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Home » Lifestyle » Vanessa Incontrada, è ancora body shaming: chi ha paura delle sue curve?

Vanessa Incontrada, è ancora body shaming: chi ha paura delle sue curve?

L'attrice e conduttrice spagnola al centro di una tempesta mediatica dopo aver postato uno scatto mentre corre e l'ennesima copertina che la ritrae in costume

Letizia Cini
10 Giugno 2022
La copertina e le immagini della rivista ’Nuovo’ che ritraggono Vanessa Incontrada, 34 anni, in costume

La copertina e le immagini della rivista ’Nuovo’ che ritraggono Vanessa Incontrada, 34 anni, in costume

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Vanessa Incontrada ancora vittima di body shaming sui social dopo aver pubblicato una foto in cui va a correre. Sul suo profilo Instagram qualche giorno fa ha pubblicato uno scatto mentre corre con il messaggio “Avanti tuttaaaaa“. Il commento più gentile, in un mare di ironia al veleno, è stato: “Vanessa, anche tu? Fotografata mentre corri!?!? Mi crolla un mito“. Ma, soprattutto i commenti più subdoli sono arrivati dopo la copertina della rivista ’Nuovo’ che ritrae l’attrice e conduttrice in costume in pose tanto scomposte e sgraziate in spiaggia a Follonica, in provincia di Grosseto, da instillare il dubbio, nei lettori, che possa non trattarsi di lei.

Vanessa Incontrada, 43 anni, ha più volte rivendicato il diritto di essere curvy: dopo anni di body shaming, nel 2020 l’attrice decide di mostrarsi completamente nuda nelle sue rotondità. Sceglie di rendere il suo corpo il veicolo per un messaggio: il diritto di ogni essere umano a non essere giudicato. Il suo piccolo contributo in una enorme battaglia. Ma la costante tendenza al giudizio è difficile da debellare.

Cos’è il body Shaming

La copertina e le immagini della rivista ’Nuovo’ che ritraggono Vanessa Incontrada, 34 anni, in costume
La copertina e le immagini della rivista ’Nuovo’ che ritraggono Vanessa Incontrada, 34 anni, in costume

La conseguenza? Si chiama “body shaming”. Un’espressione, coniata dagli americani e ormai tristemente nota che consiste nel discriminare o deridere una persona, facendola vergognare per il suo aspetto fisico. D’altronde la parola ‘shaming’ deriva da ‘shame’ che significa vergogna. Sono le donne, in particolare quelle dello spettacolo, a essere vittime di questa forma di bullismo che va oltre il classico e squallido commento al maschile basato su stereotipi sessuali. È una violenza molto più sottile, che va in profondità, perché prende di mira i difetti fisici come i chili di troppo, tanto per dirne una. Bersaglia l’orgoglio e anche la dignità e può avere conseguenze gravi sulla psiche di chi le subisce.

Le offese

L’era dei social poi ha triplicato gli effetti collaterali del body shaming. E così anche solo una foto che mette in evidenza un dettaglio fisico, additato come difetto, scatena una raffica di commenti negativi. Il body shaming non si limita al solo “sei brutta”, ma mira a criticare quelle smagliature “che prima non c’erano e ora sì”, la cellulite in bella vista su un corpo che fino a quel momento appariva perfetto, le macchie sulla pelle, i peli o quell’acne che “le è comparsa in viso e la imbruttisce”. Poco importa se tutto ciò dipende da un’improvvisa tempesta ormonale, che la vittima di turno non poteva prevedere, o da una gravidanza.

La reazione delle star

Vanessa Incontrada, 43 anni, nello scatto postato su Instagram in cui corre
Vanessa Incontrada, 43 anni, nello scatto postato su Instagram in cui corre

Molte donne si sono ritrovate a dover combattere contro il body shaming È successo anche e soprattutto a star molto famose di essere oggetto di attacchi volti a mettere in evidenza i loro difetti. Perché in tv o in copertina o su Instagram la regola è sempre stata quella di apparire perfette, per non venir meno a certi standard imposti dal mondo dello spettacolo, e di coprire tutto ciò che poteva mettere in pericolo quella perfezione. Ed ecco che molte di loro, utilizzando la stessa arma del body shaming, e cioè i social, hanno deciso di reagire a tutto questo, accostando alla parola ‘body’ un’altra, e cioè ‘positivity’.

Dando vita così a un movimento che sta ridefinendo il concetto di normalità in relazione al corpo. E lo hanno fatto mettendo in mostra proprio il loro, al naturale e con tutti i “difetti”. Con quelle smagliature dovute, tanto per restare in tema con la ricorrenza che si celebra il 9 maggio, a uno dei momenti più importanti nella vita di una donna. Quello della gravidanza, quando il corpo inizia a sformarsi per assumere una nuova forma di imperfezione, quella di mamma, la più bella.

La campagna su Vanity Fair

La show girl e attrice spagnola, che vive in Italia da molti anni, è stata la protagonista di una campagna lanciata su Vanity Fair, in cui ha deciso di mostrarsi nuda con tutte le imperfezioni che un corpo femminile può avere senza dover provare vergogna, diventando il simbolo di body positivity a tutti gli effetti. La sua battaglia contro il body shaming parte da lontano, quando dopo la prima gravidanza Vanessa Incontrada ha subito molte critiche sul suo aspetto fisico, in particolare sulla sua “fisicità esuberante” – così l’aveva definita un famoso tabloid. Parole che hanno ferito profondamente la Incontrada, tanto che lei stessa racconta di un pianto a dirotto durante le prove di alcuni costumi sul set quando si è resa conto che le taglie erano troppo piccole. Ci è voluto tempo, ma alla fine la showgirl è riuscita a fare pace con se stessa, raccontando tutto in un monologo diventato poi virale. “Tutti mi volevano diversa ma la realtà è che la perfezione non esiste, esistono le persone, ad alcune puoi piacere e ad altri no, ma ciò che conta è accettarsi per quella che si è”.

La show girl e attrice spagnola, che vive in Italia da molti anni, è stata la protagonista di una campagna lanciata su Vanity Fair
La show girl e attrice spagnola è stata la protagonista di una campagna lanciata su Vanity Fair

L’attrice e presentatrice spagnola, icona di simpatia, spontaneità, naturalezza e bellezza pulita, con le imperfezioni che la rendono unica, è diventata a testa alta la rappresentante dell’universo femminile che si accetta per quello che è e lo fa col sorriso, lanciando messaggi positivi e contrastando quella diffusa filosofia della perfezione, che però puntualmente non viene raggiunta e crea disagi e disturbi in chi la rincorre. E lo ha fatto e detto pubblicamente anche quando posò nuda per la copertina di Vanity Fair, affermando: “Questa copertina è il momento più bello degli ultimi anni. È il punto d’arrivo che vede il mio corpo diventare un messaggio per tutte le donne, descrivendo un progetto che ha messo in luce la bellezza in tutte le forme rivendicando il diritto a sentirci unici”.

Attacchi e impegno

Eppure gli attacchi sono sempre feroci: se corre le dicono di lasciare perdere, tanto non diventerà mai tonica. Se mangia il gelato in spiaggia esultano perché è grassa e sgraziata: Vanessa Incontrada è nuovamente vittima di attacchi senza appigli: ha sfilato per le taglie forti di Elena Mirò. In un monologo su Raiuno nel 2019 ha invitato le donne a smettere di sentirsi inadeguate. In un’intervista diceva: “Quando vedo una donna abbassare lo sguardo perché viene criticata per come si veste, per come si trucca, se è magra, se è grassa, se vuole un figlio e se non lo vuole, ogni volta mi ricordo di quante volte io ho abbassato lo sguardo“.

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Instagram

  • Stando a quanto dicono gli studiosi, i social network sono portatori malati di ansia e depressione. E, diciamocelo, non servivano studi e numeri per capirlo. I più attrezzati di noi a comprendere le dinamiche social e sociali che si nascondono dietro l’algoritmo di Meta già da tempo avevano compreso che “social sì, ma a piccole dosi”.

Eppure la deriva c’è stata e adesso distinguere il virtuale dal reale, l’immagine dallo schermo, il like dall’affetto sembra essere diventata un’operazione assai difficile.

Il senso di inadeguatezza delle persone di ogni età sta dilagando. Pare che il meccanismo sia più o meno questo: l’erba del vicino – di account – è sempre più verde. 

Che poi nella realtà non è così poco importante. A importare è ciò che appare, non ciò che è, tanto da ridurre il dilemma “essere o non essere” a coltissimo equivoco elitario. Cogito ergo sum un po’ poco, verrebbe da dire, se non fosse che la faccenda è seria e grave. 

Lo stress da social è reale e affligge grandi e piccini, senza distinzione di ceto. Una vera e propria sofferenza psicologica che tende a minare le fondamenta dell’intera società. Tra il 2003 e il 2018, i casi di ansia hanno registrato numeri da record, così come quelli di depressione, autolesionismo e problemi di alimentazione. Questo basti per capire che limitarsi a catalogare il problema come questione minore è sbagliato e pericoloso.

Complice il recente lockdown, la corsa verso la psicosocialpatologia ha accelerato il passo. L’unica soluzione a portata di mano, seppur temporanea, è prendersi una pausa dai social e uscire dalla bolla, come Selena Gomez insegna. 

Vivere la vita vera, in Logout, fatta di persone in carne e ossa che di perfetto hanno poco o nulla e che combattono ogni giorno per cercare di assomigliare a ciò che vorrebbero essere. 

E tu quanto tempo passi sui social? 📲

Di Margherita Ambrogetti Damiani ✍

#lucenews #lucelanazione #socialout #viverelavita #nofilter #autoconsapevolezza #stressdasocial #socialdetox
  • Ad appena 3 anni e mezzo, Vincenzo comunica ai genitori il desiderio di indossare vestiti e gonne. Alla richiesta viene inizialmente, quanto inevitabilmente, dato poco peso, come se fosse un gioco… 

Ma 6 anni e mezzo dopo Vincenzo fa un coming out più deciso, chiede di potersi chiamare Emma e di indossare un costume femminile alle lezioni di danza, che condivide con le due sorelle maggiori. Pochi giorni fa, grazie anche alla comprensione e disponibilità della sua insegnante di danza, ha vissuto il suo momento di gloria, esibendosi in un saggio-spettacolo di fine anno costruito su misura, con una coreografia che racconta la sua storia.

La danza, si sa, può essere di grande aiuto per costruire la propria identità, perché è prima di tutto libertà di espressione. 

“Gli anni di pandemia sono stati decisivi per mia figlia. La riflessione è diventata sempre più profonda e, con sofferenza, lo scorso ottobre, è riuscita a parlarci di ciò che davvero le stava a cuore. Le prime sostenitrici sono state proprio le sorelle, più aperte e predisposte mentalmente su questa tematica. Noi genitori ancora pensavano a una latente omosessualità, ma non era così: per nostra figlia la propria identità di genere non coincideva con il sesso assegnatole alla nascita”.

I primi tempi non sono stati facili, per certi aspetti è stato come elaborare un lutto perché Emma volava cancellare tutto il suo passato, buttando via foto e vestiti. La sua è stata una rinascita vera e propria, il suo “no" al nome, al genere maschile, è ormai definitivo. 

A scuola, ha chiesto e ottenuto di potersi chiamare Emma, così come in società. Fondamentale è stato il supporto della famiglia che, a un certo punto, ha capito che non si trattava di un gioco, malgrado la giovanissima età.

“A chi tuttora continua a ripeterci che avremmo dovuto insistere e iscriverla a calcio, dico con fermezza: i figli vanno ascoltati, è giusto che vivano la loro vita, quella più congeniale al loro sentire, perché tutti meritiamo di essere felici”.

Di Roberta Bezzi ✍

#lucenews #lucelanazione #bologna #emma #transgender #transrights
  • “Trova qualcuno a cui piaci come sei e digli di farsi curare”, scrive Andrea Pinna in uno dei suoi tipici post su Instagram. 

Ma se Andrea Pinna, apprezzato per i suoi aforismi taglienti, “né bello né ricco” come dice lui, è diventato uno degli influencer più originali del web, è anche perché ha fatto entrambe le cose: ha accettato se stesso com’era e ha intrapreso un percorso di cura.

Trentacinque anni, origini sarde e milanese di adozione, ha cominciato il suo cammino partendo dal gradino più basso. 

"Lavoravo a Roma nel mondo dei negozi, commesso e poi vetrinista. Mi hanno mandato in Sardegna, la mia terra, a seguire nuovi negozi, ma poco dopo hanno chiuso tutto lasciandomi senza lavoro. E lì si è scatenata la mia prima fortissima depressione. Che ho affrontato con Facebook, scrivendo status più o meno sarcastici per scaricare la rabbia”.

Non una depressione qualsiasi, ma un malessere profondo che a distanza di anni gli verrà diagnosticato come bipolarismo. 

"Non è stato facile. Ho passato periodi che non dormivo mai e altri in cui stavo sempre a letto. Avere un disagio psichico non è una passeggiata e bisogna raccontarlo, imparare ad ascoltarsi”.

Sul suo profilo Instagram @leperledipinna ha deciso di portare avanti due battaglie: quella per i diritti civili dei gay e l’altra per dare voce ai problemi mentali.

“La prima la combatto in prima persona da tanto tempo, la seconda per far capire che se vai dall’ortopedico quanto ti fa male il ginocchio è giusto andare da uno psicoterapeuta o uno psichiatra quando hai un disagio mentale o psicologico”.

E attraverso le dirette Instagram di psicoterapinna "racconto la mia storia, il mio vissuto, chiamando gli esperti a parlare dei vari problemi psicologici che la gente può avere”.

La storia di chi ha trovato il coraggio di affrontare il bipolarismo e ha saputo rendere i social un luogo in cui sentirsi a proprio agio. Qualunque sia il disagio.

L
  • "L’autismo è un fenomeno che riguarda sì, in primo luogo gli autistici e le loro famiglie, ma anche la società in generale. Un nato o nata ogni 70/80 rientra nello spettro autistico ormai ed è quindi bene che anche i cosiddetti neuro tipici sappiano di cosa si parla”.

Dopo la standing ovation ricevuta lo scorso 2 aprile al Cinema La Compagnia di Firenze e il fortunato tour avviato nei cinema e nei teatri della Toscana, il documentario “I mille cancelli di Filippo” sarà nuovamente proiettato lunedì 27 giugno alle 21, nella Limonaia di Villa Strozzi a Firenze. Al centro della narrazione il figlio del noto autore Enrico Zoi, il giovane Filippo, colpito da spettro autistico.

Con la delicatezza e la magia tipica di uno scrittore che, prima di tutto, è un babbo amorevole, Enrico – insieme a sua moglie Raffaella Braghieri – apre una volta ancora le porte della sua casa per raccontare al mondo la realtà speciale della sua famiglia.

E il consiglio per i genitori che hanno appena ricevuto una diagnosi di autismo sul proprio bambino sarebbe quello di "non chiudersi, di non chiedersi perché, di guardare al mondo esterno, di aprirsi. Chiudersi non serve a niente, anzi… è un po’ come una partita di calcio: se non scendi in campo la perdi a tavolino, se invece accetti il confronto te la puoi giocare!”.

Di Caterina Ceccuti ✍

#lucenews #lucelanazione #enricozoi #imillecancellidifilippo #firenze #autismo #autismawareness
Vanessa Incontrada ancora vittima di body shaming sui social dopo aver pubblicato una foto in cui va a correre. Sul suo profilo Instagram qualche giorno fa ha pubblicato uno scatto mentre corre con il messaggio “Avanti tuttaaaaa“. Il commento più gentile, in un mare di ironia al veleno, è stato: “Vanessa, anche tu? Fotografata mentre corri!?!? Mi crolla un mito“. Ma, soprattutto i commenti più subdoli sono arrivati dopo la copertina della rivista ’Nuovo’ che ritrae l’attrice e conduttrice in costume in pose tanto scomposte e sgraziate in spiaggia a Follonica, in provincia di Grosseto, da instillare il dubbio, nei lettori, che possa non trattarsi di lei. Vanessa Incontrada, 43 anni, ha più volte rivendicato il diritto di essere curvy: dopo anni di body shaming, nel 2020 l’attrice decide di mostrarsi completamente nuda nelle sue rotondità. Sceglie di rendere il suo corpo il veicolo per un messaggio: il diritto di ogni essere umano a non essere giudicato. Il suo piccolo contributo in una enorme battaglia. Ma la costante tendenza al giudizio è difficile da debellare. Cos'è il body Shaming
La copertina e le immagini della rivista ’Nuovo’ che ritraggono Vanessa Incontrada, 34 anni, in costume
La copertina e le immagini della rivista ’Nuovo’ che ritraggono Vanessa Incontrada, 34 anni, in costume
La conseguenza? Si chiama “body shaming”. Un’espressione, coniata dagli americani e ormai tristemente nota che consiste nel discriminare o deridere una persona, facendola vergognare per il suo aspetto fisico. D’altronde la parola ‘shaming’ deriva da ‘shame’ che significa vergogna. Sono le donne, in particolare quelle dello spettacolo, a essere vittime di questa forma di bullismo che va oltre il classico e squallido commento al maschile basato su stereotipi sessuali. È una violenza molto più sottile, che va in profondità, perché prende di mira i difetti fisici come i chili di troppo, tanto per dirne una. Bersaglia l’orgoglio e anche la dignità e può avere conseguenze gravi sulla psiche di chi le subisce. Le offese L’era dei social poi ha triplicato gli effetti collaterali del body shaming. E così anche solo una foto che mette in evidenza un dettaglio fisico, additato come difetto, scatena una raffica di commenti negativi. Il body shaming non si limita al solo “sei brutta”, ma mira a criticare quelle smagliature “che prima non c’erano e ora sì”, la cellulite in bella vista su un corpo che fino a quel momento appariva perfetto, le macchie sulla pelle, i peli o quell’acne che “le è comparsa in viso e la imbruttisce”. Poco importa se tutto ciò dipende da un’improvvisa tempesta ormonale, che la vittima di turno non poteva prevedere, o da una gravidanza. La reazione delle star
Vanessa Incontrada, 43 anni, nello scatto postato su Instagram in cui corre
Vanessa Incontrada, 43 anni, nello scatto postato su Instagram in cui corre
Molte donne si sono ritrovate a dover combattere contro il body shaming È successo anche e soprattutto a star molto famose di essere oggetto di attacchi volti a mettere in evidenza i loro difetti. Perché in tv o in copertina o su Instagram la regola è sempre stata quella di apparire perfette, per non venir meno a certi standard imposti dal mondo dello spettacolo, e di coprire tutto ciò che poteva mettere in pericolo quella perfezione. Ed ecco che molte di loro, utilizzando la stessa arma del body shaming, e cioè i social, hanno deciso di reagire a tutto questo, accostando alla parola ‘body’ un’altra, e cioè ‘positivity’. Dando vita così a un movimento che sta ridefinendo il concetto di normalità in relazione al corpo. E lo hanno fatto mettendo in mostra proprio il loro, al naturale e con tutti i “difetti”. Con quelle smagliature dovute, tanto per restare in tema con la ricorrenza che si celebra il 9 maggio, a uno dei momenti più importanti nella vita di una donna. Quello della gravidanza, quando il corpo inizia a sformarsi per assumere una nuova forma di imperfezione, quella di mamma, la più bella. La campagna su Vanity Fair La show girl e attrice spagnola, che vive in Italia da molti anni, è stata la protagonista di una campagna lanciata su Vanity Fair, in cui ha deciso di mostrarsi nuda con tutte le imperfezioni che un corpo femminile può avere senza dover provare vergogna, diventando il simbolo di body positivity a tutti gli effetti. La sua battaglia contro il body shaming parte da lontano, quando dopo la prima gravidanza Vanessa Incontrada ha subito molte critiche sul suo aspetto fisico, in particolare sulla sua “fisicità esuberante” – così l’aveva definita un famoso tabloid. Parole che hanno ferito profondamente la Incontrada, tanto che lei stessa racconta di un pianto a dirotto durante le prove di alcuni costumi sul set quando si è resa conto che le taglie erano troppo piccole. Ci è voluto tempo, ma alla fine la showgirl è riuscita a fare pace con se stessa, raccontando tutto in un monologo diventato poi virale. “Tutti mi volevano diversa ma la realtà è che la perfezione non esiste, esistono le persone, ad alcune puoi piacere e ad altri no, ma ciò che conta è accettarsi per quella che si è”.
La show girl e attrice spagnola, che vive in Italia da molti anni, è stata la protagonista di una campagna lanciata su Vanity Fair
La show girl e attrice spagnola è stata la protagonista di una campagna lanciata su Vanity Fair
L’attrice e presentatrice spagnola, icona di simpatia, spontaneità, naturalezza e bellezza pulita, con le imperfezioni che la rendono unica, è diventata a testa alta la rappresentante dell’universo femminile che si accetta per quello che è e lo fa col sorriso, lanciando messaggi positivi e contrastando quella diffusa filosofia della perfezione, che però puntualmente non viene raggiunta e crea disagi e disturbi in chi la rincorre. E lo ha fatto e detto pubblicamente anche quando posò nuda per la copertina di Vanity Fair, affermando: “Questa copertina è il momento più bello degli ultimi anni. È il punto d’arrivo che vede il mio corpo diventare un messaggio per tutte le donne, descrivendo un progetto che ha messo in luce la bellezza in tutte le forme rivendicando il diritto a sentirci unici”. Attacchi e impegno Eppure gli attacchi sono sempre feroci: se corre le dicono di lasciare perdere, tanto non diventerà mai tonica. Se mangia il gelato in spiaggia esultano perché è grassa e sgraziata: Vanessa Incontrada è nuovamente vittima di attacchi senza appigli: ha sfilato per le taglie forti di Elena Mirò. In un monologo su Raiuno nel 2019 ha invitato le donne a smettere di sentirsi inadeguate. In un’intervista diceva: “Quando vedo una donna abbassare lo sguardo perché viene criticata per come si veste, per come si trucca, se è magra, se è grassa, se vuole un figlio e se non lo vuole, ogni volta mi ricordo di quante volte io ho abbassato lo sguardo“.
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