L’affaire Ferragnez ha fatto tornare a galla un dibattito che ciclicamente si ripropone senza mai raggiungere un compimento né trovare soluzione: la pubblicazione di foto e/o video dei propri figli sul web. Chiara Ferragni e Federico Leonardo Lucia in arte Fedez, in aria di divorzio, pare non siano più d’accordo sulla condivisione con l’universo mondo delle immagini dei propri bambini.
A confermare questa teoria il fatto che negli ultimi contenuti i piccoli di casa Ferragni-Fedez compaiono di spalle. Scelta legittima ma, ci sia concesso, un tantinello in ritardo, considerando che, a quanto si dice in giro, i bambini nei mesi e negli anni passati sono stati ampiamente ripresi, fotografati, condivisi e mercificati su ogni piattaforma possibile e immaginabile.
Le immagini di bambini sul web: i rischi
Al di là del tempismo di una delle coppie più chiacchierate dello show-biz contemporaneo, a far riflettere è la scelta di uno dei due genitori di smetterla con le baby-vetrine. L’aria di divorzio, deve aver portato con sé la consapevolezza che la genitorialità non genera in automatico l’arbitrio di disporre in maniera del tutto deliberata delle immagini di bambini inconsapevoli e comunque non capaci di scegliere in maniera razionale se farsi vedere in pubblico oppure no.
La questione di certo non riguarda solo i Ferragnez e vede in campo schiere di sociologi, comunicatori e psicologi che, nella maggior parte dei casi, si trovano posizionati dalla stessa parte del campo, quella del no. Il motivo è presto detto: i bambini nati dopo il 2012 tra qualche anno si troveranno a dover fare i conti con un archivio digitale (rigorosamente pubblico) di scatti più o meno imbarazzati pronti a documentare la loro esistenza istante per istante, alla portata di pedofili e speculatori.
E se questa, di per sé, appare una faccenda terrorizzante, non piacevole sarà per loro dover fare i conti con i commenti di sconosciuti che, passando di lì magari per caso, si sono lanciati in esternazioni di pensiero più o meno piacevoli. L’impatto psicologico potrebbe essere devastante. Per comprenderlo pienamente è sufficiente riflettere sulla reazione che si ha quando ci si trova al cospetto di amici e parenti a sfogliare un vecchio album di foto. Quante volte si preferisce saltare qualche pagina per pudore o, molto più semplicemente, perché quello scatto in cucina, al compleanno della cuginetta, proprio non ci piace? Bene, sul web la questione è assai più complessa. Non si può voltare pagina né evitare che qualcuno veda quello scatto orientativamente “da qua a sempre”. Il diritto all’oblio non è certo un percorso alla portata di tutti e non appare come la soluzione più immediata.
La proposta di legge contro lo shareting
A chiedersi cosa fare adesso tremano i polsi. Larga parte del danno ormai è fatta ed è legata a doppio filo a una pressoché totale ignoranza del web e del suo funzionamento intrinseco. Ma se piangere sul latte versato servirà a poco, c’è ancora tempo per evitare di continuare a commettere lo stesso errore. Per riuscire in questo intento, in un Paese in cui i divieti valgono più del buon senso, serve puntare sulle norme. Su questo fronte, si è mossa Alleanza Verdi-Sinistra che sta lavorando a una proposta di legge contro lo shareting. Le implicazioni negative previste dalla proposta vanno dal rischio di sfruttamento commerciale alla pedopornografia, l’obiettivo è tutelare maggiormente la privacy dei piccoli, limitando la loro esposizione mediatica e introducendo l’obbligo di informare Agcom con una dichiarazione che deve essere sottoscritta da entrambi i genitori.
Nel caso in cui, poi, si guadagni dall’esposizione dei bimbi, per limitare il rischio del loro sfruttamento a fini commerciali, la proposta lancia l’idea di vincolare i genitori a depositare gli eventuali introiti in un conto bancario intestato al minore, a cui solo lui potrà accedere una volta compiuta la maggiore età (salvo casi eccezionali). Infine, si richiede che al compimento del quattordicesimo anno il minore possa ottenere l’oblio digitale, ovvero che possa richiedere di rimuovere dal web tutti i contenuti che lo vedono protagonista.
La strada appare ancora in salita, ma la direzione è indiscutibilmente quella giusta. Nel frattempo, buona pratica sarebbe evitare di fare dei propri figli uno strumento di comunicazione e/o una fonte di guadagno, come social vorrebbero, e tenersi ben saldi a quel raziocinio che dovrebbe caratterizzare la specie umana.