Più flessibilità, zero relazioni umane: lo smart working, oggetto del desiderio che va pensato meglio

In Italia nel 2020 erano 6 milioni quelli che ne usufruivano, oggi sono 3,5: lo smart working continua a essere una richiesta prioritaria per molti lavoratori, disposti persino a cambiare impiego pur di mantenerlo. La sfida è trovare un equilibrio tra flessibilità, produttività e socialità

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
7 aprile 2025
Lo smart working è una modalità che piace soprattutto ai giovani

Lo smart working è una modalità che piace soprattutto ai giovani

Da poco meno di un anno, il diritto a lavorare da casa è terminato. Eppure, lo smart working resta ben saldo nei nostri cuori e nelle nostre menti, come a ricordarci che esiste un modo diverso di lavorare. Non necessariamente migliore, ma sicuramente alternativo. A confermarlo sono i numeri: nel 2020, in piena emergenza sanitaria, 6 milioni di lavoratori hanno sperimentato questa modalità; nel 2021 il numero è sceso a 4 milioni, per poi stabilizzarsi intorno ai 3,5 milioni negli anni successivi.

Smartworker appassionati

Il vero dato interessante, però, non è solo il numero di smart worker, ma il loro attaccamento a questa forma di lavoro. Se le aziende provassero a eliminarlo, tre lavoratori su quattro si opporrebbero e addirittura un terzo sarebbe disposto a cambiare occupazione pur di mantenere la possibilità di lavorare da remoto. Non solo: l’unica condizione che potrebbe convincerli a rinunciare allo smart working sarebbe un aumento di stipendio del 20%. Questa dinamica riguarda in particolar modo i giovani, sempre meno disposti a trascorrere le giornate dietro una scrivania, in ufficio, dalle 9 alle 18 per cinque giorni a settimana. Non a caso, tra le domande più frequenti in fase di colloquio, non c’è più solo quella sul salario, ma anche quella sul numero di giorni di smart working concessi.

Smart working, luci e ombre

Questa tendenza riflette un cambiamento sociale profondo: le persone sono sempre più inclini a recuperare i propri spazi vitali, a mettere da parte la corsa sfrenata all’affermazione professionale in favore di un equilibrio tra vita privata e lavoro. Ma questo nuovo paradigma ha anche un costo e non solo economico. Dal punto di vista ambientale, lo smart working può essere un'arma a doppio taglio. Se è vero che riduce gli spostamenti e, di conseguenza, l’inquinamento legato ai trasporti, è altrettanto vero che decentralizza i consumi energetici. Gli uffici, infatti, permettono una razionalizzazione delle risorse: il riscaldamento, il condizionamento, l’illuminazione e gli strumenti tecnologici sono condivisi tra più persone. Lavorare da casa significa invece moltiplicare i consumi, con un impatto ambientale che non può essere ignorato.

Occorre trovare un equilibrio

Per conciliare le nuove esigenze con quelle del Pianeta, è necessario trovare un equilibrio. Aziende e lavoratori potrebbero intraprendere scelte concrete per massimizzare i benefici ecologici dello smart working, ad esempio utilizzando dispositivi a basso consumo energetico, optando per forniture elettriche da fonti rinnovabili e riducendo gli sprechi domestici.

Una cosa è certa: tornare indietro non sarà facile, né indolore. Per molti, lo smart working ha rappresentato una vera e propria salvezza, se non addirittura l’unico modo per conciliare lavoro e vita privata. Tuttavia, il rischio di un crescente individualismo è reale: meno interazioni spontanee, meno condivisione, meno relazioni autentiche. Un tempo, i luoghi di lavoro erano anche spazi di socializzazione, in cui si creavano legami e si costruiva un senso di comunità. Oggi, quel "noi" che rappresentava un pilastro della società sembra essersi trasformato in un "di più" di cui, spesso, si fa volentieri a meno. Come sempre, la soluzione potrebbe risiedere nel giusto mezzo: un modello ibrido, capace di garantire flessibilità senza rinunciare del tutto alla dimensione collettiva. La sfida è aperta e sta alle aziende e alle istituzioni pubbliche dimostrarsi all’altezza di un cambiamento che, comunque vada, lascerà il segno.