Un simbolo non solo di giustizia, ma in questo caso anche di rinascita e nuove possibilità. Che dimostra che non tutto è perduto: le sarte che si sono formate all'interno del carcere di Pozzuoli hanno consegnato oggi duecento toghe ai docenti di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli.
Le artefici di queste vesti, realizzate in cotone pesante 100% e con profili in raso blu, si sono formate durante il periodo di reclusione poi sono state assunte dalla Sartoria Sociale Palingen, fondata da Marco Maria Mazio e Massimo Telese, il cui obiettivo è dare una seconda possibilità a detenuti ed ex detenuti, in particolar modo donne, attraverso la creazione di nuove opportunità lavorative grazie a formazione ed impiego professionale.
All'incontro per la consegna delle toghe sono intervenuti Sandro Staiano, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Giulia Russo, direttrice della casa circondariale "Pasquale Mandato" di Secondigliano, Marco Maria Mazio, ceo di Palingen, Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della Campania e Amalia Giacchetta, una delle sarte.
Una seconda possibilità
“Il nostro è un laboratorio sartoriale di Napoli – ha detto Mazio – che ha l'obiettivo di dare una seconda possibilità a persone in condizione di fragilità, prevalentemente donne, e di recuperare tessuti e capi altrimenti destinati allo scarto. La missione di Palingen consiste nel favorire l'inclusione di soggetti che si trovano in condizione di marginalità sociale e di precarietà lavorativa tramite la creazione di opportunità di formazione, di impiego lavorativo stabile nonché di crescita professionale. In quest'ottica – prosegue –, sono stati aperti due laboratori sartoriali a Napoli, uno presente all'interno della Casa Circondariale femminile di Pozzuoli e uno all'esterno, nella città di Napoli".
Un’attenzione particolare all’ambiente
Operando in partenariato con aziende terze, la sartoria sociale “si avvale della collaborazione di soggetti svantaggiati per la realizzazione di accessori e capi d'abbigliamento, consentendo loro di apprendere e perfezionarsi nell'arte della sartoria italiana. Inoltre, la produzione impiega capi e tessuti di fine serie, stock invenduti o donati da prestigiose aziende tessili italiane ed internazionali al fine di evitare di destinare al macero tessuti pregiati, consentendo un ridotto impatto ambientale. Crediamo che chi ha sbagliato abbia il diritto di riscattarsi – conclude la ceo – e che la miglior forma di sostenibilità sia la rielaborazione creativa dei rifiuti tessili. Non a caso il nome Palingen evoca il concetto spirituale della Palingenesi, sinonimo di rinascita".