Gaia Gozzi, semplicemente Gaia per il grande pubblico, sabato al Salone dei Cinquecento a Firenze è stata fra le grandi ospiti musicali del quarto anniversario di Luce! Cantautrice italiana con passaporto brasiliano, classe 1997, di Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, Gaia si è imposta all’attenzione del grande pubblico nel 2016, conquistando la finale della decima edizione di X Factor. Il suo secondo posto al talent di Rai2 e Sky, è stato solo il prodromo del trionfo ad Amici nel 2020.
Alternando brani in portoghese (dando quindi voce alle sue origini brasiliane) e in italiano attraverso atmosfere dai ritmi latini, Gaia vive la musica come autoanalisi, come un modo per raccontare l’Italia che verrà. Ma nelle sue canzoni parla anche di altro, come dimostra il brano “Sesso e samba”, realizzato con Tony Effe, che è balzato in cima alle classifiche musicali dell’estate 2024, aggiudicandosi anche il disco d'oro. Ma, torniamo a Luce! e alla giornata evento a Firenze, in cui Gaia ha partecipato a un panel sul talento. “Il talento, nella sua completezza, è quando ascolti i tuoi istinti. E li metti in pratica, con rispetto per quello che ti è stato donato – ha sottolineto Gaia –. Ognuno di noi ha qualcosa che lo fa stare bene, lo fa sentire allineato con se stesso, con le sue intenzioni ulteriori. Secondo me il talento è sicuramente fondamentale, ma c’è anche bisogno di proattività. Ci vuole tanto ascolto interiore, tanta consapevolezza di sé, tanta pazienza e coraggio per emergere. Molto spesso ci viene un po' inculcato che dobbiamo essere sicuri, che dobbiamo fare scelte non troppo azzardate, non troppo rischiose. Io invece credo che la crescita e l'evoluzione del talento avvengano soprattutto quando esci un po' dalla confort zone, quando ci si mette in discussione”.
Cosa succede dopo i talent? “Fare proprio qualsiasi palco secondo me è comodo, perché alla fine tu, se vuoi realmente fare questo lavoro, devi imparare anche a portare avanti te stessa, il tuo progetto, la tua visione. Comunque, per me, è fondamentale capire cosa si vuole comunicare. E farlo. Nella nostra generazione abbiamo visto la transazione della televisione in social e anche i talent coprono vari codici, insomma sono importanti per la nostra generazione. Credo che anche il mercato discografico abbia trovato delle situazioni in cui si riesce dare un grande lustro a certi progetti musicali. Se vuoi raggiungerle i tuoi obiettivi al 110% ti verranno dati gli strumenti appropriati, al tuo fianco avrai dei produttori, dei musicisti che lavorano come professionisti, ma poi devi anche avere continuità. Questo supporto può darti tanto nell'immediato, ma poi devi curare la costruzione del talento, seguendo un equilibrio. Quindi la gavetta la fai prima, anche se non finisce mai. Secondo me è importante anche capire che chiunque vuole fare musica deve settare il proprio percorso a sua immagine. A me ha permesso di crescere. Molto”.
Che rapporto ha con la tecnologia? Riesce a dominarla? “Io la uso e a volte ne abuso. Talvolta mi rendo conto di esserne vittima. Però quando faccio musica amo comunque interagire con gli altri. Ci sono tanti strumenti che possono implementarsi perfettamente all'organico che collabora con te. Questo contribuisce a rendere il tutto più interessante. E poi io sono uscita con il mio primo album durante la Pandemia. Con il mio pubblico non ci potevamo vedere, non ci potevamo parlare, per fortuna c’era l'interconnessione web a colmare questa distanza. Penso che quelli tecnologici possano essere degli strumenti utilissimi, poi il loro uso va regolamentato e controllato, anche attraverso gli studi su quello che può essere la psicologia delle persone, dei ragazzi, dei giovani che stanno formando. Ma, io sono una positiva e confido che l’uso positivo della tecnologia possa in qualche modo aiutare a superare quelli che sono i nostri limiti. Anche quelli vocali. Basta un click per produrre una canzone: inserisci alle parole, il ritmo che devi dare e il gioco è fatto. Io parto dalle note, ma tutti ormai possono fare i cantanti, tutti possono fare tutto. Poi, ripeto, magari mi sto sbagliando, ma dal mio punto di vista finché noi esseri umani, meravigliosi come siamo, avremo qualcosa da dire, bello, brutto, cinico tremendo che sia, lo faremo. Magari usando l'autotune, credo possa essere un colore interessante, ma che alla fine siamo sempre noi a cantare quelle note. Quindi autotune sì o no? Produzioni fatte con i computer sì o no? Non lo so, la risposta alla fine la dà il pubblico. Quello che speriamo, in un mondo in cui sembra che ci vogliano sempre tutti uguali, continui a valere la creatività intesa come originalità”.
Come capacità di riuscire a distinguersi? “Credo che sia il minimo che possiamo fare, oltre ad ascoltare il nostro istinto. Alla fine credo che, grazie alla sperimentazione sono diventata più inclusiva e anche nel presente e nel futuro prossimo privilegerò una musica molto creativa. Con e senza autotune”.