Cure palliative, le due Italie: al Sud pazienti più giovani e più gravi

Una ricerca della Fondazione Ant porta a galla le criticità e uno scenario a due facce in cui pesa lo squilibrio tra Settentrione e Meridione

di MAURIZIO COSTANZO -
6 maggio 2023
Dal rapporto Ant sulle cure palliative emergono due Italie

Dal rapporto Ant sulle cure palliative emergono due Italie

Lo squilibrio tra il Nord e il Sud dell'Italia pesa anche sulle cure palliative. È quanto emerge da una ricerca di Fondazione Ant sui propri dati, che porta a galla le criticità e fa affiorare un quadro non proprio roseo della situazione: nel Mezzogiorno i pazienti sono più giovani e più gravi "Trattamenti di fine vita per pazienti oncologici: differenze cliniche, geografiche e socioculturali". Si intitola così l'articolo scientifico che, firmato da Rita Ostan, Silvia Varani, Francesco Pannuti, Raffaella Pannuti (presidente di Fondazione Ant), Guido Biasco ed Eduardo Bruera e appena pubblicato sulla rivista Palliative & Supportive Care (Cambridge University Press), prova una volta di più l'esistenza in Italia di uno scenario a due facce.

Il rapporto Ant

Quello, ricostruito dall'indagine attraverso i dati delle attività assistenziali di Ant, che ci parla di molte differenze fra le aree centro-settentrionale e centro-meridionale del Paese, in termini di qualità delle prestazioni erogate, nell'ambito delle cure palliative per pazienti oncologici terminali.
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Una ricerca della Onlus sui propri dati porta a galla le criticità e uno scenario a due facce in cui pesa lo squilibrio tra Nord e Sud (Foto: Ant)

Ebbene, sullo sfondo di una branca del mondo assistenziale alla quale in Italia, loro malgrado, si accostano quasi 500mila pazienti ogni anno, la ricerca condotta su 1.721 pazienti oncologici (919 residenti nel Centro-Nord e 802 nel Centro-Sud) entrati in un programma di cure palliative domiciliari Ant nell’anno 2020 e deceduti entro il 31 agosto 2021 racconta di diverse criticità. Parte delle quali derivanti da un'effettiva copertura dei bisogni nazionali che arriva a stento al 19% degli aventi diritto.

Le diversità tra Nord e Sud

Dando conto poi di "rilevanti disomogeneità interregionali, soprattutto per quanto riguarda l’assistenza domiciliare" che iniziano dall'età e dalla gravità del degente nel momento dell'ingresso nel sistema delle "palliative care".
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Esiste uno squilibrio Nord/Sud nelle cure palliative (Foto: Ant)

I pazienti del Centro-Sud, infatti, risultano allo stesso tempo mediamente "più giovani" e "in uno stadio più avanzato della malattia rispetto al Centro-Nord". Perché gravati, già alla presa in carico da parte di Ant, da una maggiore frequenza di "sintomi quali astenia, nausea, cachessia, ansia, dispnea, delirium e alterazioni dell’alvo". Senza contare che "la sopravvivenza dei pazienti assistiti dalla Fondazione al Centro-Sud, a decorrere dal momento della presa in carico, è più breve rispetto al Centro-Nord".

Le due Italie

Questo a livello generale, mentre nel dettaglio l'analisi di associazione tra dati demografici, indice dell'avanzamento patologico, dei sintomi e delle terapie all’ingresso, e il numero di prestazioni cliniche fornite durante l’ultimo mese di vita, evidenzia diversi altri problemi. Sono proprio i pazienti più giovani, mediamente più numerosi in un'area centro-meridionale del Paese dove prendersene cura è più complicato, che, del resto, "sembrano necessitare di un’assistenza più intensa e complessa in fine vita". Tendendo a "manifestare un livello maggiore di sofferenza e di stress negli stadi avanzati di malattia" e rappresentando per giunta "un carico emotivamente più pesante, sia per la famiglia che per gli operatori sanitari".
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Lo squilibrio tra il nord e il sud dell’Italia pesa anche sulle cure palliative

Senza contare (occorre puntualizzarlo senza falsi pudori, per amore di verità) che anche i costi economici di decorsi oncologici lunghi e tempestosi risultano molto alti per Ant e per quel Ssn che finanzia in convenzione alcuni degli sforzi assistenziali a domicilio profusi da quest'ultima.

Il rapporto sulla sanità: sei regioni del Sud in area critica

Sono sei, e tutte del Sud, "le regioni in area critica" per quello che riguarda le performance dei servizi sanitari regionali: Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna. Mentre i cittadini che beneficiano dei migliori livelli di tutela della salute sono quelli che vivono a Trento, Toscana e Bolzano. Ma "la distanza tende a ridursi, proporzionalmente al progressivo superamento delle condizioni di ritardo delle regioni in Piano di rientro". Ad aggiornare la fotografia è stato, l’estate scorsa, il rapporto Crea Sanità, dell'Università di Tor Vergata di Roma. Il rapporto "La misura della Performance dei SSR - spiega Federico Spandonaro, coordinatore del Crea Sanità - si pone l'obiettivo di fornire una valutazione delle opportunità di tutela della salute di cui i cittadini dispongono in funzione della loro residenza". Il divario Nord-Sud nel Servizio sanitario si rispecchia nella misurazione delle performance regionali, ovvero indicatori espressi in percentuali e costituiti da cinque aspetti: appropriatezza dell'assistenza, esiti delle cure, equità di accesso, innovazione e situazione finanziaria.
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Sono sei, e tutte del Sud, "le regioni in area critica" per quello che riguarda le performance dei servizi sanitari regionali: Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna (Foto: Ansa)

In particolare, si legge, "in area critica si trovano Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna, con valori di performance che arrivano fino al 31%". Trento, Toscana e Bolzano "offrono un livello di opportunità significativamente superiore alle altre (performance tra 63% e 70%)" si legge ancora. Altre 6 regioni, ovvero Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Umbria, Veneto e Piemonte, sono sempre parte dell'area dell'eccellenza e con una performance tra 57% e 61%. Infine, sei regioni, ovvero Liguria, Valle d'Aosta, Marche, Lazio, Abruzzo e Molise, "rimangono in una posizione intermedia con livelli abbastanza omogenei, compresi nel range 44-52%. Il rapporto, conclude Spandonaro, mostra che per superare il gap la chiave di volta è puntare sull'innovazione organizzativa".