
Addio Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d'Italia
Si è spenta Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia, tra le pochissime persone sopravvissute al campo di concentramento di Dachau. Classe 1924, Lucy è nata a Fossano, provincia di Cuneo, come Luciano. Resta di lei il ricordo di tanti che hanno avuto l'opportunità di conoscere un vero e proprio simbolo di Resistenza contro ogni tipo di odio e discriminazione. Sono già moltissimi infatti i messaggi di cordoglio per la sua scomparsa sui social. A restare di lei è soprattutto una importante testimonianza della sua lunga vita a cavallo tra due secoli, nel docufilm C’è un soffio di vita soltanto di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, dove Lucy è protagonista indiscussa. Una pellicola che non solo affronta tematiche attuali come l’identità di genere, ma soprattutto fa riflettere sull’importanza di continuare a mantenere intatta la propria personalità, nonostante i soprusi e i continui tentativi della società contemporanea di condannare, umiliare ed eliminare ogni accenno di diversità.
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Gli anni del secondo conflitto mondiale e l'internamento a Dachau
Il film ripercorre la vita di Lucy: gli anni in cui il bambino Luciano voleva giocare con le bambole e poi il trasferimento a Bologna con la famiglia. Le difficoltà ad ambientarsi in una città più grande con Lucy che si trova costretta a lavorare per aiutare i genitori. In questo periodo conosce un gruppo di ragazzi omosessuali che si prostituiscono e, da lì a poco, inizia a farlo anche lei. Sono gli anni del fascismo e gli omosessuali vengono perseguitati e picchiati. Nel 1940 arriva la guerra e Lucy viene chiamata ad arruolarsi: “È stata dura. Io ho detto quello che ero, ma non ci hanno creduto. Ho detto: ‘sono omosessuale’. E loro: ‘Eh sì, dicono tutti così, vai, vai…’. Non mi hanno creduto” racconta. Dopo una serie di fughe finite male, in cui Lucy viene arrestata più volte, patisce la fame, il freddo e la violenza, viene poi deportata nel campo di concentramento di Dachau. “L’orrore, la disperazione, la fame, l’annientamento, l’umiliazione, la detenzione, il disgusto. Speravo tanto che ci bombardassero, per mettere fine a tutto questo” prosegue, senza risparmiare dettagli forti: “Appena arrivati ci hanno denudati, pelati e disinfettati, dicevano loro. Disinfettati con la creolina. Un bruciore bestiale! La pelle se ne veniva via il giorno dopo. Se avevi un po’ di carne addosso vivevi, altrimenti partivi già condannato. Non avevamo più un nome, ma solo un numero. Nel campo lavoravo, portavo i cadaveri ai forni. Ci ho passato sei mesi”. Dopo anni dirà: “Quello che ho visto nel campo è stato spaventoso, l’Inferno di Dante a confronto è una passeggiata".Il dopoguerra e la seconda vita di Lucy
Lucy riesce miracolosamente a sopravvivere al campo di concentramento e torna a vivere a Bologna. Inizia, così, la sua seconda vita girando l’Italia con alcune compagnie teatrali e circensi, vive facendo piccoli sketch comici da travestito e la ballerina di rivista. Ha numerosi amanti e fidanzati e spesso, nei momenti più difficili, continua a prostituirsi. Negli anni Settanta, visto che con la famiglia i rapporti non erano buoni, si trasferisce a Torino dove lavora come tappezziere e incontra Patrizia, un’un’adolescente rimasta orfana che inizia a vivere nel suo appartamento. Patrizia inizia ben presto a chiamarla “mamma” e il loro rapporto continua fino alla morte prematura della donna, scomparsa nel 2014. Intorno alla metà degli anni Ottanta, Lucy si sottopone alla riattribuzione chirurgica di sesso, si opera a Londra ma quando torna in Italia decide di non cambiare nome. “Chi l’ha detto che una donna non può chiamarsi Luciano?”.
Si è spenta Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d'Italia