Non si placa la bufera che da settimane colpisce il governo britannico. E dopo la denuncia dell'Unhcr sul pericolo che
le donne in fuga dall'Ucraina finiscano vittime di abusi o sfruttamento sessuale da parte di uomini inglesi, arriva l'annuncio dall'esecutivo di Boris Johnson del un piano per utilizzare il
trattamento offshore per i richiedenti asilo. Un metodo l'organizzazione umanitaria Human Rights Watch ha descritto come "crudele, inefficace e discriminatorio". Secondo un accordo negoziato dal ministro dell'Interno Priti Patel le persone che si recano nel Regno Unito in cerca di asilo sarebbero
inviate in Ruanda per un periodo di tempo che dura, in media, anche sei mesi o più in attesa che l'iter processuale faccia il suo corso. Non si sa se i rifugiati saranno inviati in appositi centri di custodia - o di detenzione, per essere precisi - come accade già nella 'cugina' Australia. Insomma dopo una traversata lunga migliaia di chilometri centinaia di persone si vedranno rispedire al mittente o quasi in attesa di miglior fortuna.
Il piano di Johnson contro l'immigrazione illegale
Il governo inglese annuncia l'adozione del trattamento offshore per i richiedenti asilo
Dal numero 10 di Downing Street a Londra arriva il nuovo piano di
Boris Johnson per
contrastare l'immigrazione illegale, in cui si prevede, fra l'altro, che "alcuni dei richiedenti asilo" siano trasferiti in Ruanda per la gestione dell'iter burocratico relativo alle loro richieste. Secondo il primo ministro la situazione è diventata insostenibile per la Gran Bretagna, a fronte di un numero di sbarchi record sull'isola: oltre 600 persone, stipate su barchini e gommoni, sono arrivate giovedì 14 aprile attraversando il Canale della Manica, e portando il totale degli immigrati a oltre 5mila nei primi mesi di quest'anno. Johnson, che punta il dito contro i trafficanti di esseri umani, sottolinea che "
la nostra compassione può essere infinita, ma la nostra capacità di aiutare le persone non lo è". Come riporta la
Bbc la ministra degli Interni, Priti Patel, è in procinto di siglare col governo del Ruanda un accordo da
120 milioni di sterline (oltre 156 milioni di dollari) che prevede, in certi casi, rimpatri rapidi per i richiedenti asilo arrivati nel Regno e la gestione dell'intero processo burocratico nello Stato africano orientale. Molte ong hanno aspramente criticato il piano, definendolo "
crudele" e sollecitato un ripensamento del governo conservatore. Mentre l'opposizione laburista l'ha bollato come "
impraticabile e immorale".
Il metodo australiano
Rifugiati in un campo di detenzione australiano (Sky News Australia)
Il trattamento
offshore dei richiedenti asilo è stato per anni la pietra angolare della politica dei rifugiati del
governo australiano e l'adozione di questo metodo da parte del Regno Unito segna un cambiamento sostanziale nel modo in cui i richiedenti asilo sono trattati nell'Isola, rispecchiando in una certa misura proprio l'approccio adottato dall'altro grande stato del Commonwealth che ha
uno dei regimi di immigrazione più severi e controversi del mondo. Nel 2001 la politica australiana sui rifugiati ha preso una brusca piega verso destra dopo che un cargo norvegese ha salvato 433 richiedenti asilo in mare e il governo dello Stato ha rifiutato alla nave il permesso di entrare nelle sue acque territoriali. Un primo caso, che ha aperto poi alla cosiddetta
"soluzione del Pacifico", ovvero veri e propri centri di detenzione per queste persone. Anche quando vengono riconosciute come rifugiati la linea dura dell'esecutivo prevede che
nessuno da questi campi sia reinsediato in Australia. Quello che appare agli occhi del mondo è che l'ex colonia penale britannica stia rivangando ormai da un decennio un passato scomodo, ma giocando tutte le carte a favore di un trattamento discriminatorio e inumano.