Impegnata da sempre nella lotta contro la violenza sulle donne, la compositrice e pianista siciliana Giuseppina Torre, che è anche autrice delle musiche del docu-film “Papa Francesco - La mia Idea di Arte” (Walkman Records, 2018), si è aggiudicata in questi anni prestigiosi premi negli Stati Uniti. Nel 2021 le è stata invece conferita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, mentre il 2 settembre 2023 ha ricevuto il “Premio Civetta 2023” con la motivazione: “Ha elevato la musica del pianoforte a strumento di denuncia della violenza sulle donne, spinta da una dolorosa esperienza personale”.
La pianista, nata a Vittoria, in provincia di Ragusa, rinnova il suo impegno con suo il terzo album di inediti “The Choice” (pubblicato da Bollettino Edizioni Musicali e distribuito da Sony Music Italia) in cui si espone ancora una volta in prima persona attraverso la sua musica, puntando sull’importanza della consapevolezza di sé. In questo disco, che rappresenta un viaggio sonoro attraverso le sfumature della libertà e della facoltà di scegliere, il pianoforte diventa il mezzo espressivo per narrare storie di decisioni, riflessioni e trasformazioni.
Giuseppina, come è nato questo nuovo progetto? “Da riflessioni di esperienze personali e soprattutto dal superamento di difficoltà, che mi hanno portato a esplorare la mia forza interiore. E’ un viaggio musicale e anche un invito a riflettere sulle scelte che facciamo e sul potere che queste scelte hanno nel trasformarci. La musica mi dato modo di portare avanti il mio impegno contro la violenza sulle donne, un tema sociale, una piaga che è trasversale, colpisce tutte le fasce sociali. E, ci stiamo rendendo conto, anche tutte le fasce d'età, perché adesso l'età in cui le ragazze subiscono violenze si sta abbassando. Come dimostrano le recenti notizie che raccontano di uccisioni di donne anche a opera di ragazzini”.
Lei come reagisce a tutto questo? “Cerco di trasmettere attraverso il pianoforte messaggi di forza, di resilienza e di solidarietà. Negli ultimi due anni appoggio sul pianoforte un paio di scarpe rosse, tanto da essere chiamata anche la pianista con le scarpe rosse. In realtà sono un simbolo internazionale nato grazie a un’idea dell'artista messicana Elina Chauvet. Attraverso questo simbolo anche io voglio promuovere un cambiamento che parte direttamente dall'animo umano, e che incoraggia a riflettere su questa piaga”.
Pensa insomma che la musica possa e debba diffondere prese di posizione contro la violenza di genere? “Certo, la musica può raggiungere più persone. Ad esempio ho fatto ad aprile una tournée in Corea del Sud, un Paese in cui le ragazze e le donne non conoscevano le scarpe rosse. È stata un'esperienza meravigliosa perché ho avuto modo di confrontarmi con una cultura totalmente diversa da cui provengo.
Innanzitutto la Corea del Sud è una nazione ipertecnologica, che pone grande attenzione all'arte e alla cultura. L'artista è considerato quasi un dio in terra, quindi c'è massimo rispetto per il suo agire. I coreani hanno proprio una venerazione per l'artista e una cura maniacale per ogni dettaglio. Ne ho preso atto e ogni concerto, ogni tappa del mio tour è stata curata in maniera maniacale. Nulla è stato lasciato al caso. E il pubblico, che all'apparenza sembra un freddo, si è sciolto e mi ha rivolto grandi attestazioni di affetto. Alla fine tutto il pubblico era in fila per fare una foto, un autografo, per acquistare il disco. Mi hanno fatto sentire tutto il loro calore e si sono informati anche sul significato delle scarpe rosse”.
Lei tiene molto a questo simbolo? “Mi sono fatta portavoce di questo messaggio importante e del significato che rappresenta esibire queste scarpe, che sono anche un simbolo di movimento: ogni cambiamento inizia con un piccolo passo e io mi faccio portavoce di questi piccoli passi attraverso la musica. Con il pianoforte, che per me è uno strumento che dà voce alle emozioni e può essere anche un mezzo per creare un'atmosfera nuova, per far emergere empatia e consapevolezza anche nei confronti delle donne che, come me, hanno vissuto la violenza domestica”.
Quindi per lei la violenza sulle donne è anche un fatto autobiografico? “Sono stata vittima di un amore tossico, un amore che mi ha colpito nel profondo dell'anima e non solo, ma anche fisicamente. Le ferite fisiche guariscono e sono percepibili, ma le ferite dell'anima hanno bisogno di maggior tempo per guarire. Ho portato avanti questo processo di emancipazione grazie alla musica e al pianoforte, che sono stati il mio rifugio. Grazie a questa mia esperienza personale spero di essere un esempio positivo di donna che, attraverso una grande passione per la musica, che ho coltivato sin da quando ero bambina, è riuscita ad uscirne.
Vorrei dare una speranza a tutte le donne che sono vittime di violenza e che vivono dei momenti difficili dietro alle quattro mura domestiche e dir loro che innanzitutto è necessario denunciare e soprattutto parlare, perché il più grande complice di chi ci vuole male è il silenzio. Invece bisogna confidarsi, denunciare e magari aggrapparsi a quelle che sono le nostre passioni. Nel mio caso è stata davvero la musica e fare in modo di poter uscire da questo tunnel in cui spesso non si intravede la via d'uscita. Ma, bisogna approfittare anche di un piccolo spiraglio per iniziare a cambiare la situazione”.
Che emozione le ha dato comporre le musiche per il docu-film Papa Francesco - La mia Idea di Arte? “Le mie musiche in questi anni sono state utilizzate anche per altri docufilm che sono andati in onda su Rai 1, come ‘L'amore dopo la tempesta’, che portava avanti il discorso della Shoah. Quando mi sono state commissionate le musiche per questo lavoro sul Papa, di primo acchito ho rifiutato perché mi trovavo in un periodo molto difficile della mia vita, in cui mi sentivo svuotata, anche musicalmente: era come se non avessi più nulla da dire. Poi lessi il libro di Papa Francesco e cambiai idea. Ho trovato le sue parole illuminanti, perché tra i vari temi, dove l'arte avvicina l'uomo e Dio e l'artista si fa tramite, c’era anche il tema dello scarto.
Era lo stato d’animo che io in quel momento stavo vivendo, perché di colpo mi sentivo uno scarto, una donna inutile, un artista inutile. Il tutto perché avevo dato fiducia a chi mi aveva distrutto sotto tutti i punti di vista: dall'essere donna, all'essere artista, era quindi logico che mi sentissi una sorta di scarto della società. Invece Papa Francesco sosteneva invece che anche gli scarti sono importanti e rivelava l’esistenza di un artista argentino che attraverso gli scarti crea delle opere d'arte, per poi concludere nel suo libro che nessun uomo può scartare un altro uomo.
Quelle parole così furono per me illuminanti, ma anche di conforto. Mi ritrovai a scrivere così di getto, come se avesse tolto un macigno sul mio cuore. Le sue parole sono state talmente di conforto che le note poi hanno iniziato a fluire. Quel lavoro fu molto importante perché mi dette la scossa, l’energia giusta per rimettermi di nuovo in discussione e per proseguire il mio percorso artistico.