Justin Welby si dimette. L’Arcivescovo di Canterbury non denunciò abusi sessuali

Accusato da un report indipendente, ha chiesto perdono per non aver tutelato adeguatamente i fedeli

di MARCO PILI
13 novembre 2024
Justin Welby, il dimissionario Arcivescovo di Canterbury (ANSA)

Justin Welby, il dimissionario Arcivescovo di Canterbury (ANSA)

La Chiesa è stata scossa, ancora una volta, da uno scandalo relativo ad abusi sessuali sui minori. Un terremoto che, stavolta, ha colpito direttamente il vertice della Chiesa anglicana, l’Arcivescovo di Canterbury. In seguito ad un report indipendente, pubblicato nel Regno Unito nei giorni scorsi e commissionato dalla stessa Chiesa anglicana, Justin Welby ha deciso di rassegnare le sue dimissioni, pur non avendo commesso direttamente i fatti.

Come riportato da Vatican News, la massima autorità della confessione d’oltremanica non avrebbe denunciato alla polizia circa 130 abusi sessuali su minori, perpetrati da un amico avvocato nel corso di numerosi campi estivi spirituali. Un fatto che, per quanto atroce, non avrebbe comunque convinto Welby – per oltre quarant’anni – a rivelare alle autorità competenti le informazioni in suo possesso. Dichiarazioni che, senza la pubblicazione dello scandalo e la morte dell’abusatore, sarebbero state difficilmente proferite.

A commettere gli atti, secondo il report, sarebbe stato l’amico e dirigente della Chiesa anglicana John Jackson Smyth, avvocato di professione che, nel lontano 1982, abusò di decine di minori presso gli Iwerne Camps. Questi campi estivi per fedeli evangelici, fondati nel 1930, sono stati chiusi nel 2020 dopo che, a partire dal 2018, lo scandalo che ha recentemente portato alle dimissioni di Welby ha iniziato a prendere forma.

Gli abusi sessuali: una piaga delle confessioni religiose

Il caso che ha portato alle dimissioni di Welby è solo una goccia nell’oceano di denunce che le diverse confessioni religiose hanno dovuto affrontare in tempi più o meno recenti, e che testimoniano quanto il problema degli abusi su minori sia diffuso all’interno delle gerarchie ecclesiastiche a matrice cristiana. Siano essi protestanti, anglicani, cattolici o ortodossi, i gruppi dirigenti di queste confessioni hanno dimostrato a più riprese di non aver ancora adottato misure adeguate e azioni concrete contro coloro che si macchiano di gravi abusi. Una tendenza, come dimostrato dall’Arcivescovo di Canterbury, che deve essere invertita ad ogni livello amministrativo e religioso.

L’appello del Pontefice

Dopo le notizie provenienti dal Regno Unito, Papa Francesco ha subito rivolto un appello nel quale ha richiesto al più presto l’introduzione di nuovi programmi di protezione maggiormente efficaci e un’attenzione rinnovata nei confronti delle vittime di abusi: “Spero che i vostri sforzi per stabilire una rete di persone e buone pratiche possano fornire una piattaforma tanto necessaria per condividere conoscenze, sostenersi a vicenda, e per garantire che i programmi di protezione siano efficaci e sostenibili. In particolare, incoraggio le iniziative intraprese per offrire conforto e assistenza a coloro che hanno sofferto, come segno della preoccupazione della Chiesa per la giustizia, la guarigione e la riconciliazione”.

Un appello che non può che essere condiviso, nella speranza che la Chiesa e le istituzioni religiose esprimano un profondo Mea culpa. Una profonda ammissione di responsabilità potrebbe finalmente aprire ad un’amplificata trasparenza che, solo ultimamente, sta permettendo a numerose vittime di abusi di denunciare le molestie subite in quelli che le Chiese descrivono come luoghi spiritualmente e fisicamente sicuri.