Mentre gli
Stati Uniti fanno passi avanti (indietro) per procedere all'
abolizione del diritto all'aborto, in
Italia la situazione non sembra tanto più felice. Secondo un'indagine condotta dall'
Associazione Luca Coscioni, tutti i
ginecologi di molti
ospedali italiani sono
obiettori di coscienza. Per questo motivo e "per porre fine alla violazione in corso dei diritti fondamentali delle persone che necessitano di accedere all'
interruzione volontaria di gravidanza", l'associazione ha inviato una lettera aperta al ministro della Salute
Roberto Speranza e alla ministra della Giustizia
Marta Cartabia, resa nota oggi in occasione di una conferenza stampa promossa per fare il punto della situazione sulla
legge 194 del 1978, a 44 anni dalla sua entrata in vigore.
L'Associazione Luca Coscioni ha denunciato che il 100% dei ginecologi in molti ospedali italiani è obiettore di coscienza (Foto Ansa)
Associazione Coscioni: "Il 100% dei ginecologi in molti ospedali è obiettore di coscienza"
Sono 31 (
24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie in Italia con il 100% di
obiettori di coscienza per medici ginecologi, anestesisti, infermieri o OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all'80%. Sono questi i dati più significativi che emergono dall'indagine 'Mai Dati!', condotta su oltre 180 strutture da Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina, e Sonia Montegiove, informatica e giornalista, e presentata con l'Associazione Luca Coscioni alla conferenza stampa organizzata alla Camera dei Deputati la mattina di martedì 17 maggio, in occasione dei 44 anni dall'entrata in vigore della legge 194. "In questi giorni la 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza compie 44 anni. Avere un quadro chiaro dello stato di salute di questa legge purtroppo non è facile, proprio perché non abbiamo dati aggiornati e dettagliati", ha dichiarato Filomena Gallo, avvocato e Segretario Nazionale dell'Associazione Luca Coscioni. "Una cosa è però molto chiara - ha aggiunto -:
la legge 194 è ancora mal applicata o addirittura ignorata in molte aree del nostro Paese. Oggi chiediamo con urgenza al ministro della Salute Roberto Speranza e al ministro della Giustizia Marta Cartabia che i dati sull'applicazione della legge 194 siano in formato aperto, di qualità, aggiornati e non aggregati, che si sappia quanti sono i non obiettori che eseguono le interruzioni volontarie di gravidanza e gli operatori che le eseguono dopo il primo trimestre; che tutte le regioni offrano realmente la possibilità di eseguire le interruzioni volontarie di gravidanza farmacologiche in regime ambulatoriale; che venga inerito nei Lea (Livelli essenziali di assistenza,
ndr) un indicatore rappresentativo della effettiva possibilità di accedere all'interruzione volontaria di gravidanza in ciascuna regione; e che la relazione ministeriale venga presentata ogni anno nel rispetto dell'articolo 16 della stessa 194". Le autrici della ricerca Chiara Lalli e Sonia Montegiove sottolineano che l'indagine 'Mai Dati!' "ci dice che la valutazione del numero degli obiettori e dei non obiettori è troppo spesso molto lontana dalla realtà. Dobbiamo infatti sapere, tra i non obiettori, chi esegue realmente le interruzioni volontarie di gravidanza: in alcuni ospedali
alcuni non obiettori eseguono solo ecografie oppure ci sono non obiettori che lavorano in ospedali nei quali non esiste il servizio Ivg, e quindi non ne eseguono". "
La percentuale nazionale di ginecologi non obiettori di coscienza, che secondo la Relazione
è del 33%, deve dunque essere ulteriormente ridotta - rimarcano ancora Lalli e Montegiove - perché non tutti i non obiettori eseguono Ivg. Non basta conoscere la percentuale media degli obiettori per regione per sapere se l'accesso all'Ivg è davvero garantito in una determinata struttura sanitaria. Perché ottenere un aborto è un servizio medico e non può essere una caccia al tesoro".
Un cartellone pro aborto montato a Milano contro i medici obiettori di coscienza (Foto Ansa)
Legge 194 sull'aborto, che cosa dice
La legge 194 del 1978 è quella che ha depenalizzato e disciplinato le modalità di accesso all'aborto in Italia. Oggi nel nostro Paese - così si legge sul
sito del ministero della Salute - una donna può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza
entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza sono: 1) esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti; 2) aiuto alla rimozione delle cause che porterebbero all'interruzione della gravidanza; 3) certificazione; 4) invito a soprassedere per 7 giorni in assenza di urgenza, sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza. In Italia esistono due tecniche per eseguire una interruzione volontaria di gravidanza: 1) il
metodo farmacologico; 2) il
metodo chirurgico. L'interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo farmacologico è una procedura medica che si basa sull'assunzione di almeno due principi attivi diversi, il
mifepristone e una
prostaglandina. L'Ivg attraverso metodo farmacologico può essere richiesta
fino a 63 giorni di età gestazionale. L'interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo chirurgico, invece, può essere effettuata in anestesia generale o locale nelle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.