Stessa spiaggia stesso mare? Sì, ma ‘a pago’. L'Italia infatti ha il record di arenili inaccessibili perché ‘sequestrati’ (grazie a leggi molto permissive e talvolta all'uso estensivo delle regole) da privati che utilizzano un bene demaniale a fini economici, privando spesso i cittadini del diritto a godere di almeno un pezzetto dei circa 8000 chilometri di costa del Belpaese.
Secondo i dati del demanio infatti, di 3.346 chilometri di spiagge accessibili, in Italia ne sono affidate ai privati il 42% fra lidi e campeggi. Secondo Legambiente, a questa cifra va aggiunto poi un altro 8% di privatizzazione sotto altre forme. Insomma, gli stabilimenti balneari occupano poco meno della metà della litoranea italiana.
Il primato italiano dei lidi occupati
Un dato che consegna al nostro Paese un primato ben poco invidiabile. Senza infatti arrivare al limite estremo dell’ordinamento spagnolo, secondo cui le spiagge sono libere e quindi non possono essere oggetto di concessione, possiamo infatti vedere come in Francia almeno l’80% della riva deve rimanere libera da strutture, equipaggiamenti o installazioni, in Portogallo le licenze durano al massimo dieci anni e in Grecia la normativa nazionale prevede procedure di selezione che garantiscono imparzialità e trasparenza.
In Italia invece, nonostante le direttive europee stabiliscano che il bagnasciuga è libero per tutti e i titolari delle concessioni debbano “consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione” nei cinque metri che separano la spiaggia dal mare, chiunque di noi ha esperienza del fatto che questo diritto rimane sulla carta ed è nella massima parte dei casi inesigibile. Senza contare che le concessioni stesse dovrebbero essere rimesse a bando e ridiscusse nei termini al fine di garantire libera concorrenza, al posto dell'ereditarietà sostanzialmente feudale che oggi regna, trasmettendo lo sfruttamento degli arenili a fini economici di padre in figlio.
Il coordinamento ‘Mare Libero’
Cosa fare dunque per garantirsi 'un posto al sole'? I militanti di 'Mare Libero' non hanno dubbi: prendersi in prima persona quel diritto che i proprietari delle concessioni tendono a negare. Come? Molto semplicemente andando negli stabilimenti balneari e piazzandosi in spiaggia con asciugamani e ombrelloni portati da casa, ovviamente senza pagare, e diffondendo poi sui social diffondono i video delle loro scorribande.
l Coordinamento Nazionale Mare Libero APS (CoNaMaL) si è costituito a Firenze il 20 ottobre 2019, dalla volontà di cittadini, associazioni e comitati già attivi da anni in molti territori italiani, dal litorale romano al Cilento, dalla Versilia alla Riviera romagnola, uniti dal comune intento di liberare il mare e le spiagge e restituirli alla collettività.
“Dopo diversi anni passati a contrastare i provvedimenti illegittimi delle amministrazioni comunali di tutto il Paese, quasi sempre più favorevoli agli interessi privati dei concessionari gestori degli stabilimenti che ai diritti dei cittadini, abbiamo deciso di unire le nostre forze e rivolgere le nostre (pacifiche) armi dove è più urgente intervenire: sulle istituzioni nazionali” scrivono sul loro sito gli aderenti all'associazione. Secondo cui “la storia della gestione del mare e delle spiagge, in Italia, è una storia che ha trasformato nel tempo le concessioni in proprietà private, conferendo ai titolari, sempre gli stessi, una fortuna economica altrimenti difficilmente raggiungibile, nonché un enorme potere contrattuale nei confronti della politica, a tutti i livelli”.
Il Manifesto per il mare
Alla base della loro azione c'è il “Manifesto per il mare” un documento in cui sono esposti i principi fondamentali dell'azione di Mare libero. Ovvero “restituire il mare alla comunità, ridisegnare l’aspetto delle coste rendendole più rispettose della natura, sottrarre il mare e le spiagge a chi li tiene solo per sé, combattendo le proroghe illegittime delle concessioni, affidare la gestione delle spiagge a chi sa curarle nel comune interesse”. E ancora “trattare il mare e le spiagge come beni collettivi e non come beni a vantaggio pochi, controllare la regolarità di tutte le procedure”. Infine “partire dal mare per la trasformazione del territorio”.
Un programma ambizioso sostenuto da una rete di soggetti locali attivi su tutto il territorio nazionale. “Le spiagge non sono da liberare, sono già libere” dice Agostino Biondo, coordinatore territoriale di Mare Libero. Che sottolinea “noi ci limitiamo a esercitare un diritto che dovrebbe essere di tutti i cittadini: non c’è una scelta, ci sono i nostri enti locali che se decidono un giorno di andarsene al mare in una spiaggia del proprio territorio semplicemente lo fanno, e documentano la gita con materiale video. Non c’è una scelta dall’alto, è tutto lasciato all’iniziativa dei gruppi territoriali”.
In attesa che venga chiarita una volta per tutte la legittimità delle concessioni (esiste infatti un conflitto fra le ordinanze statali italiane, che le considerano valide fino al 31 dicembre 2024, e il diritto comunitario, che stabilendo il divieto di proroga automatico ha dichiarato illegittime tutte le concessioni già dal 2010) gli esponenti di Mare Libero si prendono quello che ritengono un loro diritto. Per ora laddove sono scesi in spiaggia, a parte qualche siparietto più o meno antipatico e qualche velata minaccia dei proprietari di stabilimenti, non si segnalano episodi di violenze o di contrasti aspri. Anzi “molti solidarizzano con noi o al più sono indifferenti” dice Biondo.
I blitz in spiaggia
Prossimi blitz dopo quelli in Versilia e a Venezia? “Noi continueremo a andare al mare per tutta l’estate, perché è quello che fa la maggior parte degli italiani. Non diciamo dove perché noi non andiamo a manifestare, andiamo a trascorrere giornate in spiaggia, non ci interessa pubblicizzare le nostre iniziative. Chiaramente ci teniamo a documentarle perché vogliamo che in tanti usufruiscano di questo diritto, però non le annunciamo, non facciamo i cartelloni” aggiunge Biondo.
In attesa che il Governo intervenga, anche dopo il monito di Mattarella (la proroga automatica per le concessioni delle spiagge ai balneari, ha detto il Quirinale, è “incompatibile con i principi più volte ribaditi dalla Corte di Giustizia, dalla Corte costituzionale, dalla giurisprudenza amministrativa e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato”. E anche quando si parla di nuove concessioni, i criteri scelti dal governo “appaiono restrittivi della concorrenza in entrata e favoriscono, in contrasto con le regole europee, i concessionari uscenti”) quella che sta per cominciare si annuncia dunque un'estate rovente. E non solo dal punto di vista delle temperature.