Nel 1963 Valentina Tereshkova fu la prima astronauta a effettuare una missione nello spazio. Aprì una strada affascinante ma non battuta: da allora solo un'astronauta su dieci è stata o è donna. Ma se quello dell’esplorazione dell’universo è tuttora un mondo molto maschile, di certo è totalmente, anzi esclusivamente, “normodotato”. Fatte salve iniziative dell’industria privata - dal volo di Stephen Hawking su un aereo a gravità zero nel 2007 alla missione del Falcon 9 di SpaceX del visionario Elon Musk, cui parteciperà Hayley Arceneaux, prima astronauta guarita dal cancro e con un arto artificiale - nessun programma spaziale governativo ha mai pensato di aprire ai portatori di disabilità. Finora. Il 2021, infatti, potrebbe segnare una svolta storica, una svolta che parte dall’Europa: undici anni dopo l’ultima campagna di reclutamento, l’Esa - l’Agenzia spaziale europea - ha pubblicato un nuovo bando (in scadenza il 28 maggio) per assumere dai quattro ai sei astronauti e da dieci a venti riserve, aprendo espressamente la selezione ai disabili (e strizzando l’occhio alle donne).