altra qualsiasi, sia di giovamento soprattutto a ‘demedicalizzare’ - entro una certa misura - ragazzi e bambini con problematiche autistiche di livello uno, per i quali sarebbe più indicata l’attività sportiva invece dei day hospital. Questo non significa che lo sport possa sostituirsi al trattamento terapeutico medico, specialmente nei casi più severi, mentre può rivelarsi valida come attività inclusiva capace di far crescere l’autostima". Trova collaborazione tra i genitori? “Le famiglie sono sofferenti e per questo ricercano un supporto. D’altro canto esistono istituzioni preposte alla problematica in esame capaci di lavorare molto bene. È ovvio come in molte occasioni i genitori si sentano sotto pressione, tanto in casa che fuori, dove quasi mai trovano aiuto adeguato. Una delle tematiche che affligge maggiormente le famiglie è quella legata al 'dopo di noi': 'Che ne sarà di nostro figlio quando non ci saremo più?' Ecco ciò che tormenta e preoccupa di più un padre e una madre di un soggetto autistico".

Luigi Mazzone svolge importanti ricerche in tema autismo

Che futuro immagina per l’approccio medico all’autismo? "Come prima cosa occorre sensibilizzare la società verso l’adozione di percorsi inclusivi, finalizzati a indicare alle famiglie, specie dopo il compimento dei 18 anni di un figlio, i giusti passi da compiere mediante una precisa regolamentazione sociale. Questo obiettivo avrebbe certamente il merito di ridurre il peso da sopportare. Recentemente sono state pubblicate a riguardo alcune linee guida, tuttavia va sottolineato come negli ultimi dieci anni lo Stato non abbia mai preso iniziative significative. Tale latenza delle istituzioni favorisce un business privato impressionante che pesa sulle spalle delle famiglie. Una vera e propria speculazione.” Quali nuovi orizzonti per la ricerca scientifica contemporanea? "Sono certo che approfondire la tematica inerente alla correlazione intestino-cervello darà risposte sempre più precise. A tal proposito credo che ricorrere anche alle risorse tecnologiche come l’intelligenza artificiale possa essere d’aiuto: quindi in questo senso mi dichiaro moderatamente ottimista, fermo restando che noi clinici dobbiamo riconquistare a tutti i costi il nostro ambito: il dottore deve fare il dottore. Troppo spesso demandiamo le diagnosi alla tecnologia, quando sarebbe invece auspicabile tornare a riappropriarci della clinica e delle nostre peculiari competenze, con la capacità di indirizzare noi le macchine e non viceversa. In ogni caso poter contare su colleghi molto bravi nel loro lavoro con la possibilità di fare network rappresenta già una grande risorsa e conferisce indefettibili corrispondenze sul piano umano che unite alle qualità professionali di ciascuno rendono bello e unico questo nostro lavoro".