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Home » Lifestyle » Scuola, aumentano le aggressioni ai danni dei professori

Scuola, aumentano le aggressioni ai danni dei professori

Il 40% degli episodi ripresi con il telefonino e spesso “studiati” per creare video da condividere sui social. In classe l'omertà e le famiglie si schierano con i figli

Maurizio Costanzo
16 Marzo 2023
Sempre più casi di violenza in classe

Sempre più casi di violenza in classe

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“Maestro: dopo quello di padre è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altr’uomo” scriveva Edmondo de Amicis. “I tuoi libri sono le tue armi, la tua classe è la tua squadra, il campo di battaglia è la terra intera, e la vittoria è la civiltà umana”. Purtroppo oggi queste belle parole da libro “Cuore” si scontrano con una realtà sconfortante, dove gli studenti sempre più spesso dimostrano di non avere più il minimo rispetto per quel professionista, per quell’uomo, quel marito, quel padre che siede sulla cattedra e non desidera altro che far bene il suo lavoro. Sempre più insolenti si scagliano contro i loro insegnanti, sia verbalmente che fisicamente, e addirittura ne vanno fieri e lo fanno apposta. Arrivano a mettere in scena delle vere e proprie situazioni ad effetto, scenograficamente ad hoc per creare video da condividere sui social. Il resto della classe? Omertosa. I genitori? Molti si schierano dalla parte dei figli a prescindere. È un quadro davvero desolante, oltre che preoccupante (visto che si sta parlando dei ragazzi di oggi che saranno la classe dirigente di domani) quello che emerge dal sondaggio effettuato da Skuola.net su 1.800 alunni delle superiori. In buona sostanza, numeri alla mano, quest’anno gli episodi registrati sono stati di gran lunga superiori che in passato. Se ciò non bastasse, ad aggravare ulteriormente la situazione, ci si mette anche il tenore di queste azioni.

Johnny Dorelli: il maestro Perboni nello sceneggiato Rai "Cuore"
Johnny Dorelli: il maestro Perboni nello sceneggiato Rai “Cuore”

Lavagna, libri e… aggressioni quotidiane

Prof nel mirino degli studenti: un fenomeno tutt’altro che isolato. I casi di cronaca che, periodicamente, segnalano delle vere e proprie “aggressioni” contro gli insegnati da parte dei loro alunni potrebbero essere soltanto la punta dell’iceberg, la manifestazione più evidente di dinamiche molto più presenti nella quotidianità delle nostre classi. Il sondaggio ha rilevato che il 40% degli episodi a cui gli studenti hanno assistito sono stati ripresi con il telefonino e, spesso, sono stati addirittura “studiati” o esasperati.

Vessazioni verbali o violenze fisiche verso i docenti

Una recente rilevazione effettuata dal portale Skuola.net – su un campione di 1.800 ragazze e ragazzi delle scuole superiori – ha evidenziato che, soltanto dall’inizio di quest’anno scolastico, circa 1 studente su 5 dice di aver assistito a uno scontro frontale tra un suo compagno e il professore di turno mentre si trovavano in classe. In un caso su tre si tratta addirittura di episodi sistematici e non isolati. Una platea che si ingrossa ulteriormente se consideriamo anche i passati anni scolastici: in pratica, 1 alunno su 3 almeno una volta nella sua carriera di studente ha dovuto fare i conti con manifestazioni di violenza da parte di un alunno della propria classe, rivolti all’indirizzo di un docente in cattedra.

1 studente su 5 dice di aver assistito a uno scontro frontale tra un suo compagno e il professore di turno mentre si trovavano in classe
1 studente su 5 dice di aver assistito a uno scontro frontale tra un suo compagno e il professore di turno mentre si trovavano in classe

Dagli insulti al lancio di oggetti

È vero che nella stragrande maggioranza dei casi (70%) si tratta di aggressioni che si fermano sul piano verbale – insulti, risposte fuori luogo, proteste rumorose – ma è comunque enorme il dato di coloro che riportano anche di episodi molto simili a una lite da bar: il 18% racconta soprattutto di aggressioni “fisiche” (lancio di oggetti, faccia a faccia, mani addosso, ecc.) e un ulteriore 12% denuncia un mix tra parole pesanti e affronti a corta distanza. Inoltre, in analogia con gli episodi di bullismo scolastico, di solito viene preso di mira un solo docente: così racconta il 64% degli studenti che a scuola hanno assistito agli attacchi verso i professori. Sembra, dunque, che per le nuove generazioni di studenti la figura dell’insegnante abbia perso quell’aura di inviolabilità che da sempre questa ha portato con sé. Anche se, forse, il più delle volte alla base potrebbero non esserci profondi dissidi personali ma la voglia di “dare spettacolo”.

L’80% dei ragazzi ammette di fare i video

L’era digitale, in questo, potrebbe averci messo lo zampino. Ben il 40% dei ragazzi che hanno condiviso episodi violenti dice che durante lo svolgersi dei fatti qualcuno si è occupato di riprendere la scena. E, tra loro, oltre l’80% sostiene che spesso e volentieri la “sfida” è stata creata o perlomeno resa più scenografica proprio per essere filmata. Il che spiega pure perché, poi, puntualmente quelle immagini finiscono su un social network, a disposizione di una platea allargata (56%), oppure su un chat scolastica (20%) o di classe (16%).

Molti professori subiscono in silenzio. Ma non sempre come nel caso del docente che nel Pisano ha sferrato un pugno all'alunno
Molti professori subiscono in silenzio. Ma non sempre come nel caso del docente che nel Pisano ha sferrato un pugno all’alunno

Molti prof preferiscono subire in silenzio

Dinamiche che danno l’idea di quanto il fenomeno sia sottostimato. Anche perché, spessissimo, sono gli stessi docenti a contenere la questione dentro le quattro mura della classe. Stando ai racconti degli studenti, la soluzione più adottata – così nel 60% dei casi – è stata il provvedimento “interno”: una nota sul registro o qualcosa di simile. In 1 caso su 4 i prof hanno preferito addirittura subire in silenzio per non dare troppo risalto alla cosa e, al massimo, hanno alzato la voce. Solo nel 15% dei casi il docente ha coinvolto la presidenza. Ed è qui che, eventualmente, sorgono i problemi: in 2 casi su 3 si è arrivati alle punizioni severe, come la sospensione, lavori socialmente utili o il coinvolgimento della famiglia.

Classi omertose

C’è un altro aspetto preoccupante che è emerso da questo sondaggio: gli altri studenti non fanno granché per arginare il problema. Solo in 1 caso su 5 il grosso della classe ha preso le parti del docente, in 1 caso su 3 ha persino alimentato la cosa sostenendo l’aggressore, nel resto dei casi ha osservato senza fare nulla. Segno che, continuando a sottovalutare la questione, si rischia soltanto di far degenerare la situazione più di quella che già è.

E i genitori si schierano dalla parte dei figli

I genitori in genere solamente poche volte (22%) si schierano apertamente dalla parte dell’insegnante, la maggior parte (49%) vuole prima valutare il caso. Per quel preoccupante 29% che tende ad appoggiare il figlio a prescindere, dovrebbe tenere a mente che avere educato la prole ad essere un alunno modello, per poi ritrovarsi in casa un bullo da marciapiede di periferia, è uno dei più grandi fallimenti di un genitore.

 

 

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
“Maestro: dopo quello di padre è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altr'uomo” scriveva Edmondo de Amicis. "I tuoi libri sono le tue armi, la tua classe è la tua squadra, il campo di battaglia è la terra intera, e la vittoria è la civiltà umana". Purtroppo oggi queste belle parole da libro "Cuore" si scontrano con una realtà sconfortante, dove gli studenti sempre più spesso dimostrano di non avere più il minimo rispetto per quel professionista, per quell’uomo, quel marito, quel padre che siede sulla cattedra e non desidera altro che far bene il suo lavoro. Sempre più insolenti si scagliano contro i loro insegnanti, sia verbalmente che fisicamente, e addirittura ne vanno fieri e lo fanno apposta. Arrivano a mettere in scena delle vere e proprie situazioni ad effetto, scenograficamente ad hoc per creare video da condividere sui social. Il resto della classe? Omertosa. I genitori? Molti si schierano dalla parte dei figli a prescindere. È un quadro davvero desolante, oltre che preoccupante (visto che si sta parlando dei ragazzi di oggi che saranno la classe dirigente di domani) quello che emerge dal sondaggio effettuato da Skuola.net su 1.800 alunni delle superiori. In buona sostanza, numeri alla mano, quest’anno gli episodi registrati sono stati di gran lunga superiori che in passato. Se ciò non bastasse, ad aggravare ulteriormente la situazione, ci si mette anche il tenore di queste azioni.
Johnny Dorelli: il maestro Perboni nello sceneggiato Rai "Cuore"
Johnny Dorelli: il maestro Perboni nello sceneggiato Rai "Cuore"

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Prof nel mirino degli studenti: un fenomeno tutt’altro che isolato. I casi di cronaca che, periodicamente, segnalano delle vere e proprie “aggressioni” contro gli insegnati da parte dei loro alunni potrebbero essere soltanto la punta dell’iceberg, la manifestazione più evidente di dinamiche molto più presenti nella quotidianità delle nostre classi. Il sondaggio ha rilevato che il 40% degli episodi a cui gli studenti hanno assistito sono stati ripresi con il telefonino e, spesso, sono stati addirittura “studiati” o esasperati.

Vessazioni verbali o violenze fisiche verso i docenti

Una recente rilevazione effettuata dal portale Skuola.net - su un campione di 1.800 ragazze e ragazzi delle scuole superiori – ha evidenziato che, soltanto dall’inizio di quest’anno scolastico, circa 1 studente su 5 dice di aver assistito a uno scontro frontale tra un suo compagno e il professore di turno mentre si trovavano in classe. In un caso su tre si tratta addirittura di episodi sistematici e non isolati. Una platea che si ingrossa ulteriormente se consideriamo anche i passati anni scolastici: in pratica, 1 alunno su 3 almeno una volta nella sua carriera di studente ha dovuto fare i conti con manifestazioni di violenza da parte di un alunno della propria classe, rivolti all’indirizzo di un docente in cattedra.
1 studente su 5 dice di aver assistito a uno scontro frontale tra un suo compagno e il professore di turno mentre si trovavano in classe
1 studente su 5 dice di aver assistito a uno scontro frontale tra un suo compagno e il professore di turno mentre si trovavano in classe

Dagli insulti al lancio di oggetti

È vero che nella stragrande maggioranza dei casi (70%) si tratta di aggressioni che si fermano sul piano verbale - insulti, risposte fuori luogo, proteste rumorose - ma è comunque enorme il dato di coloro che riportano anche di episodi molto simili a una lite da bar: il 18% racconta soprattutto di aggressioni “fisiche” (lancio di oggetti, faccia a faccia, mani addosso, ecc.) e un ulteriore 12% denuncia un mix tra parole pesanti e affronti a corta distanza. Inoltre, in analogia con gli episodi di bullismo scolastico, di solito viene preso di mira un solo docente: così racconta il 64% degli studenti che a scuola hanno assistito agli attacchi verso i professori. Sembra, dunque, che per le nuove generazioni di studenti la figura dell'insegnante abbia perso quell’aura di inviolabilità che da sempre questa ha portato con sé. Anche se, forse, il più delle volte alla base potrebbero non esserci profondi dissidi personali ma la voglia di “dare spettacolo”.

L’80% dei ragazzi ammette di fare i video

L’era digitale, in questo, potrebbe averci messo lo zampino. Ben il 40% dei ragazzi che hanno condiviso episodi violenti dice che durante lo svolgersi dei fatti qualcuno si è occupato di riprendere la scena. E, tra loro, oltre l’80% sostiene che spesso e volentieri la “sfida” è stata creata o perlomeno resa più scenografica proprio per essere filmata. Il che spiega pure perché, poi, puntualmente quelle immagini finiscono su un social network, a disposizione di una platea allargata (56%), oppure su un chat scolastica (20%) o di classe (16%).
Molti professori subiscono in silenzio. Ma non sempre come nel caso del docente che nel Pisano ha sferrato un pugno all'alunno
Molti professori subiscono in silenzio. Ma non sempre come nel caso del docente che nel Pisano ha sferrato un pugno all'alunno

Molti prof preferiscono subire in silenzio

Dinamiche che danno l’idea di quanto il fenomeno sia sottostimato. Anche perché, spessissimo, sono gli stessi docenti a contenere la questione dentro le quattro mura della classe. Stando ai racconti degli studenti, la soluzione più adottata - così nel 60% dei casi - è stata il provvedimento “interno”: una nota sul registro o qualcosa di simile. In 1 caso su 4 i prof hanno preferito addirittura subire in silenzio per non dare troppo risalto alla cosa e, al massimo, hanno alzato la voce. Solo nel 15% dei casi il docente ha coinvolto la presidenza. Ed è qui che, eventualmente, sorgono i problemi: in 2 casi su 3 si è arrivati alle punizioni severe, come la sospensione, lavori socialmente utili o il coinvolgimento della famiglia.

Classi omertose

C’è un altro aspetto preoccupante che è emerso da questo sondaggio: gli altri studenti non fanno granché per arginare il problema. Solo in 1 caso su 5 il grosso della classe ha preso le parti del docente, in 1 caso su 3 ha persino alimentato la cosa sostenendo l’aggressore, nel resto dei casi ha osservato senza fare nulla. Segno che, continuando a sottovalutare la questione, si rischia soltanto di far degenerare la situazione più di quella che già è.

E i genitori si schierano dalla parte dei figli

I genitori in genere solamente poche volte (22%) si schierano apertamente dalla parte dell’insegnante, la maggior parte (49%) vuole prima valutare il caso. Per quel preoccupante 29% che tende ad appoggiare il figlio a prescindere, dovrebbe tenere a mente che avere educato la prole ad essere un alunno modello, per poi ritrovarsi in casa un bullo da marciapiede di periferia, è uno dei più grandi fallimenti di un genitore.    
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