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La famiglia che vorrei è quella senza confini o criteri imposti

Nina Zilli, Lidia Carew e Cristiano Fico raccontano, durante il festival di Luce! a Firenze, il loro concetto di famiglia e le loro esperienze, in alcuni casi drammatiche

di CATERINA CECCUTI -
22 ottobre 2023
Il Festival di Luce!

Il Festival di Luce!

“La famiglia che vorrei”

Al III Festival di Luce! si parla di genitorialità, famiglia tradizionale e nuove famiglie, insieme alla cantautrice Nina Zilli, alla performer Lidia Carew e al referente per le Famiglie Arcobaleno in Toscana Cristiano Fico.

Cosa significa “famiglia”?

E quali sono i colori che, nell'immaginario collettivo, utilizziamo per identificarla? Al terzo Festival di “Luce!” Valerio Baroncini ne ha parlato insieme a tre ospiti d'eccezione, che hanno portato la propria particolare testimonianza di fronte al pubblico giovane e partecipativo che alle 15.30 gremiva il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio.
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PRESSPHOTO Firenze, Palazzo Vecchio. Il Festival di Luce!Nella foto Cristiano Fico, Lidia CarewNew Press Photo

Nina Zilli, cantautrice di successo ma soprattutto mamma della piccola Anna Blue: “Formare una famiglia, oggi, è un atto di grande coraggio. Come dice Vasco Rossi “la cosa più rock che abbia mai fatto è decidere di avere una famiglia”; soprattutto nel nostro mestiere, soprattutto per noi neo mamme, fortemente impegnate a non rimanere indietro in campo professionale. Per quanto riguarda la mia maternità, ho raccontato in un'intervista che al primo reality check ero ancora incinta di quattro mesi e mi sono sentita dire “No va bé, se è incinta grazie ma non ce la farà”, come se aspettare un bambino fosse una malattia. Se permettete sarò io a partorire; dovrò certamente riprendermi, ma saprò io quando sarò pronta per lavorare. Fortunatamente però, da quando sono madre, ho incontrato anche molta solidarietà. Per esempio Anna Blue oggi è qui con me. C'è un mondo bello, fatto di rispetto e di tanti grandi uomini che ci affiancano nella lotta per i diritti alla parità, una lotta che ci permetterà di arrivare ad una società in cui il sesso cui si appartiene non conta, conterà solo la meritocrazia”.

Quando il colore della pelle crea distanze

Lidia Carew, ballerina, attrice, presidente dell'Associazione “Lidia dice” per il supporto a quanti si sentono stigmatizzati, inadeguati nella società, e a chi pensa di non potersi realizzare: “Sono figlia di una madre italiana e di un padre nigeriano. Io sono italiana, da piccola mi vedevo e mi sentivo italiana, ma il colore della mia pelle e il mio fisico molto atletico segnavano una distanza tra me e le mie compagne.
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PRESSPHOTO Firenze, Palazzo Vecchio. Il Festival di Luce!Nella foto Lidia CarewNew Press Photo

Oggi ho un figlio, la sua pelle è bianca, la gente mi chiede se io sia la sua baby sitter. Mi dice cose come: “Ma come fa questo bambino ad essere tuo figlio se ha la pelle bianca e tu hai la pelle nera?”.

Bullizzati dallo Stato

Cristiano Fico, referente delle Famiglie Arcobaleno in Toscana: “La società ci ha accettato, ma le istituzioni non ci tutelano ancora. Siamo vittime di “bullismo di Stato” e serve una legge che tuteli i diritti e i doveri di noi genitori nei confronti dei nostri figli”. Tre testimonianze che raccontano di difficoltà incontrate, ma anche di traguardi raggiunti, cose che finalmente si smuovono e sembrano cambiare. In una parola: solidarietà verso un concetto di famiglia allargata, per definire la quale servono tutti i colori dell'arcobaleno: “Quando è nato nostro figlio tramite gestazione per altri – spiega Fico -, i condomini del palazzo in cui abitiamo, a Prato, ci hanno portato un regalo per festeggiare insieme a noi la nascita di Tommaso. Non avevamo messo cartelloni, né sparso la voce. Semplicemente, avevamo chiesto ai nonni di appendere un fiocco azzurro alla porta del palazzo. Chiusura totale invece per quanto riguarda le istituzioni, lo Stato e il legislatore. Soprattutto nei confronti del genitore intenzionale. La Toscana, però, è un esempio positivo.”
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PRESSPHOTO Firenze, Palazzo Vecchio. Il Festival di Luce!Nella foto Cristiano FicoNew Press Photo

Picconata dopo picconata, però, grazie all'impegno di chi, negli anni, si è sforzato di cambiare le cose, il muro che separa il concetto di famiglia tradizionale da quella allargata si sta lentamente sgretolando: “Quando ero incinta – ha raccontato Carew – con l'Associazione Lidia dice ho dato vita al progetto “Figli≠Genitori”, perché una delle cose che ho scoperto quando ho partorito è stato il colore della pelle di mio figlio. Il mio percorso, come figlia di una coppia mista, ha avuto molto a che vedere con questa realtà. Da piccola mi guardavo allo specchio e mi vedevo nera, mi vedevo italiana e non avevo tanti dubbi. Non c'era niente di diverso in me. Ma crescendo ho capito che la società che avevo intorno la pensava diversamente e che metteva in dubbio il mio essere italiana. Quando aspettavamo nostro figlio mi sono posta una domanda: “Come posso rendere la vita del mio bambino meno complessa, con meno ostacoli, se ce ne saranno?”. Volevo prevenire.

Il progetto

Il progetto Figli≠Genitori è nato così, come una raccolta di storie di famiglie che si son trovate ad affrontare questioni come il colore della pelle nel caso di un figlio di coppia mista, i gusti sessuali nel caso di un figlio omosessuale, la disabilità in un figlio di genitori normodotati. Un'esperienza che mi ha fatto dire che possiamo imparare dagli altri. Banale, forse, ma anche semplice, diretto ed efficace. L'obiettivo di Figli ≠ Genitori è proprio quello di creare una guida, attraverso storie e incontri che possano generare confronto e condivisione.” “Chi ha detto che la famiglia basata sui legami di sangue sia migliore di quella non tradizionale? - è stata la puntualizzazione di Nina Zilli -. Tra le mura domestiche “tradizionali” si consumano la maggior parte dei femminicidi in Italia. Sono cantautrice e le mie canzoni le scrivo da sola.
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PRESSPHOTO Firenze, Palazzo Vecchio. Il Festival di Luce!Nella foto Nina ZilliNew Press Photo

Ma nel lavoro che svolgo, quello della musica, la condivisione è alla base. Non a caso quando siamo in tour ci definiamo una famiglia: la famiglia della musica. Perché la nostra vita ci porta a stare gomito a gomito 24 ore su 24 per tanti mesi di fila. Ed è lì che si capiscono il valore e il concetto di famiglia sicuramente non tradizionale. Non importa quale lavoro si faccia, l'idea di famiglia è molto vasta, da soli non si può resistere, insieme invece è come un miracolo.”

"Nata per te" il figlio su Luca Trapanese e Alba

A conclusione del dibattito condotto dal vice direttore Valerio Baroncini, è stato proiettato il trailer del nuovo film di Fabio Mollo “Nata per te”, ossia la vera storia di Luca Trapanese, un uomo singol omosessuale che intende adottare Alba, bambina con Sindrome di Down abbandonata in ospedale. Il tribunale di Napoli sta cercando una famiglia idonea che possa prendersene cura, perché per la legge italiana le famiglie composte da un uomo e da una donna hanno la priorità nei casi d'adozione. “È l'ora di abbattere le discriminazioni, soprattutto a livello istituzionale – ha concluso Fico -. Nei messaggi che ricevo dalle famiglie della chat arcobaleno leggo cose che non possono, non devono più accadere: “Avere tua figlia ricoverata all'Ospedale Meyer e non poter dare il cambio alla tua partner perché non puoi decidere per la bambina. Vedere un'educatrice, con gli occhi bassi, che ti porta la delega da firmare per poter andare a prendere i tuoi bambini al nido.

"Per lo Stato non esisti"

Non poter chiedere i congedi parentali perché per l'INPS non esisti. Portare tuo figlio a fare la preospedalizzazione per un piccolo intervento, rispondere alle domande per poi capire che si riferiscono a questioni genetiche e tu non sei il suo genitore biologico. Dover sempre ribadire che i tuoi figli hanno due mamme. Quando sono nati non mi hanno dato il permesso per stare con loro e con la mia compagna, sono dovuta andare a lavoro. Ho avuto solo il giorno della nascita, come giorno di ferie. Avere in mano un certificato di nascita con il mio nome, ma sapere che se domani qualcuno scende con il piede sbagliato lo impugna ed io torno un fantasma. È frustrante: ho pianto quando sono andata alla prima riunione di classe e nel momento delle elezioni del rappresentante ho letto anche il mio nome nella lista. Non si può andare avanti così”. Questo è solo uno dei tanti messaggi che arrivano sulla nostra chat. Molti comuni, anche della Toscana, trascrivono certificati di nascita con due genitori dello stesso sesso. È un foglio di carta, ma a noi risolve veramente tanto. Si tratta però soltanto di un atto amministrativo, che può essere impugnato in qualsiasi momento. Un genitore che si vede riconosciuto dall'amministrazione locale, può avere il certificato impugnato dalla Procura della Repubblica ed essere cancellato d'ufficio. A Padova, ci sono 33 bambini che all'improvviso – dalla sera alla mattina – si sono visti cancellare uno dei due genitori dal punto vista legale. Questo non è possibile, è ora di finirla. Da anni chiediamo una legge che tuteli i nostri figli, non chiediamo diritti su di loro ma doveri riconosciuti nei loro confronti. In caso di morte del genitore biologico, il genitore intenzionale non ha nessun tipo di dovere né di diritto nei confronti di quel bambino, così come la parentela di nonni, zii ecc. È ora di smettere di chiamare “unioni civili” quelli che invece devono essere considerati matrimoni egualitari e deve essere concessa la libertà di poter adottare dei figli anche alle coppie omosessuali e ai single, perché è l'amore che crea una famiglia."