È un argomento che fa discutere. In tutti i sensi, sia perché il parlare è alla base di questa pratica sia perché, ancora oggi, rivolgersi ad uno specialista di salute mentale è qualcosa su cui aleggiano i rumors del pregiudizio e del biasimo. Fino a poche settimane fa, però, tutti e tutte a scagliarsi contro i politici 'rei' di non aver inserito il bonus psicologico in manovra di bilancio, salvo poi tirare un sospiro di sollievo quando i fondi - ben pochi in realtà - si sono trovati. Ma il tabù rimane. Inutile nasconderlo. E allora diventa importane abbattere quel muro, disperdere quell'alone di 'meglio non dirlo' che rende l'argomento qualcosa di scomodo da raccontare. Per fortuna ci sono persone che decidono di sfruttare la loro visibilità mediatica per provare a fare chiarezza su questo tema, mettendoci la faccia, in prima persona, svelando segreti che poi potrebbero ritorcersi loro contro ma che servono ad un fine più ampio, quello della sensibilizzazione.
Sangiovanni: "Chieder aiuto non è una debolezza, è una forza"
Classico completo nero, camicia bianca, cravatta sottile nera, ma look un po' diverso dal solito, con i capelli cortissimi invece del solito taglio medio lungo con cui eravamo abituati a vederlo. Il cantante e rapper Sangiovanni, mercoledì 13 aprile, è stato ospite della puntata in prima serata de Le Iene. Il 19enne, all'anagrafe, reduce dal quinto posto al Festival di Sanremo con la sua Farfalle, ha ammesso che persino per un giovane talentuoso come lui, vincitore nella sezione cantanti del talent Amici nel 2021, ha avuto momenti di difficoltà per cui ha scelto di andare in terapia. E dal centro del palco ha ribadito l'importanza di non vergognarsi nel farlo, di essere sereni nell'ammettere in primis a se stessi la necessità di chiedere aiuto, per scoprire che dall'altra parte c'è sempre qualcuno disposto a dartelo. La vera debolezza è non riconoscere questo bisogno, mentre fare di tutto per risolvere il problema, per cacciare i propri demoni interiori, quello è un segno di forza.Il monologo
"Ho iniziato a fare musica perché nessuno voleva ascoltarmi, parlavo e nessuno capiva. Forse mi spiegavo male io. Ho iniziato a mettere in musica i miei pensieri. È stata la mia prima terapia. Finalmente avevo qualcuno con cui dialogare, una voce che mi chiamava nel cuore della notte, che mi faceva battere il cuore, un orecchio a cui confidare ansie, problemi e paranoie. E improvvisamente svaniva. Ho chiesto aiuto alla musica e lei mi ha teso una mano. Mi ha permesso di volare. Poi è arrivato il successo, è stato tutto enorme, anche le aspettative. Ansie, problemi, paranoie che la musica faceva svanire sono tornati. La soluzione era diventata il problema e mi è crollato tutto addosso. Mi ha fatto cadere. E un'altra volta ho dovuto chiedere aiuto e cercare qualcuno che mi tendesse una mano. Sono andato in terapia, ho pagato qualcuno per ascoltarmi. Non una madre, un padre o una fidanzata, ma qualcuno a cui puoi dire tutto senza il rischio di ferirlo. E non ti giudica. E sta lì per aiutarti a stare bene. Raccontarsi non è facile, può essere doloroso, ma la terapia è come la palestra: devi farla spesso, sentire la fatica, il sudore, i muscoli indolenziti. Sono sceso sul mio fondo e ho accettato la sofferenza che mi ci ha portato. E anche se sono un privilegiato, se sono fortunato, se faccio ciò che mi piace, so che ci saranno comunque momenti in cui soffrirò. Ho solo smesso di vergognarmi, perché ho capito che in ogni forma di dolore c'è sempre una forma di dignità. A volte mi sento forte, molte più volte non mi sento in grado, ma quando succede ho imparato che posso chiedere aiuto e che qualcuno mi tenderà una mano. Chieder aiuto non è una debolezza, è una forza. Fatelo per tornare a volare".
Una confessione a cuore aperto di ciò che, anche alle persone privilegiate, come il
rapper Sangiovanni ammette di essere, può capitare di vivere. In passato infatti il 19enne ha dichiarato di avere sofferto per tanti anni di ansia e di essere stato vittima di episodi di bullismo da parte dei compagni di classe e dei professori. La difficoltà di esprimersi, di trovare ascolto dall'altra parte, per un adolescente può diventare un peso terribile da sopportare. La musica può essere la soluzione, come lo è stata per il vicentino, ma non tutti sono così fortunati da trovare il proprio canale espressivo, di sfogo. Figuriamoci in pandemia, e lo sanno bene tutti i giovani di oggi, quando gli unici contatti sono quelli attraverso uno schermo o con i propri familiari. Figuriamoci - anche - quando appena maggiorenne il successo ti travolge come un'onda, sballottandoti da una parte all'altra tra concerti, tour, presentazioni, spettacoli, televisione e così via. Per il cantante, che nonostante il nome d'arte non è affatto un santo (e proprio da questo deriva la scelta, dal fatto che sua madre gli diceva che non aveva "la faccia di un santo"), la musica è sempre stata un rifugio sicuro; poi ci si è messa di mezzo la fama, la popolarità e tutto il corredo di ansie, problemi e paranoie si è ripresentato, moltiplicato. "La soluzione era diventata il problema". Per questo ha scelto di chiedere aiuto, senza vergogna. Per questo invita tutti e tutte a farlo nel momento del bisogno, per "tornare a volare" proprio come quelle Farfalle di cui canta Sangiovanni.