Il 54% degli italiani pensa che il linguaggio inclusivo sia solo una moda. Il 60%, inoltre, si dichiara stanco del politicamente corretto. Sono questi i dati, diffusi da SWG in collaborazione con Valore D, che testimoniano quanto sia bassa, nel nostro paese, l’attenzione per una maggiore inclusione sociale.
Il progetto, rilanciato dall’associazione Valore D e confluito nella realizzazione del libro “Non solo parole”, risponde alla necessità di riportare l’attenzione su un tema, quello delle variazioni nel linguaggio, ancora oggi eccessivamente in disparte nella scala delle priorità della popolazione.
La pubblicazione, realizzata in occasione dei 15 anni del gruppo, è diventata un libro grazie al sostegno di Feltrinelli Education, e verrà presentata al Salone internazionale del libro di Torino domenica 12 maggio. Attraverso 15 immagini realizzate dagli artisti di Yoonik, il volume analizza le principali parole che sono o che dovranno diventare al più presto importanti per vivere all’interno di una società più inclusiva.
Queste parole, osservate nel loro complesso, consentono di superare stereotipi e pregiudizi caratterizzanti il contesto di vita quotidiana di tutti noi, alimentando ragionamenti e discussioni favorite dalle illustrazioni presenti nelle pagine del testo. Un corretto utilizzo della terminologia, infatti, è fondamentale per non creare equivoci o, peggio, offendere gli interlocutori e le interlocutrici.
Il sondaggio: “Opinioni e atteggiamenti verso un linguaggio più inclusivo”
Il volume, però, non si fonda solo su una comune percezione relativa alla scarsa attenzione che le persone nutrono nei confronti di questa tematica, ma sui dati raccolti durante l’indagine condotta da Osservatorio D, branca di ricerca di Valore D, e la nota azienda di sondaggistica SWG.
Il linguaggio, se usato in modo improprio, può ferire. Questo dato di fatto, però, non sembra essere diffuso tra le persone intervistate durante la realizzazione della ricerca. Solo il 56% riconosce l’importanza insita nella scelta delle parole da utilizzare durante una conversazione, mentre il 17% considera l’uso di una terminologia appropriata un fattore che non consente di esprimersi al meglio.
Allo stesso tempo, il 70% pensa che l’integrità della lingua vada difesa dalle troppe storpiature odierne e dal politicamente corretto, inviso al 60% degli intervistati. Questi dati confermano a pieno altri dati emersi nel corso del sondaggio. Infatti, solo il 31% degli intervistati (meno di una persona su tre) ritiene che all’implementazione di un linguaggio sempre più inclusivo stia corrispondendo un effettivo radicamento della sensibilità nella cultura popolare. Il volume, dunque, pone l’obiettivo di rinnovare l’attenzione su queste tematiche, aiutando i lettori e le lettrici ad aumentare la propria consapevolezza in merito.
“Le parole che usiamo sono molto più che semplici strumenti per comunicare. Esse possiedono un potere intrinseco di rappresentare e influenzare la realtà che ci circonda, modellando il nostro modo di pensare, agire e percepire il mondo. Le parole servono a dare un nome a concetti, idee e oggetti, a categorizzare le nostre esperienze, costruire narrazioni e dare senso alla realtà che ci circonda, ma hanno anche il potere di influenzare la realtà”, spiega Barbara Falcomer, direttrice generale di Valore D.
“Le parole che scegliamo possono motivare o demotivare, ispirare o scoraggiare, unire o dividere, possono essere usate per costruire ponti di comprensione o per erigere muri di divisione. Con “Non solo parole” come associazione vorremmo contribuire a una migliore conoscenza delle parole che raccontano le diversità e l’inclusione e a una maggiore consapevolezza nel modo in cui si usano, in ogni ambito e contesto, partendo da noi, per fare un passo avanti come società”.