Scuola: più disuguaglianze fra nord e sud e tra figli di famiglie ricche e svantaggiate

di DOMENICO GUARINO
16 luglio 2021
Scuola Pietro Micca Presidio studenti scuola elementari contro la DAD organizzato dai genitori

Scuola Pietro Micca Presidio studenti scuola elementari contro la DAD organizzato dai genitori

Dai dati Invalsi arriva, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno,  la conferma della crescita delle disuguaglianze nel nostro Paese: il  12,3% degli studenti in condizioni socioeconomiche difficili abbandona gli studi, a fronte del 5,3% di quelli con maggiori risorse. Più del doppio quindi. Un dato che lascia pochi spazi al dubbio. E come se non bastasse i due anni di dad dovuti al Covid non hanno tatto che aumentare ulteriormente questo divario. Alle scuole medie  infatti il 39% degli studenti che hanno svolto i test invalsi non raggiunge il livello minimo di competenze in italiano, e il 45% in matematica con un aumento, per entrambe, di 5 punti percentuali rispetto al 2019. Alle scuole superiori il learning loss è ancora più marcato: si passa infatti dal 35% di studenti che non raggiungevano le competenze minime di italiano nel 2019, al 44% nel 2021, e in matematica dal 42% nel 2019, al 51% nel 2021. L’incremento delle quote di studenti in difficoltà è molto più accentuato tra coloro i quali provengono da famiglie svantaggiate dal punto di vista socio-economico, e che vivono nelle regioni del sud, dove oltre la metà degli studenti non raggiunge il livello minimo di competenze in matematica e lettura. In crescita, di 2,5% rispetto al 2019, anche il dato relativo all’abbandono scolastico che si attesta al 9,5%: anche in questo caso, maggiormente danneggiati sono stati i minori più svantaggiati dal punto di vista socioeconomico, il 12,3% dei quali abbandonano la scuola prematuramente (a fronte del 5,3% per gli alunni che provengono da famiglie non svantaggiate dal punto di vista socioeconomico). E anche in questo caso più penalizzati coloro che vivono nelle regioni sud, dove il tasso di abbandono si attesta al 14,8% (nelle regioni al nord scende al 2,6%).  "I dati Invasi certificano il fatto che se la crisi ha colpito complessivamente tutti gli studenti, i bambini e ragazzi che erano già in condizioni di svantaggio hanno subito le conseguenze più gravi! ” sottolinea Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia- Europa di Save the Children. Che aggiunge “i mesi lontani dalle aule hanno contribuito ad aumentare le diseguaglianze, accrescendo le difficoltà di quei bambini e adolescenti che si sono trovati a seguire la didattica a distanza senza gli strumenti e le condizioni idonee, privi di supporto adeguato, e sono stati lasciati cosi indietro rispetto ai compagni". Secondo Milano dunque “qualunque dibattito sulla riapertura o meno delle scuole a settembre, a fronte di questi dati, è inaccettabile e tutti gli sforzi devono essere volti a ridare a tutti gli studenti la possibilità di tornare in classe, altrimenti rischiamo di condannare quelli più vulnerabili a un percorso senza uscita” La povertà educativa è lo specchio di un fenomeno più generale. La povertà minorile in Italia, in poco più di dieci anni è aumentata infatti di ben dieci punti percentuali e ha raggiunto nel 2020 il suo massimo storico degli ultimi 15 anni: 1 milione e 346 mila minori (il 13,6% dei bambini e degli adolescenti in Italia), ben 209mila in più rispetto all’anno precedente, sono in condizioni di povertà assoluta. Un dato destinato a crescere con la crisi economica generata dal Covid e dovuto, in larga parte, all’aumento consistente del numero di genitori che hanno perso temporaneamente o definitivamente il lavoro, 345.000 durante l’anno trascorso, e la conseguente diminuzione delle loro disponibilità economiche.