Polonia, il governo vuole dimezzare le ore di religione cattolica a scuola. L’ira dei vescovi

La manovra, fortemente voluta dal governo centrista di Piattaforma Civica, al centro delle polemiche

di MARCO PILI
5 gennaio 2025
Mons. Tadeusz Wojda, presidente della Conferenza Episcopale Polacca (episkopat.pl)

Mons. Tadeusz Wojda, presidente della Conferenza Episcopale Polacca (episkopat.pl)

In Polonia, la laicità statale viene posta ancora una volta sotto attacco. La Kep (Conferenza episcopale polacca), composta dai vescovi delle 44 diocesi, è sul piede di guerra con il governo capitanato da Donald Tusk che, recentemente, ha ottenuto il semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione Europea. L’esecutivo, come riportato da Uaar, è pronto a vagliare una norma che mira a ridurre da due a una le ore settimanali di insegnamento della religione cattolica nelle scuole, la sola obbligatoria per legge. La riforma, inserita in un ben più ampio progetto di razionalizzazione dei rapporti tra Stato e confessioni religione, punta a rimodulare gli accordi stabiliti con il concordato del 1993, di per sé molto vantaggioso nei confronti delle diocesi facenti capo a Roma.

E così che sono bastate le sole voci, fuoriuscite nei giorni scorsi dai palazzi del potere di Cracovia, a far riunire i membri della Kep affinché concordassero, in occasione delle celebrazioni eucaristiche del primo dell’anno, la diramazione di un comunicato contenente l’esplicita volontà di intraprendere azioni legali contro i membri del gabinetto. Una volontà peculiare, dal momento in cui i nuovi termini voluti da Tusk non lederebbero in alcun modo gli accordi stabiliti oltre 30 anni fa tra la confessione religiosa e lo stato polacco.

I vantaggi del protocollo

Il protocollo d’intesa, infatti, prevede l’insegnamento della sola religione cattolica nelle scuole, e rende possibile l’insegnamento di una seconda dottrina solo dopo aver ricevuto la richiesta formale di almeno 7 membri della classe. Inoltre, prevede l’esenzione dalle tasse sui patrimoni mobiliari e la possibilità di esporre i propri simboli negli edifici pubblici come uffici, scuole, ospedali e altre strutture, oltre a prevedere la reclusione fino a due anni per offese al sentimento religioso.

Il cambio di governo e il peggioramento dei rapporti

Tutti questi sono elementi dei quali la Chiesa cattolica ha agilmente goduto soprattutto nel corso delle due legislature appena trascorse, che hanno visto al potere Mateusz Morawiecki e Beata  Szydlo per conto del partito populista-conservatore “Diritto e Giustizia”. Ben otto anni durante i quali, ad esempio, è apparsa la scritta “Bóg, honor, ojczyzna”, Dio Onore Patria, sui passaporti a partire dal 2018, il tutto mentre il diritto all’aborto veniva pesantemente avversato e ristretto per accessibilità e inclusione.

La secolarizzazione della società polacca

Nonostante ciò, la società polacca sta affrontando un processo di modesta ma costante secolarizzazione. In tutta la nazione, infatti, solo uno studente su tre decide di frequentare le ore messe a disposizione all’interno dell’offerta formativa. Una percentuale che si riduce ulteriormente al 19% se consideriamo unicamente i dati provenienti dall’ultimo anno di liceo. E proprio come in Italia, non per ultimo, i fondi stanziati per espletare il servizio sono pagati dallo Stato, mentre la selezione dei docenti e i piani didattici sono affidati alla Chiesa. Un’attività, quella dell’educazione religiosa, definita dai vescovi come “capace di offrire una bella testimonianza di fede”. Un atto dal quale molti giovani, ad oggi, si stanno razionalmente allontanando.