Nel mondo, sono
sette milioni l’anno, secondo le stime dell’Oms, le morti premature per l’esposizione agli
inquinanti atmosferici. In Europa si stima che l’esposizione a lungo termine al PM 2.5 sia stata responsabile di circa
417mila morti premature, di cui circa 379mila nell’Ue. Mentre, già dal 2013, l’inquinamento atmosferico esterno e in particolare il particolato sono stati classificati come
cancerogeni dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Oms. Dati drammatici, dovuti soprattutto ai
combustibili fossili (ad esempio il carbone, benzina, gasolio, ecc.) e alla
biomassa (legna, pellet, ecc.) utilizzati per generare energia.
Qualità dell'aria: nel 2019 la maggior parte degli stati Ue ha superato i limiti Oms
Proteste per il clima, i poster dei designer
Stefan Downs e Tina Touli
Nonostante tutto ciò sia oramai di pubblico dominio, e i dati siano conosciuti perfettamente dai decisori politici, secondo le stime ufficiali dell’agenzia europea dell’ambiente (rilevati attraverso oltre 4.500 stazioni di monitoraggio in 40 Paesi del Vecchio Continente)
la maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea ha superato nel 2019 almeno uno o più dei limiti stabiliti dalle norme europee per gli inquinanti nell’aria ambiente. E, anche se si rispettano in larga misura i limiti di legge, le concentrazioni di inquinanti rilevate superano i valori raccomandati dall’Oms per tutelare la salute con le
Linee guida adottate nel 2005. Mentre le nuove
Linee guida presentate dall’Oms il 22 settembre 2021 propongono valori ancora più cautelativi, essendo il frutto di studi approfonditi che hanno coinvolto centinaia di esperti, e sono quindi fondate su evidenze scientifiche certe.
Quali sono i nemici della nostra salute quando respiriamo aria inquinata?
Proteste per il clima, poster di Carla Scotto
PM10. Innanzitutto il
particolarato, particelle di diametro uguale o inferiore a 10 micron,
emesse principalmente dai combustibili per il riscaldamento domestico. Altre fonti importanti sono le
attività industriali,
l’agricoltura e i
trasporti stradali. Alcune provengono anche da
fonti naturali come il sale marino o la polvere sahariana e, infine, alcune si formano nell’atmosfera dalla
combinazione di diversi gas. Il
sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), composto dalle agenzie ambientali regionali e delle province autonome, sulle PM10 ha rilevato nel 2019 il
superamento del valore raccomandato dall’Oms nelle vecchie linee guida 2005 per la media annuale (che indica l’esposizione media della popolazione a questo inquinante)
in 395 stazioni di monitoraggio su 521 (cioè il
76%).
PM2.5. Poi il
particolato fine, ovvero particelle con diametro uguale o inferiore a 2.5 micron emesse principalmente dai
combustibili per il riscaldamento domestico, dalle
attività industriali e dal
trasporto su strada. Come per il PM10, anche in questo caso le particelle provenire da
fonti naturali e possono
formarsi nell’atmosfera. In questo caso il
sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, ha rilevato nel 2019 il superamento del valore raccomandato dall’Oms
in 235 stazioni di monitoraggio su 290 (cioè l’
80%).
Piste ciclabili, verde, Ztl, campagne di informazione: le soluzioni degli esperti
Cosa si può fare per invertire la tendenza? Gli esperti sono tutti concordi: investire in
percorsi ciclabili,
depavimentazione e aumento del
verde in città,
zone a traffico limitato, città a 30 km/h,
strade scolastiche sicure. E ancora, riduzione delle auto in sosta,
campagne di informazione sulla qualità dell’aria, t
rasporto pubblico su corsie preferenziali,
non più impianti a legna,
pellet e gasolio,
mobilità condivisa e
super ciclabili. Infine, soprattutto ora che ci troveremo a spendere i soldi del Pnrr, fare attenzione al greenwashing, ovvero a quei comportamenti di aziende, enti o altri che si presentano come attenti all’ambiente, ma in realtà si tratta solamente di un atteggiamento di facciata e non sostanziale.