C’è una squadra di calcio unica al mondo. Si chiama Centro storico Lebowski e già il nome dovrebbe dirci qualcosa. Ma sì, ma non era il titolo di quel film, quel film dei fratelli Coen, alla fine degli anni ’90? “Il grande Lebowski”, sì, proprio quello. Con il protagonista, Jeff Bridges, che giocava a bowling e se la prendeva molto, ma molto comoda. Andava al supermercato in ciabatte e prendeva la vita, con la sua assurdità, per quello che è. La Lebowski, intesa come squadra di calcio, la vita un po’ cerca di cambiarla. La vita della gente, la vita dei ragazzi di una vasta zona di Firenze, come quella intono al parco delle Cascine. È una squadra unica al mondo, si diceva. È una delle poche squadre di calcio che si sostengono tutte sull’azionariato popolare, sui soldi dei suoi investitori, e non di un presidente più o meno ricco. Ed è una delle poche squadre in cui vincere non è al primo posto, non è priorità assoluta. Ed è una delle squadre più impegnate in progetti sociali.
È storia abbastanza nota, ma vale la pena ricordarla: tre ragazze afghane hanno trovato asilo a Firenze, in fuga dai talebani, e sono state accolte proprio nella squadra femminile del Centro Storico Lebowski. Una di loro, Fatima Haidazi, il talento più importante del suo Paese, già capitano dell’Herat e della Nazionale afghana, ha segnato il goal decisivo della squadra contro il Livorno, quello che ha portato la Lebowski femminile in serie C.Un momento di gioia immensa, l’abbraccio delle compagne che significava per Fatima l’ingresso in una nuova vita.
Ma sono molte le storie che si potrebbero raccontare, intorno a questa squadra unica al mondo. “Abbiamo una visione politica dello sport e della vita sociale”, dice Mathias Moretti, uno degli azionisti della squadra. Lo incontriamo a Giffoni, nell’ambito del Giffoni film festival, grande rassegna dedicata al cinema per ragazzi.
“Abbiamo creato un settore giovanile, una scuola calcio sempre affollata, per dare un indirizzo, per legare allo sport tanti ragazzi che magari rimarrebbero lasciati a se stessi – dice Moretti –. E poi cerchiamo di puntare l’attenzione sulla salute: stiamo per aprire un consultorio aperto non solo ai tesserati della squadra, ma a tutti. Vogliamo che il campo sportivo della Lebowski, alle Cascine, diventi un presidio di salute fisica e mentale”.
Intanto questa squadra nata quasi dal nulla, con i suoi tifosi unici al mondo, che hanno iniziato a sostenerla anche quando perdeva per 5, 6, 10 goal a zero con tutte le altre squadre, intanto questa squadra – dicevamo – ha creato delle piccole, combattive realtà. “C’è la prima squadra, che ora milita in Promozione, dopo aver scalato tre categorie, dall’ultima categoria dei dilettanti; c’è una squadra femminile che è arrivata anche in serie C”, dice Mathias. “Ma ci sono ance una scuola calcio con 250 bambine e bambini, e un settore giovanile. Alla fine, si parla di 500 tesserati”. E la squadra, che militava in Terza Categoria, l’ultimo girone dei dilettanti, è ora approdata in Promozione, tre categorie più su. Fra coloro che hanno vestito la maglia grigio-nera, ce n’è anche uno che ha vestito la camiseta blanca del Real Madrid, e la maglia viola della Fiorentina. È Borja Valero, il centrocampista spagnolo che è stato una bandiera viola, e che ha deciso di dedicare le sue ultime partite alla Lebowski, fra i semidilettanti. Ma c’è anche, fra i tesserati, il presidente degli allenatori di calcio italiani Renzo Ulivieri. “È diventato socio senza che noi lo sapessimo, pagando di tasca sua”, dice Francesca Chelazzi, socia della Lebowski. “Ulivieri, con tutto il suo passato di grande allenatore, non disdegna di fare il volontario alle nostre sagre, dove raccogliamo fondi per la squadra. E così, lo ritroviamo a friggere il pesce e a mettere le persone a tavola, per aiutarci. Ecco, questo è lo spirito della Lebowski. Tutti insieme, per aiutarsi l’un l’altro”.
E sempre per costruire un tessuto sociale sicuro, nel mezzo dell’immenso parco delle Cascine a Firenze, il centro sportivo della Lebowski apre i suoi spogliatoi anche ai runner, consentendo loro di lasciare le cose importanti negli armadietti del centro sportivo, e di trovare un punto di riferimento e di approdo. Un campionato almeno la Lebowski lo ha vinto, ed è quello della solidarietà.