La moda contro i pregiudizi. Hind Lafram è una stilista italomarocchina le cui collezioni costituiscono un messaggio contro le discriminazioni e le oppressioni imposte dalla società alle donne, indipendentemente dal fatto che siano musulmane, atee, cattoliche o altro. Hind ha partecipato all’incontro nell’ambito della giornata Talenti per una società inclusiva, promosso dall’Istituto Sangalliche si è svolto il 30 maggio a Firenze presso l’Auditorium dell’Innovation Center di Fondazione CR Firenze, a chiusura del triennio di Formare per conoscere, conoscere per convivere. Religioni e cittadinanza’, nell’intento di riflettere non su una minoranza ma su più minoranze. Con lei Ahmed Abdullahi Abdullahi (consigliere comunale di Torino), Hamdan Al-Zeqri (mediatore interculturale e insegnante di lingua araba), Costanza Pagliai (Sorelle Apostole della Consolata), Filippo Tedeschi (assistente del rabbino-capo di Firenze) Alberto Tomberli (atleta non vedente di triathlon). L’abbiamo intervistata per Luce! Da dove nasce la sua decisione di diventare stilista?
"Da un bisogno personale, all’inizio. Quando ho deciso di indossare il velo all’età di 12 anni ho sentito l’esigenza di un abbigliamento che coniugasse il mio essere italiana con il mio essere musulmana. Non trovandolo in giro e amando la moda ho deciso di crearmelo da sola. Facendo questo mi sono resa conto che questa esigenza non è solo mia ma è di tutte le ragazze musulmane nate e cresciute in Italia che si sentono italiane e allo steso tempo musulmane, e non vogliono tralasciare nessuna delle due parti. Quindi ho creato una moda che soddisfacesse queste esigenze, e, facendolo, ho anche sfatato tanti pregiudizi che ci sono intorno alle donne musulmane, tra cui quello che è obbligata ad indossare il velo e non che decida da sola di farlo". Ha mia vissuto o assistito a episodi di discriminazione contro le musulmane o i musulmani in genere?
"Certo, è una cosa con cui ormai conviviamo. E’ la normalità purtroppo. Dobbiamo dire che diminuisce per fortuna nel tempo, ma molto lentamente. Si va dagli sguardi, alle parole, alle azioni anche violente. Gli sguardi sono cosa di tutti i giorni: si va dalla curiosità, alla compassione, perché dall’altra parte pensano che tu sia obbligata ad esempio ad indossare il velo, e le persone provano pietà verso di te. Qualsiasi comportamento sbagliato di una persona viene poi associato all’intera comunità o religione e non al singolo che la commette, per cui se un musulmano, ad esempio, attraversa col rosso perché la strada è vuota, cosa che fanno tutti del resto, nel suo caso diventa l’occasione per dire che questo capita perché ‘loro sono fatti così, non rispettano le regole, etc'. Mia sorella è stata addirittura aggredita da una ragazza sul tram, perché si era scostata mentre lei passava col cane, e il suo gesto è stato interpretato come un’offesa, tanto che le è stato urlato 'voi musulmani avete paura dei cani ma non avete paura di farvi esplodere'. E come se non bastasse, questa ragazza le ha anche sbattuto la testa cercando di toglierle il velo. Episodi così, e anche più gravi, capitano tutti i giorni, Alcune volte si denunciano altre no, perché si tende a tacere, anche per evitare ulteriori problemi. Invece io penso che è sbagliato, anche perché parlare può aiutare altre ragazze a non vivere queste situazioni". Per molti italiani e occidentali, il velo, ed in generale le regole islamiche di comportamento sono un limite alla libertà ed una violazione dei diritti umani, lei cosa risponde a proposito? "Chi conosce veramente la religione islamica, sa che è l’ unica religione che dà diritti alle persone, e alle donne soprattutto. Parlo ovviamente della vera religione islamica, non quella che viene interpretata dalle persone per strada, ma quello che è il vero messaggio dell’Islam. L’Islam è più protettivo verso le donne per quanto riguarda i diritti. Basto pensare che centinaia di anni fa, il profeta Maometto ha sposato una donna lavoratrice che era il suo capo, un’ imprenditrice, più grande di lui d’età. Poi una donna divorziata. Ha dato dunque esempi che erano all’avanguardia per quei tempi. Del resto ancora oggi in molte religioni, cattolicesimo compreso, il divorzio è osteggiato e le donne che divorziano sono viste come delle poco di buono. Nell’Islam invece le donne hanno da sempre il diritto di eredità, il diritto di voto, e hanno conseguito tantissimi altri diritti prima ancora di qualsiasi altra cultura. L’Islam quando è arrivato ha elevato la posizione delle donne e le ha protette. Basti pensare che in molte culture le bambine appena nate venivano addirittura soppresse perché era un segno di vergogna. L’Islam ha posto fine a tutto questo. E del resto la donna è la vita". Cos’è la moda per lei?
"La moda per me è tanto. Innanzitutto è la mia passione. Poi la moda accomuna le persone indirettamente perché in ogni periodo storico, anche se non se ne rendono conto, tendono a vestirsi alla stessa maniera, o in maniera simile l’uno dall’altro. La moda è espressione, è cultura. E’ anche comunicazione: attraverso la moda si può comunicare qualsiasi cosa, si può cambiare la mentalità delle persone, si possono sfatare i pregiudizi, si può migliorare la società. Ad esempio, un tempo le donne erano costrette ad indossare abiti scomodi, stretti, per nulla confortevoli, per dimostrare di essere appartenenti ad una certa società. Poi è arrivata una stilista, Chanel, e con le sue creazioni ha cambiato le regole del gioco, unendo lo stile alla praticità. Il modo di vestire è sempre espressione della cultura di una società. Si pensi alla lunghezza dei vestiti, che ancora oggi condiziona il giudizio sociale sulle donne. Le donne musulmane sono ‘oppresse’ perché si vestono troppo e con abiti troppo lunghi. Però allo stesso tempo se una donna va in topless è una poco di buono. La società critica sempre il modo di vestire delle donne, e attraverso la moda le relega in un ruolo. Qualche settimana fa era stato in Francia una sentenza aveva dato il via libera al burkini in spiaggia e in piscina, ad esempio. Ma subito la decisione è stata contestata. Insomma. c’è sempre qualcuno che vuole decidere al posto delle donne, su cosa devono indossare e cosa no. Come è evidente quindi non è la religione che opprime la donna, ma la società. E in alcuni Paesi è lo Stato. La moda da questo punto di vista può essere uno strumento tanto di oppressione quanto di liberazione, a seconda di come la si usi. Da dove prende ispirazione per le sue creazioni? "Da tantissime cose: dai viaggi, dalle culture che incrocio, dal cibo… da tutto. Un profumo può ricordami un posto e quel posto delle forme e così via". Chi sono le sue clienti ideali?
"Non ho delle clienti ideali, la mia collezione non è solo per donne musulmane: è stata creata per loro tuttavia il mio stile non è esclusivo, ma inclusivo e vuole rivolgersi a tutte le donne che amano quella tipologia di abbigliamento o quella collezione. Tutte le donne sono le mie clienti ideali. Nella mia collezione ho delle proposte sia da giorno che da sera che da sport perché le donne ne hanno bisogno e per comunicare che anche le musulmane sono donne come tutte, eleganti nei momenti di festa ma anche informali nella vita di tutti i giorni. E fanno anche sport . Nella mia collezione ci sono proposte per il nuoto, l’equitazione, e altro ancora". Parliamo del burkini che fa sempre molto discutere. Qual è la sua proposta? "Il mio burkini è un costume per nuotare tutto fatto con tessuti italiani, come il resto della mia collezione. Il tessuto del burkini che è un tessuto tecnico che si asciuga subito, non assorbe l’acqua e quindi non diventa pesante, protegge anche dai raggi uv. I miei Burkini non vengono indossati solo da donne musulmane ma anche da donne che hanno problemi di pelle, che non possono esporsi al sole. Del resto ho fatto veli e turbanti per donne che erano in cicli di chemioterapia e dunque volevano indossare copricapo eleganti per sentirsi a loro agio nel momento in cui la chemio fa perdere capelli. Il mio lavoro è trasversale". Progetti per il futuro? "Tanti. La pandemia per molte cose è stata un freno, ma è stata anche l’occasione di progettare e riprogettare tante cose, tanti progetti per il futuro, per quando si fosse ripreso il tutto. Ora che sembra tutto stia riprendendo spero davvero di portare avanti alcuni progetti cui tengo molto ma che preferisco non svelare, perché penso che bisogna agire prima e poi parlare e non viceversa