Il caso “Mary Poppins” ci fa capire che la cancel culture non è la scelta giusta

Catalogare il celebre classico Disney nella categoria PG, parental guidance, fa discutere. Ma se il linguaggio definito 'offensivo e razzista' fosse stato 'riadattato' con nuovi termini, si sarebbe cancellata anche quella che è stata la nostra storia

di CHIARA CARAVELLI
29 febbraio 2024
Il ballo degli spazzacamini in "Mary Poppins"

Il ballo degli spazzacamini in "Mary Poppins"

La svolta arrivata in Gran Bretagna con la British Board of Film Classification – l'organizzazione britannica che si occupa della classificazione delle opere cinematografiche – che ha deciso di rivedere la categoria nella quale Mary Poppins è catalogata ha fatto storcere qualche naso. La scelta è da ricondurre al linguaggio discriminatorio e offensivo presente nel film della Disney. In particolare al termine ‘ottentotti’, di cui vi abbiamo spiegato etimologia e significato.

Una parola che, al giorno d’oggi, è considerata arcaica e offensiva, ma che fin dal diciassettesimo secolo veniva utilizzata dai coloni inglese e olandesi che avevano invaso il Sudafrica per indicare alcune popolazioni locali. 

Le reazioni

"È una forma di censura – attacca il l’ex sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi – e una grave negazione della libertà e dell'intelligenza. Qualunque parola politicamente scorretta si registra nuovamente e si corregge, non c'è bisogno che te lo imponga un magistrato o uno Stato”. E ancora: “La ratio di questa ondata di 'cancel culture' è originata dal timore che le persone non siano capaci di capire da sole, e di giudicare quello che va bene e che non va bene. È grave”.

Ma in questo caso più che di cancel culture si tratta di un “alert”: si avverte il pubblico che ci sono termini non idonei ai bambini, perché discriminatori appunti, e magari si sprona i genitori a spiegare i motivi di questa premura.

Dopotutto correggere la parola all’interno del film significherebbe cancellare il nostro passato, la storia, dimenticarla, e questo sarebbe più pericoloso.

E’ giusto, invece, che certi termini rimangano proprio a ricordarci chi siamo stati e chi siamo diventati.

Non è “cancel culture”

Il caso della Gran Bretagna non si può quindi definire un fenomeno di ‘cancel culture’ perché non ha ‘ritoccato’ il film, ma anzi ha lasciato che a un bambino si possa spiegare che usare, ad esempio, il termine ‘ottentotti’ è offensivo e razzista. Senza quindi stravolgere quello che è stato il nostro passato, perché i bambini devono conoscerlo per capire cosa siamo ora e perché, adesso, quel termine viene considerato offensivo.

Ci sono secoli di evoluzione culturale nel mezzo, che non possono e non devono essere cancellati. Come nel caso dello scrittore Roald Dahl, quando nel 2023 sono state modificate o rimosse centinaia di parole dai suoi libri per rendere meno offensive descrizioni di aspetto, razza e sesso dei personaggi.