“Sono contento del titolo, Let’s Kiss, perché la battaglia che oggi la comunità deve affrontare è proprio quella dell’affettività. Tutte le aggressioni che le coppie omosessuali subiscono in strada lo dimostrano”. Franco Grillini, presidente onorario di Arcigay e una delle principali figure di riferimento in Italia nella lotta per i diritti Lgbt+, uscirà in sala con un documentario a lui dedicato: Let’s kiss - Franco Grillini Storia di una rivoluzione gentile. L’opera, del regista Filippo Vendemmiati prodotta da Genoma Films con Albedo, ha debuttato alla Festa del cinema di Roma nella sezione autonoma Alice nella città e arriverà da fine ottobre con una rete di proiezioni in 150 sale e più avanti su Sky. Ottantacinque minuti di pellicola in cui il fondatore di Arcigay e Lila (Lega italiana per la lotta contro l’Aids) ripercorre la strada delle battaglie, pubbliche e personali, compresa quella più recente di un mieloma multiplo, che hanno costellato la sua vita, soffermandosi sui periodi più complessi: come gli anni Ottanta in cui si è diffuso l’Aids e la cultura omofobica che voleva gli omosessuali gli unici colpevoli del virus Hiv.
Grillini, come siete riusciti a cambiare il modo di pensare di un Paese? Con la gentilezza?
“La nostra volontà è sempre stata quella di portare i risultati a casa: legislativi, sociali, politici e amministrativi. 'Come' mi sembra un falso problema, un problema ideologico. Al tempo avevamo a che fare con un Paese che metteva gli omosessuali al vertice dell’antipatia. Il mio amico Arrigo Levi, direttore de La Stampa, che purtroppo non c’è più, organizzava insieme alla comunità ebraica dei sondaggi e per anni gli omosessuali sono stati al primo posto per antipatia, seguiti da zingari, immigrati ed ebrei”.Un primo posto inquietante.
“Sì, dettato dalla paura e dal pregiudizio. Per questo il nostro obiettivo era parlare a tutto il Paese: renderci visibili per sconfiggere l’ignoranza e di conseguenza il pregiudizio che l’ignoranza genera”.Come ci siete riusciti?
“Innanzitutto con i Pride. All’inizio eravamo migliaia di persone, oggi siamo diventati un milione. Prima della pandemia, nel 2019, siamo riusciti a organizzarne 41 in tutta Italia. E, appena possibile, riprenderemo. Perché è la visibilità, il farsi vedere, il dichiararsi, il dirlo a famiglia, genitori, amici, compagni di lavoro, conoscenti che genera vicinanza. E la vicinanza cambia il modo di pensare delle persone”.La vostra rivoluzione, in cosa è consistita?
“È stata una rivoluzione culturale: l’accettazione dell’omosessualità che era minoritaria in questi 40 anni di storia è diventata maggioritaria”.E dai numeri sembra crescere sempre di più. Le ricerche Ipsos dicono che dal 2013 al 2021 gli italiani che dichiarano di voler riconoscere alle coppie omosessuali il matrimonio egualitario sono passati dal 48% al 63%. Ma perché sul piano dei diritti siamo così in ritardo? Colpa del Vaticano o della politica?
“Il Vaticano è stato molto aggressivo nei primi anni: con il Papa polacco prima e con quello tedesco poi lo scontro da parte nostra è stato infatti all’arma bianca. Rispondevamo a tono, colpo su colpo, come si vede anche nel documentario. Il Papa polacco, durante l’Angelus di fronte agli italiani, diceva: “Mai e poi mai una coppia omosessuale può essere considerata famiglia”. Un’aggressività che chiamava aggressività, infatti lo mandavamo a cagare e poi replicavamo che la famiglia, come ce l’aveva in testa lui, era molto più complicata nella realtà”.E Papa Francesco?
“Francesco non ha cambiato né la dottrina, né la tradizione, ma i toni sì. E questo è importante perché l’aggressività dei suoi predecessori produceva danni e sofferenza, soprattutto per quanto riguardava i gay credenti, tra i quali avevamo registrato un numero altissimo di suicidi, che resta la prima causa di morte tra i giovani adolescenti gay. Ancora oggi la fede cattolica è prevalente tra i casi di suicidio, perché nasce un contrasto tra la fede e la propria vita, la condizione religiosa e la realtà che le persone vivono. L’aver cambiato i toni ha ridotto un fenomeno molto drammatico e preoccupante, al quale facevamo fatica a mettere un argine. Sono diminuiti anche gli omocidi, cioè gli omicidi di persone omosessuali, che negli anni 90 erano concentrati nella città di Roma ed erano talmente tanti che anche il New York Times ci aveva scritto un editoriale. Se si riduce l’aggressività religiosa, che copriva ideologicamente le violenze contro gli omosessuali, si riducono anche gli effetti nefasti di questa aggressività”.Ma le violenze contro la comunità Lgbtq+ continuano tuttora.
“Sono ancora forti, perché quotidiane e in questa fase sono concentrate sull’espressione dell’affettività: le persone infatti vengono picchiate per strada perché si baciano o si tengono per mano. E questo resta inaccettabile”.Il Ddl Zan vorrebbe intervenire proprio sulle violenze omo-lesbo-bi-transfobiche. Come mai la destra si dimostra così contraria?
“Perché la destra italiana, essendo senza cultura e senza idee, da decenni insegue quelle dei gruppi estremisti”.Che rappresentano però una percentuale irrisoria dell’elettorato
“Massimo arrivano al 5%. Ma la destra invece che ascoltare la maggioranza del Paese insegue le minoranze, violente e molto rumorose, che però sempre minoranze restano: che siano gli omofobi, i no vax, gli xenofobi o gli anti-immigrati. Si è visto alle amministrative quanto valgono in termini di elettorato. È una scelta della destra italiana quella di essere così estremista e sposare delle battaglie così becere”.