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Home » Economia » Figli con disabilità, non tutto è perduto, anzi. L’esperto spiega come pianificare il “dopo di noi”

Figli con disabilità, non tutto è perduto, anzi. L’esperto spiega come pianificare il “dopo di noi”

Alex D’Alessandro sintetizza le regole “d’oro” da seguire per proteggere il patrimonio familiare e dare una speranza concreta ai ragazzi con difficoltà

Camilla Prato
15 Giugno 2022
disabilità

disabilità

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Quando nasce un figlio con disabilità, ce lo hanno insegnato i tantissimi genitori che ci hanno raccontato la loro storia, il pensiero, oltre che all’assistenza immediata, va inevitabilmente anche al futuro. Mamme e papà non sono eterni, ovviamente, ma spesso si trovano a dover pensare non solo a come gestire gli anni che restano, ma anche quelli che verranno dopo di loro, per garantire una speranza a quei ragazzi e ragazze che non hanno l’autonomia e l’indipendenza necessaria a causa delle loro difficoltà. È quello che, comunemente, viene chiamato “dopo di noi”.

Famiglie con figli disabili
Famiglie con figli disabili, l’esperto spiega come pianificare il futuro

La storia di Marta con la Sindrome di Down

Marta è nata con la Sindrome di Down. “Una ragazza straordinaria” la descrivono i suoi genitori, che per lei hanno fatto qualsiasi sacrificio possibile: la mamma per seguirla ha dovuto lasciare il lavoro, mentre il papà , artigiano di una piccola azienda con delle quote societarie e qualche immobile, ha stipulato una polizza assicurativa solo per gli infortuni. Ma cosa andrebbe in caso di morte improvvisa? Il suo consulente è chiaro: non sarebbe prevista alcuna copertura.
Alex D’Alessandro, consulente finanziario e patrimoniale spiega che “se il papà non facesse testamento e gli dovesse accadere qualcosa, ci sarebbero due problemi: il 50% di tutto il patrimonio verrebbe ‘congelato’, vincolato alla gestione di un giudice tutelare e, la moglie casalinga, senza reddito, non avrebbe garanzie. Scrivendo due righe, invece, facendo testamento, tutela la moglie, ma soprattutto, in maniera indiretta, la figlia Marta che ne ha bisogno”.

sindrome -down
La storia di Marta, nata con sindrome di Down, è esemplare di tante altre vicende simili

Come tutelare il patrimonio familiare per assicurare un futuro ai figli con disabilità?

Ci sono tanti, tantissimi esempi concreti in Italia che, come la storia di Marta, ci servono a capire le conseguenze di una scelta non fatta. Allora come tutelare un figlio disabile provando ad assicurargli una protezione per il futuro? Perché purtroppo, pur essendo, quella italiana, una società che mira all’inclusione e sta anche facendo passi importanti – a partire dal settore privato, più aperto alla cultura della D&I – per garantire tutte le opportunità (educative, lavorative e così via) anche a chi vive con delle difficoltà, non tutte queste persone potranno essere autonome e indipendenti in un futuro, proprio a causa anche della gravità delle loro malattie o disabilità.

Ma per fortuna le soluzioni ci sono e sono più di quelle che possiamo immaginare. L’importante è pianificare sin da subito una strategia. “Ogni persona con un parente disabile – prosegue D’Alessandro – si trova di fronte a due possibilità: non fare nulla e subirne le pesanti conseguenze, con un patrimonio spesso disperso tra familiari lontani e quasi sconosciuti, oppure agire e decidere, nel presente, cosa succederà in futuro del proprio patrimonio. E non è sempre indispensabile fare riferimento a cose complesse, basterebbero almeno ‘due righe scritte bene’, su un foglio di carta bianca”.

Per quanto sembri una cosa semplice, quasi scontata, i dati ci raccontano invece che in Italia fa testamento solo una piccolissima percentuale della popolazione, meno del 10% dei cittadini, contro il 50% dei nordeuropei, lasciando quindi decidere del proprio patrimonio allo Stato e al fisco.

figlio-disabile
Un semplice geste, come scrivere le proprie volontà su un foglio bianco, può garantire un futuro ai propri figli che vivono con difficoltà

La legge “Dopo di noi”

Eppure gli strumenti per tutelarsi ci sarebbero, dicevamo. In primis quelli previsti nella Legge cosiddetta ‘Dopo di noi’. “La legge 112 del 2016 ha introdotto diversi strumenti giuridici fondamentali – sottolinea il consulente – il trust, il vincolo di destinazione e i fondi speciali con affidamento fiduciario che possono andare anche a favore delle associazioni. Devono essere sottoscritti tutti con atto pubblico, cioè dal notaio, e consentono di avere l’esenzione totale dall’imposta di successione e donazione”. Al di là dei ‘paroloni’ e dei termini legali quasi incomprensibili per chi ‘non mastica il burocratese’, andiamo a vedere, passo passo di cosa si tratta:

  • Il trust, prima tra le opportunità di creazione di uno strumento per garantire la qualità della vita dei parenti (in questo caso i figli) disabili in assenza dei propri familiari, consiste nell’affidare i propri beni a una persona di fiducia che li controllerà nell’interesse del futuro beneficiario per un fine meritevole. “Nessuno potrà più toccare un euro di quel patrimonio – spiega D’Alessandro – e posso decidere in vita tutto il percorso che faranno i miei beni quando non ci sarò più”.
  • Altra possibilità, ma più limitata, è quella del vincolo di destinazione che, però, riguarda solo i beni immobili e quelli mobili registrati, macchine, barche, navi e aerei. Non si può fare, insomma, vincolo di destinazione sul denaro.
  • Ultima possibilità: i fondi speciali con affidamento fiduciario. “A differenza del trust – precisa l’esperto – cambiano i nomi e qui abbiamo: l’affidante, l’affidatario, il controllore e il beneficiario, ma la sostanza è la stessa. Pensiamo ad esempio se ci fosse un imprenditore di una società di persone (ad esempio una società in nome collettivo) con figlio disabile. Se l’imprenditore dovesse morire, e non avesse per tempo tutelato il patrimonio del figlio disabile, essendo socio di una snc risponderebbe anche con il proprio patrimonio personale. Verrebbe pignorato tutto e il figlio rimarrebbe nei guai a livello finanziario e personale”.

Infine tra i vantaggi che porta l’utilizzo di simili strumenti giuridici c’è la possibilità di non disperdere il proprio patrimonio, lasciandolo, una volta scomparso anche il beneficiario diretto, ad enti o associazioni meritevoli che in vita si sono presi cura di lui. “È sicuramente consigliabile, dunque, affidarsi da subito a un consulente finanziario professionista – conclude D’Alessandro – per pianificare al meglio il futuro della famiglia con la massima tranquillità e serenità sia finanziaria sia successoria. Non fare nulla oggi è un grande errore. Qualcosa va fatto, per il bene del figlio disabile e – perché no? – anche per chi lo ha seguito accanto alla famiglia con amore e dedizione. Basta poco”.

 

 

 

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Instagram

  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

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Quando nasce un figlio con disabilità, ce lo hanno insegnato i tantissimi genitori che ci hanno raccontato la loro storia, il pensiero, oltre che all'assistenza immediata, va inevitabilmente anche al futuro. Mamme e papà non sono eterni, ovviamente, ma spesso si trovano a dover pensare non solo a come gestire gli anni che restano, ma anche quelli che verranno dopo di loro, per garantire una speranza a quei ragazzi e ragazze che non hanno l'autonomia e l'indipendenza necessaria a causa delle loro difficoltà. È quello che, comunemente, viene chiamato "dopo di noi".
Famiglie con figli disabili
Famiglie con figli disabili, l'esperto spiega come pianificare il futuro

La storia di Marta con la Sindrome di Down

Marta è nata con la Sindrome di Down. "Una ragazza straordinaria" la descrivono i suoi genitori, che per lei hanno fatto qualsiasi sacrificio possibile: la mamma per seguirla ha dovuto lasciare il lavoro, mentre il papà , artigiano di una piccola azienda con delle quote societarie e qualche immobile, ha stipulato una polizza assicurativa solo per gli infortuni. Ma cosa andrebbe in caso di morte improvvisa? Il suo consulente è chiaro: non sarebbe prevista alcuna copertura. Alex D’Alessandro, consulente finanziario e patrimoniale spiega che "se il papà non facesse testamento e gli dovesse accadere qualcosa, ci sarebbero due problemi: il 50% di tutto il patrimonio verrebbe ‘congelato’, vincolato alla gestione di un giudice tutelare e, la moglie casalinga, senza reddito, non avrebbe garanzie. Scrivendo due righe, invece, facendo testamento, tutela la moglie, ma soprattutto, in maniera indiretta, la figlia Marta che ne ha bisogno”.
sindrome -down
La storia di Marta, nata con sindrome di Down, è esemplare di tante altre vicende simili

Come tutelare il patrimonio familiare per assicurare un futuro ai figli con disabilità?

Ci sono tanti, tantissimi esempi concreti in Italia che, come la storia di Marta, ci servono a capire le conseguenze di una scelta non fatta. Allora come tutelare un figlio disabile provando ad assicurargli una protezione per il futuro? Perché purtroppo, pur essendo, quella italiana, una società che mira all'inclusione e sta anche facendo passi importanti - a partire dal settore privato, più aperto alla cultura della D&I - per garantire tutte le opportunità (educative, lavorative e così via) anche a chi vive con delle difficoltà, non tutte queste persone potranno essere autonome e indipendenti in un futuro, proprio a causa anche della gravità delle loro malattie o disabilità. Ma per fortuna le soluzioni ci sono e sono più di quelle che possiamo immaginare. L’importante è pianificare sin da subito una strategia. “Ogni persona con un parente disabile – prosegue D’Alessandro - si trova di fronte a due possibilità: non fare nulla e subirne le pesanti conseguenze, con un patrimonio spesso disperso tra familiari lontani e quasi sconosciuti, oppure agire e decidere, nel presente, cosa succederà in futuro del proprio patrimonio. E non è sempre indispensabile fare riferimento a cose complesse, basterebbero almeno ‘due righe scritte bene’, su un foglio di carta bianca”. Per quanto sembri una cosa semplice, quasi scontata, i dati ci raccontano invece che in Italia fa testamento solo una piccolissima percentuale della popolazione, meno del 10% dei cittadini, contro il 50% dei nordeuropei, lasciando quindi decidere del proprio patrimonio allo Stato e al fisco.
figlio-disabile
Un semplice geste, come scrivere le proprie volontà su un foglio bianco, può garantire un futuro ai propri figli che vivono con difficoltà

La legge "Dopo di noi"

Eppure gli strumenti per tutelarsi ci sarebbero, dicevamo. In primis quelli previsti nella Legge cosiddetta 'Dopo di noi'. "La legge 112 del 2016 ha introdotto diversi strumenti giuridici fondamentali - sottolinea il consulente - il trust, il vincolo di destinazione e i fondi speciali con affidamento fiduciario che possono andare anche a favore delle associazioni. Devono essere sottoscritti tutti con atto pubblico, cioè dal notaio, e consentono di avere l’esenzione totale dall’imposta di successione e donazione”. Al di là dei 'paroloni' e dei termini legali quasi incomprensibili per chi 'non mastica il burocratese', andiamo a vedere, passo passo di cosa si tratta:
  • Il trust, prima tra le opportunità di creazione di uno strumento per garantire la qualità della vita dei parenti (in questo caso i figli) disabili in assenza dei propri familiari, consiste nell’affidare i propri beni a una persona di fiducia che li controllerà nell’interesse del futuro beneficiario per un fine meritevole. "Nessuno potrà più toccare un euro di quel patrimonio - spiega D’Alessandro - e posso decidere in vita tutto il percorso che faranno i miei beni quando non ci sarò più”.
  • Altra possibilità, ma più limitata, è quella del vincolo di destinazione che, però, riguarda solo i beni immobili e quelli mobili registrati, macchine, barche, navi e aerei. Non si può fare, insomma, vincolo di destinazione sul denaro.
  • Ultima possibilità: i fondi speciali con affidamento fiduciario. “A differenza del trust – precisa l'esperto - cambiano i nomi e qui abbiamo: l’affidante, l’affidatario, il controllore e il beneficiario, ma la sostanza è la stessa. Pensiamo ad esempio se ci fosse un imprenditore di una società di persone (ad esempio una società in nome collettivo) con figlio disabile. Se l’imprenditore dovesse morire, e non avesse per tempo tutelato il patrimonio del figlio disabile, essendo socio di una snc risponderebbe anche con il proprio patrimonio personale. Verrebbe pignorato tutto e il figlio rimarrebbe nei guai a livello finanziario e personale”.
Infine tra i vantaggi che porta l'utilizzo di simili strumenti giuridici c’è la possibilità di non disperdere il proprio patrimonio, lasciandolo, una volta scomparso anche il beneficiario diretto, ad enti o associazioni meritevoli che in vita si sono presi cura di lui. “È sicuramente consigliabile, dunque, affidarsi da subito a un consulente finanziario professionista – conclude D’Alessandro – per pianificare al meglio il futuro della famiglia con la massima tranquillità e serenità sia finanziaria sia successoria. Non fare nulla oggi è un grande errore. Qualcosa va fatto, per il bene del figlio disabile e - perché no? - anche per chi lo ha seguito accanto alla famiglia con amore e dedizione. Basta poco”.      
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