Nel quadro dei (controversi) cambiamenti ai protocolli di moderazione dei contenuti di Meta annunciati dal Ceo Mark Zuckerberg, il colosso di social media ha aggiornato i suoi standard per consentire esplicitamente agli utenti di definire le persone Lgbtq+ come “malate di mente”.
Nella policy sui contenuti d'odio vengono infatti definite una serie di “caratteristiche protette” che includono “razza, etnia, origine nazionale, disabilità, affiliazione religiosa, casta, orientamento sessuale, sesso, identità di genere e malattie gravi”; la precedente direttiva vietava agli utenti di Facebook o Instagram di pubblicare contenuti che “prendessero di mira” una persona basandosi su una di queste, ad esempio definendola “malata di mente”, “ritardata” o “pazza”.
Ma dopo le modifiche, la regola aggiornata prevede una nuova eccezione: “Consentiamo accuse di malattia mentale o anormalità quando basate sul genere o sull'orientamento sessuale, in considerazione del discorso politico e religioso su transgenderismo e omosessualità e dell'uso comune non serio di termini come ‘strano’”. No, non è uno scherzo di cattivo gusto, provare – anzi meglio di no a meno che non siate persone razziste o omofobe – per credere.
La nuova politica: basta fact checkingo o controlli
Zuckerberg ha annunciato le modifiche alle politiche aziendali – che includono anche l'abbandono del programma di fact-checking di terze parti – in un video pubblicato su Instagram il 7 gennaio, affermando: “È il momento di tornare alle nostre radici sulla libera espressione su Facebook e Instagram”. Nella clip il Ceo di Meta ha dichiarato che la decisione controversa fa parte di uno sforzo “per semplificare le nostre politiche sui contenuti” ed eliminare “restrizioni su argomenti come l'immigrazione e il genere, che sono semplicemente fuori sintonia con il discorso comune”.
“Quello che è iniziato come un movimento per essere più inclusivi è stato sempre usato perlopiù per bloccare opinioni e isolare persone con idee diverse, e si è andati troppo oltre – ha aggiunto –. Voglio assicurarmi che le persone possano condividere le loro opinioni e le loro esperienze sulla nostra piattaforma”.
Dopo aver annunciato che Meta non avrebbe utilizzato più i fact-checker sulle sue piattaforme, Zuckerberg ha dichiarato che a partire da oggi la società si sbarazzerà quindi anche dei i suoi programmi per la diversità, equità e inclusione. Stando ad una nota interna, di cui i media americani hanno preso visione, Meta riconosce che “il panorama giuridico e politico per gli sforzi in materia di diversità, equità e inclusione negli Stati Uniti sta cambiando” e che alcuni programmi, tra cui il 'Diverse Slate Approach', non sono più "attuali".
I dipendenti: “Imbarazzo e insoddisfazione”
Secondo un rapporto di 404 Media, molti dipendenti di Meta sono furiosi per il repentino cambiamento di policy voluto dall’imprenditore. “Al momento regna il caos totale all'interno di Meta” ha detto un dipendente. “Descriverei l'umore come scioccato e incredulo... È un misto di imbarazzo e vergogna che sembra auto-inflitto, diverso dagli errori commessi dall'azienda in passato”. E un altro: “È ovvio che i dipendenti che si identificano come parte della comunità LGBTQ+ siano particolarmente insoddisfatti e si sentano i meno supportati in questa situazione” tanto che “un ristretto numero di persone si sta prendendo del tempo libero e sta valutando di lasciare l’azienda a causa di questa nuova politica”.
La mancanza di diversità razziale e di genere nella Silicon Valley è oggetto di discussione da tempo negli Stati Uniti. Secondo l'ultimo rapporto, grazie ai programmi sulla diversità Meta ha raddoppiato il numero di dipendenti neri e ispanici negli Usa, rispettivamente dal 3,8% e 5,2% al 4,9% e 6,7%. L'azienda guidata da Zuckerberg, tuttavia, è solo l'ultima di una serie che ha deciso di eliminare le sue politiche per la tutela delle minoranze dopo McDonald's, Walmart, Ford e Lowe's.