Progetto Pass Toscana: “La disabilità non scompare al compimento dei 18 anni”

La testimonianza di mamma Cinzia con l’Ospedale di Prato: “Ho due figli disabili al 100%. Famiglie come la mia hanno bisogno di priorità”

di CATERINA CECCUTI -
24 febbraio 2024
Il progetto Pass garantisce cure e servizi sanitari a chi vive con disabilità gravi

Il progetto Pass garantisce cure e servizi sanitari a chi vive con disabilità gravi

Cinzia e il suo sguardo dolce. Cinzia e i suoi lunghi capelli biondi, gli occhi grandi, le braccia esili e la voce gentile. Cinzia e i suoi due ragazzi, Letizia di 24 anni e Leonardo di 22, entrambi affetti da una patologia rara, neuro degenerativa, sconosciuta.

Ha 54 anni ed è sola, Cinzia, ma non ha paura. C’è stato però un momento in cui la luce sembrava davvero essersi spenta completamente: è successo quando i suoi ragazzi hanno compiuto la maggiore età e l’ospedale pediatrico che fino a quel momento li aveva seguiti con attenzione, le ha comunicato che da quel punto in poi non avrebbe più potuto farlo.

“Quando anche mio figlio minore è diventato maggiorenne ho ricevuto una doccia fredda. Fino ad allora, essendo residenti a Prato, eravamo stati presi in carico dalla Clinica del bambino complesso dell’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze, un’eccellenza del territorio regionale. Il follow up riguarda tutti i punti di vista e coinvolge tutti i medici, dal dentista al neurologo, dall’otorino al gastroenterologo. La cosa ha funzionato molto bene fino a che i miei ragazzi sono stati minorenni”.

Cinzia e i suoi due figli
Cinzia e i suoi due figli

Cosa cambia con la maggiore età

Al compimento del diciottesimo anno di Leonardo, viene contattata dalla nutrizionista dell’ospedale, che la tranquillizza sul fatto che il passaggio all’ospedale per adulti del territorio di residenza sarebbe stato graduale e che presto sarebbe stata chiamata dalla nutrizionista di Prato e dal distretto degli ausili del centro. “Questo però non è successo – conferma Cinzia amareggiata –. E alla fine mi sono dovuta informare da sola. Dal distretto di Prato sono stata chiamata solo per la sostituzione della macchinetta erogatrice del latte. Ho dovuto contattare per conto mio il nutrizionista, prendermi l’onere di informarlo sulle condizioni di salute di mio figlio e sulle sue problematiche, che sono moltissime, perché i miei figli sono entrambi invalidi al 100%”.

Insomma, il passaggio soft che le era stato preannunciato in realtà non c’è stato; e anche nel caso della primogenita Letizia sono stati troncati di punto in bianco tutti gli esami e gli interventi di follow up al compimento della maggiore età del fratello.

“Una cosa assurda – commenta Cinzia – perché, anche se maggiorenni, i ragazzi con patologie gravi come quelle dei miei figli rimangono bambini, sia dal punto di vista del peso corporeo che delle condizioni cliniche. Alla fine, senza indicazioni né aiuti, sono riuscita a contattare solo il nutrizionista. Ero rimasta però scoperta di un medico epilettologo e di un endocrinologo. Dopo molte difficoltà sono riuscita a rivolgermi ad una dottoressa del distretto, facendo fare una richiesta attraverso il medico di base e andando al Cup, cioè seguendo lo stesso identico percorso che devono fare le persone prive di disabilità. Ma ragazzi come i miei hanno bisogno di priorità”.

Il Progetto Pass

Nel novembre del 2022 Letizia si ammala di una brutta polmonite e viene ricoverata in rianimazione all’ospedale di Prato. In quell’occasione “Incontrai delle infermiere del reparto di Pediatria già conosciute in passato che, conoscendo bene la mia situazione, mi informarono dell’esistenza del Progetto Pass, ossia un percorso di follow up con priorità dedicato a persone con disabilità grave di vario genere”.

Per capire bene di cosa stiamo parlando, abbiamo incontrato due figure di riferimento fondamentali per il Progetto Pass Prato. La prima è il dottor Dante Mondanelli medico di direzione sanitaria e cardiologo, coordinatore del progetto per il S.Stefano.

Gli step del progetto Pass
Gli step del progetto Pass

L’intervista agli esperti

Dottor Mondanelli, quando è nato il progetto e in cosa consiste?

“Il programma è stato avviato in Regione Toscana nel 2017, con la collaborazione dei coordinamenti per la disabilità, ed è attivo in diversi ospedali della nostra regione. Lo scopo è quello di assicurare l’accesso alle cure alle persone con disabilità visive, cognitive, fisiche e sensoriali. A renderlo possibile è stata la costituzione di un nucleo stabile di professionisti della struttura ospedaliera, che hanno effettuato il corso formativo specifico previsto dalla regione. In pratica una vera e propria equipe multidisciplinare con al centro la figura del ‘facilitatore’, un infermiere che connette i vari professionisti e si interfaccia con i caregiver”.

Qual è il target?

“Sono principalmente pazienti non in grado di collaborare all’approccio di cura, e che hanno necessità di accedere in ospedale per effettuare una prestazione sanitaria. Per questi pazienti la ‘presa in carico’ avviene prima: abbiamo la possibilità di effettuare una televisita con caregiver e paziente, e questo momento è molto importante per tarare al meglio il contesto di accoglienza. Inoltre, nei casi molto complessi occorre anche sincronizzare più prestazioni contemporaneamente. Secondo il programma Pass, servono i medici di medicina generale per la richiesta di prestazioni, di qualsiasi natura esse siano. È corretto precisare che accedere al programma non significa superare le liste di attesa, ma ricevere la risposta assistenziale rispondendo ad un bisogno “speciale”: la complessità nella gestione non è soltanto clinica, ma anche - a volte soprattutto - logistica ed organizzativa. Ecco perché le indicazioni e la collaborazione con il medico di fiducia sono indispensabile per noi”.

Come avviene l’iscrizione al Progetto Pass?

“Esiste un apposito portale di libero accesso per tutti i caregiver. Però poi sarà il medico di base a indicare i casi e le prestazioni sanitarie necessarie. A tal proposito promuoveremo una nuova campagna di sensibilizzazione che coinvolgerà i medici di medicina generale – anche grazie alla collaborazione delle associazioni –, attraverso cui cercheremo di chiarire i percorsi di accesso. Abbiamo istituito una linea telefonica diretta e un indirizzo mail dedicati esclusivamente ai medici di famiglia della nostra Zona Distretto.”

Nuove opportunità

Cinzia coi figli, Letizia di 24 anni e Leonardo di 22
Cinzia coi figli, Letizia di 24 anni e Leonardo di 22

“Il Progetto Pass mi ha aperto un mondo – è il commento di Cinzia – perché rappresenta quello che cercavo da tanto tempo. Avere un referente come l’infermiera facilitatrice che ci segue è un conforto. Basta una telefonata del medico di medicina generale per fare una richiesta di visita o di esame strumentale, e la cosa viene presa in carico nell’arco delle 24 ore. Non mi sento più sola e non sono più costretta a fare esami a casa, a pagamento, che costano cifre astronomiche e che, in effetti, non è neanche giusto che io debba pagare”.

Numeri: 110 presi in carico nel 2023

Abbiamo scambiato due parole con Chiara Selmi, infermiera facilitatrice che segue, tra gli altri, anche i figli di Cinzia. 

Dottoressa, quanti sono i pazienti presi in carico con il Progetto Pass?

“Abbiamo chiuso il 2023 con 110 prese in carico e aperto il 2024 con ben 40 nuove richieste nel solo mese di gennaio. In linea di massima, tutti i giorni arriva una richiesta di prestazione e anche il portale è molto attivo”.

Quanti ospedali hanno aderito al progetto?

“Per quanto riguarda la Asl Toscana centro quelli di Pistoia, Prato, Empoli e Firenze (ospedale San Giovanni di Dio). Ma l’elenco completo è disponibile sul sito della Regione”.

Qual è nello specifico il suo ruolo nel progetto?

“Mi piace definirmi “direttore di orchestra”, perché vado a raccordare tutti i suoni del processo. In primis conosco il paziente e la famiglia, dopo aver ricevuto la scheda di iscrizione dal portale regionale. Poi riporto tutto agli specialisti e insieme cerchiamo di integrare queste informazioni nel profilo del paziente.”

Immagino che la ricompensa maggiore per tanto impegno arrivi dalle famiglie…

“Indubbiamente. Una volta una mamma mi ha detto: “Da voi sento il calore umano”. Alleviare i pazienti nella grave situazione di disagio che sono costretti a vivere, creando un ambiente familiare è impagabile. La famiglia deve sentirsi accolta, perché se i caregiver sono stressati lo sarà anche il paziente.”

Malati rari
Malati rari

A proposito di stress, quali sono le condizioni emotive delle famiglie che si rivolgono a voi?

“Sono famiglie che, nonostante il vissuto, hanno una grande forza. Sono abituate a combattere e ad attendere, ma sono indubbiamente provate. Hanno cercato per anni risposte che non sono riuscite a trovare. Inizialmente sono diffidenti, arrivano dopo aver ricevuto diverse porte in faccia; sono arrabbiate, ma col passare del tempo, un passo per volta, con noi imparano a sentirsi accolte. Consiglio alle famiglie di iscriversi al progetto regionale, non solo nel momento del bisogno ma prima, in modo da permettere ai medici di avere un quadro della condizione del paziente. La registrazione sul portale permetterebbe anche di effettuare un censimento da parte della Regione sui pazienti presenti nel territorio”