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Margherita Buy impara a Volare: “Racconto una paura che non fa distinzioni”

Dopo una trentennale carriera di attrice Buy si cimenta dietro la macchina da presa in un film che racconta appunto una delle paure più diffuse, traversale, che paralizza chi la prova. con lei un cast quasi interamente al femminile, compresa la figlia Carolina De Angelis

di GIOVANNI BOGANI -
20 febbraio 2024
"Volare", opera prima di Margherita Buy alla regia

"Volare", opera prima di Margherita Buy alla regia

Paura. Paura di volare. Una paura di volare che paralizza, che ti fa scappare dall’aereo poco prima del decollo, che ti fa mandare all’aria una carriera, o una vita personale. Paura di volare. Ma non di spiccare il volo come regista. Per la sua prima volta dietro la macchina da presa, Margherita Buy sceglie di raccontare una sua paura. Una fobia che la attanaglia e, come lei, moltissime altre persone. La paura di prendere l’aereo blocca la carriera di Anna come attrice affermata e anche la sua vita personale. Perché la figlia è stata ammessa a Stanford, una delle università più prestigiose al mondo: ma per arrivarci, occorrono tredici ore di volo, direzione California. E la grande occasione della sua vita da attrice è la partecipazione al film di un maestro coreano. Che, appunto, gira in Corea. E anche lì, non ci si arriva con l’autobus extraurbano.

L’esordio alla regia di Margherita Buy con “Volare”

Volare” è il film – in uscita il 22 febbraio – con il quale Margherita Buy debutta alla regia, dopo trent’anni di sontuosa carriera da attrice. Che, per inciso, non si è affatto interrotta. Di “Volare” Buy è anche la protagonista, insieme ad un cast in gran parte femminile: da Anna Bonaiuto a Giulia Michelini, da Euridice Axen a Elena Sofia Ricci. E c’è anche sua figlia, Caterina De Angelis, nello stesso ruolo anche nel film. “Ho trovato il coraggio di girare un film da regista proprio perché parlo delle mie ossessioni personali, e delle mie esperienze – spiega la regista –. Quando ho scritto la storia mi è parso chiaro che, se lo avesse girato un altro, sarebbe diventato un film magari più bello, ma meno personale, meno sincero”. Girando il film, Margherita si è anche accorta di avere toccato una paura che coinvolge molte persone, trasversalmente, una paura molto più frequente di quanto si pensi. “Mi sono resa conto che la paura di volare attraversa tutti gli ambienti, tutte le classi sociali, tutte le culture. E, in qualche modo, mi sono sentita meno sola”. Caterina interpreta sua figlia anche nel film. Viene da chiedersi se sia accaduto anche a Margherita di dover rinunciare ad andare a trovarla, per paura di volare: “Quando è andata a studiare all’estero, sono riuscita a trovare il coraggio di andare a trovarla. In aereo, sì”, ammette l’attrice 62enne.

Una commedia sul cinema e le fragilità degli attori 

Ma “Volare” non è soltanto un film sulle paure irrazionali, profonde, ineliminabili. È anche una – deliziosa – commedia sul cinema, sugli attori, sulle gelosie, le insicurezze, le fragilità connesse al mestiere di recitare. Si parla di attrici, di scelte fra cinema d’autore e serie televisive che permettono di pagare la retta del college ai figli. Di agenti che “sono molto importanti nelle nostre carriere: sono un po’ i nostri confidenti, un po’ psicologi, un po’ compagni di vita”, dice Margherita Buy, che ha affidato ad Anna Bonaiuto il ruolo della sua agente, nel film.

“Ma il personaggio che ho disegnato per Anna non assomiglia a colei che mi segue, professionalmente, da più di trent’anni. Volevo solo ironizzare un po’ sul cinismo degli agenti ‘all’americana’, capaci di mille trame con i produttori, delle quali l’attrice spesso non sa nulla”.

L’esperienza dietro la macchina da presa 

Come vince l’ansia di dirigere un film una donna ansiosa per natura?

"Pianificando molto, tutto. Ho lavorato molto sul copione, ho preparato tutto: al momento di andare sul set, non c’erano improvvisazioni da fare. E questo mi ha aiutato molto. Ancora più, mi hanno aiutato i colleghi, la troupe, gli attori: ho trovato tutti molto protettivi, molto affettuosi. Ho capito quanto sia stressante fare il regista, dover controllare tutto, le luci, il set, i tempi…”. Un lavoro stressante, difficile, pesante. “Il regista è quella persona a cui tutti fanno domande, e lui non sempre sa la risposta: ma deve rispondere ugualmente qualcosa", diceva François Truffaut. Un lavoro delicato, difficile, sempre più spesso declinato al femminile. Non soltanto con Liliana Cavani, splendida novantenne, ma anche con le esperienze di Paola Cortellesi, Micaela Ramazzotti, Alice Rohrwacher, Maria Sole Tognazzi, Cristina Comencini, Francesca Archibugi. Esperienze che ci dicono che si sono aperti degli spazi, per le donne. Come narratrici di storie, e non soltanto come volti, o corpi, attraverso cui queste storie prendono vita. “Tante donne sono sempre più protagoniste, dietro la macchina da presa. In certi casi, con risultati pazzeschi: Paola Cortellesi ha creato un precedente enorme con il suo film. Ma è come parlare di Jannik Sinner. Per quello che mi riguarda, vorrei solo poter proseguire questa esperienza. Non vorrei che rimanesse l’esperienza isolata di un film molto legato a me, alla mia storia, come se avessi avuto un’esigenza egoistica di raccontarmi. Vorrei raccontare anche altre storie, al di fuori di me”.

Riguardo alla sua esperienza da regista, Buy dice: “Ho capito che devo rompere molto meno le scatole sul set. Ecco, dire ‘questa battuta la cambierei…’ non lo farò più. Ho visto quanta fatica deve fare un regista, in ogni istante, per tener dietro a tutto. Se lo avessero detto a me, ‘questa battuta la cambierei’, non avrei reagito bene!”.