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Home » Spettacolo » Ritratto di un modello en travesti: la drag queen acrobata Barbette, l’arte tra uomo e donna

Ritratto di un modello en travesti: la drag queen acrobata Barbette, l’arte tra uomo e donna

Al secolo Vander Clyde, ha saputo incantare il pubblico parigino con la sua performance fatta di paillettes e lustrini, all'insegna dell'enigma

Luca Scarlini
23 Agosto 2022
Barbette
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Travestimento

Jean Cocteau amò follemente, come altri a Parigi negli stessi anni venti, Barbette, favolosa drag queen acrobata (al secolo Vander Clyde, 1899-1973), che dal natìo Texas, per la precisione dalla minima Round Rock, che aveva abbandonato il prima possibile, aveva girato il mondo con il circo, visto a Austin da bambino e da subito amato. Era giunto a Parigi al momento giusto, dal 1923, furoreggiò subito al Casino, al Moulin Rouge, alle Folies Bergères. La sua performance si intitolava “Barbette, l’enigma“ e attraeva pubblici diversissimi, conquistati dalla rivelazione finale del vero sesso della star.

La drag queen equilibrista Barbette, al secolo Vander Clyde

Lo recensì benissimo Pierre Drieu La Rochelle, Paul Valery si interrogò, dopo lo spettacolo, se esistesse nell’antica Grecia un mito di Ercole trasformato in rondine. Il poeta lo scrive in modo ammirato nel 1926 sulla Nouvelle Revue Française, in cui afferma in modo categorico: “Il numero di Barbette è eccezionale. Il genio è un dono del cielo. A noi spetta solo l’incombenza di fabbricargli un mezzo, perché fino a nuovo ordine dobbiamo esercitare i nostri poteri per vie traverse e ipnotizzare debolmente il mondo tramite l’arte”. Il camerino dell’incantatore rivela una dedizione ferrea alla creazione della propria identità di palcoscenico: “La sua coscienziosità è quella delle danzatrici cambogiane, cucita ogni sera nel loro costume d’oro”. La carriera dell’artista si era interrotta dopo una brutta caduta –di cui portava le cicatrici– ed era nata da quello scacco la sua gloria come female impersonator, nel momento in cui il mercato teatrale americano molto amava questa figura, quando furoreggiava in repertorio l’esilarante commedia britannica “La zia di Carlo“, di Brandon Thomas. La metamorfosi si compie sotto gli occhi dello scrittore, che non era certo nuovo alla visione di regine della notte e della loro preparazione.

Barbette al trucco

Tra uomo e donna

L’impatto è lo stesso di Vaslav Nijinskij: che nessuno notava per strada durante il giorno e che suscitava stupore nelle sue metamorfosi sceniche. Il risultato, ottenuto da esperte visagiste, è sconcertante: deve dichiarare, sedotto, che: “Jeckyll è Hyde! Sì Hyde. Perché ho paura”. Il filo di ferro era l’ingrediente principale del lavoro dell’equilibrista, insieme al trapezio, su cui lo ritrae Man Ray, commissionato da Cocteau, che per breve tempo ebbe una relazione con lui, che gli dedica numerosi scatti ammirati, tra paillettes e lustrini, in un ambiguo costume tra uomo e donna, al momento del trucco, come angelo del trapezio, si cui si dondola in altalena. Memorabili anche gli scatti di Madame D’Ora e di George Hoyningen-Huene: che lo raffigurano al culmine del suo elaboratissimo glamour. “Quando Barbette entra in scena è come se gettasse una manciata di cipria negli occhi degli spettatori. E lo fa in modo tale, con tale piglio, che da quel momento in poi può permettersi di preoccuparsi soltanto delle sue fatiche di equilibrista. Da quel momento i suoi gesti da uomo gli torneranno utili invece di tradirlo. Avrà l’aspetto di una di quelle amazzoni che ci abbagliano dalle pagine pubblicitarie delle riviste americane”.

Barbette
Barbette sul trapezio (Ph. Yesterday Today)

Nella pudibonda e omofobica Inghilterra, venne arrestato e espulso, perché trovato ad amoreggiare con un uomo al Palladium Theatre, ma questo non danneggiò la sua carriera. Fu in scena con Josephine Baker, ammirato da Anton Dolin e da Mistinguett. Jean Cocteau lo ha immortalato memorabilmente ne “Il sangue del poeta“ (1932), dove si presenta in un abito bellissimo nel palco con una serie di mondani, sostituendo Anna de Noailles. Nel 1937 al Loew Theater a New York, ebbe un incidente grave al trapezio, interruppe la carriera. Cocteau scrisse un articolo su “Voilà”, tornando sulla figura a cui aveva dedicato un testo così denso di echi: “Barbette porta la propria ombra, espone la propria notte”.
Qui scatta il paragone con altri due maestri del teatro
en travesti di cui il poeta aveva scritto con parole ammirate: Mei Lanfang, la regina dell’Opera di Pechino, che sconvolse anche il rigido Bertold Brecht che lo ammirò a Mosca, e Kikugoro, maestro del kabuki, celebrato da Ozu Yasujirō nel film “Kagamijishi“(1936), unico documentario che è sopravvissuto del maestro di Viaggio a Tokyo. Il lavoro era noto a Cocteau, che per alcuni studiosi giapponesi avrebbe tratto ispirazione da una scena per “La bella e la bestia“. In un racconto intitolato “Barbette” la morte si traveste da uomo per catturare l’acrobata travestito da donna, di cui indovina l’eccezionalità.

Un modello artistico

Barbette
Barbette in uno scatto di Man Ray

La signora del trapezio, tornato negli Stati Uniti in pianta stabile, passò a insegnare l’arte dell’acrobata e quella del travestimento, diventò una figura di rilievo per numerosi circhi. Collaborò con il Ringling Brothers Circus, con la MGM, con Orson Welles, per l’allestimento del circo aereo giapponese nella parte finale di “Around the World“. Billy Wilder lo scritturò per educare Tony Curtis e Jack Lemmon al perfetto ancheggiare della drag: per loro elaborò una gestualità debitrice a quella di Marilyn, che aveva a lungo studiato. Francis Steegmuller dopo una lunga ricerca riuscì a trovare Barbette a Austin. Nell’età matura soffrì di dolori terribili, forse per i postumi delle cadute, schiavo degli antidolorifici, morì per overdose nel 1973.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia

Travestimento

Jean Cocteau amò follemente, come altri a Parigi negli stessi anni venti, Barbette, favolosa drag queen acrobata (al secolo Vander Clyde, 1899-1973), che dal natìo Texas, per la precisione dalla minima Round Rock, che aveva abbandonato il prima possibile, aveva girato il mondo con il circo, visto a Austin da bambino e da subito amato. Era giunto a Parigi al momento giusto, dal 1923, furoreggiò subito al Casino, al Moulin Rouge, alle Folies Bergères. La sua performance si intitolava "Barbette, l’enigma" e attraeva pubblici diversissimi, conquistati dalla rivelazione finale del vero sesso della star.

La drag queen equilibrista Barbette, al secolo Vander Clyde

Lo recensì benissimo Pierre Drieu La Rochelle, Paul Valery si interrogò, dopo lo spettacolo, se esistesse nell’antica Grecia un mito di Ercole trasformato in rondine. Il poeta lo scrive in modo ammirato nel 1926 sulla Nouvelle Revue Française, in cui afferma in modo categorico: "Il numero di Barbette è eccezionale. Il genio è un dono del cielo. A noi spetta solo l’incombenza di fabbricargli un mezzo, perché fino a nuovo ordine dobbiamo esercitare i nostri poteri per vie traverse e ipnotizzare debolmente il mondo tramite l’arte". Il camerino dell’incantatore rivela una dedizione ferrea alla creazione della propria identità di palcoscenico: "La sua coscienziosità è quella delle danzatrici cambogiane, cucita ogni sera nel loro costume d’oro". La carriera dell’artista si era interrotta dopo una brutta caduta –di cui portava le cicatrici– ed era nata da quello scacco la sua gloria come female impersonator, nel momento in cui il mercato teatrale americano molto amava questa figura, quando furoreggiava in repertorio l’esilarante commedia britannica "La zia di Carlo", di Brandon Thomas. La metamorfosi si compie sotto gli occhi dello scrittore, che non era certo nuovo alla visione di regine della notte e della loro preparazione.

Barbette al trucco

Tra uomo e donna

L’impatto è lo stesso di Vaslav Nijinskij: che nessuno notava per strada durante il giorno e che suscitava stupore nelle sue metamorfosi sceniche. Il risultato, ottenuto da esperte visagiste, è sconcertante: deve dichiarare, sedotto, che: "Jeckyll è Hyde! Sì Hyde. Perché ho paura". Il filo di ferro era l’ingrediente principale del lavoro dell’equilibrista, insieme al trapezio, su cui lo ritrae Man Ray, commissionato da Cocteau, che per breve tempo ebbe una relazione con lui, che gli dedica numerosi scatti ammirati, tra paillettes e lustrini, in un ambiguo costume tra uomo e donna, al momento del trucco, come angelo del trapezio, si cui si dondola in altalena. Memorabili anche gli scatti di Madame D’Ora e di George Hoyningen-Huene: che lo raffigurano al culmine del suo elaboratissimo glamour. "Quando Barbette entra in scena è come se gettasse una manciata di cipria negli occhi degli spettatori. E lo fa in modo tale, con tale piglio, che da quel momento in poi può permettersi di preoccuparsi soltanto delle sue fatiche di equilibrista. Da quel momento i suoi gesti da uomo gli torneranno utili invece di tradirlo. Avrà l’aspetto di una di quelle amazzoni che ci abbagliano dalle pagine pubblicitarie delle riviste americane".

Barbette
Barbette sul trapezio (Ph. Yesterday Today)

Nella pudibonda e omofobica Inghilterra, venne arrestato e espulso, perché trovato ad amoreggiare con un uomo al Palladium Theatre, ma questo non danneggiò la sua carriera. Fu in scena con Josephine Baker, ammirato da Anton Dolin e da Mistinguett. Jean Cocteau lo ha immortalato memorabilmente ne "Il sangue del poeta" (1932), dove si presenta in un abito bellissimo nel palco con una serie di mondani, sostituendo Anna de Noailles. Nel 1937 al Loew Theater a New York, ebbe un incidente grave al trapezio, interruppe la carriera. Cocteau scrisse un articolo su "Voilà", tornando sulla figura a cui aveva dedicato un testo così denso di echi: "Barbette porta la propria ombra, espone la propria notte". Qui scatta il paragone con altri due maestri del teatro en travesti di cui il poeta aveva scritto con parole ammirate: Mei Lanfang, la regina dell’Opera di Pechino, che sconvolse anche il rigido Bertold Brecht che lo ammirò a Mosca, e Kikugoro, maestro del kabuki, celebrato da Ozu Yasujirō nel film "Kagamijishi"(1936), unico documentario che è sopravvissuto del maestro di Viaggio a Tokyo. Il lavoro era noto a Cocteau, che per alcuni studiosi giapponesi avrebbe tratto ispirazione da una scena per "La bella e la bestia". In un racconto intitolato "Barbette" la morte si traveste da uomo per catturare l’acrobata travestito da donna, di cui indovina l’eccezionalità.

Un modello artistico

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