I mille volti di Vittoria Schisano: da “La vita che volevi” a “Siamo stelle che brillano”

L’attrice protagonista della serie Netflix di successo firmata da Ivan Cotroneo

di GIOVANNI BOGANI -
23 settembre 2024
Vittoria Schisano al Procida film festival

Vittoria Schisano al Procida film festival

PROCIDA. Ha un volto bellissimo, gli occhi grandi color topazio, il sorriso che si accende e sembra rasserenare tutto ciò che c’è intorno. Mentre parla, a bassa voce, senti che sceglie le parole con cura, e comprendi che dietro quelle parole c’è un lungo cammino, di vita e di riflessioni.

Vittoria Schisano, che incontriamo al Procida film festival, è la protagonista de “La vita che volevi”, la serie Netflix in sei puntate, scritta e diretta da Ivan Cotroneo, che disegna il ritratto di una donna transgender di grande temperamento, Gloria, la cui vita viene stravolta dai fantasmi del passato. Nella fattispecie, un figlio che non sapeva di avere, concepito quando era ancora un uomo. La serie è approdata con successo sulla piattaforma in Italia e nel mondo, con picchi di ascolto entusiasmanti in America latina.

La serie Netflix

“Chissà, magari andremo a presentarla anche lì!”, esordisce Vittoria. È felice, di questo che è, per lei, il ruolo più importante della carriera, una carriera desiderata fin dall’infanzia. “Avevo tre anni, e sapevo con certezza due cose: che mi sentivo donna, e che volevo fare l’attrice”, spiega. “Sapevo che vivere molte vite, mettermi nei panni di altre persone, di altre anime, era la ricchezza che desideravo nella mia vita”.

Vittoria Schisano e Ivan Cotroneo
Vittoria Schisano e Ivan Cotroneo

“La vita che volevi” per lei, prima donna transgender a essere protagonista di una serie prodotta in Italia, è un punto di arrivo, e insieme un punto di partenza. “Un punto di arrivo, perché finalmente viene tratteggiato un personaggio trans senza il contorno di tragedia, di conflitti tremendi, di malattia, come se quel percorso dovesse essere per forza terribile, segnato dal dolore. E finalmente non ci si focalizza sulle ricadute della transizione, ma si racconta una figura di donna a tutto tondo”.

Il libro che racconta il movimento Lgbtq+

Ma anche di partenza, perché adesso Vittoria vuole andare avanti, sperimentare altre strade: “Mi piacerebbe fare un personaggio del tutto diverso, un personaggio che non riesco neppure a immaginare, che sorprenda prima di tutto me”, prosegue. Intanto sorprende se stessa – e noi – con un libro che ha scritto, insieme ad Alessio Piccirillo, noto press agente e suo amico di lunga data. Si chiama “Siamo stelle che brillano”. Il libro, edito da La Corte, verrà presentato a Torino, Bologna, Milano nelle prossime settimane. E c’è già l’interessamento di due case di produzione per farne una trasposizione in una serie tv.

Che cosa racconta “Siamo stelle che brillano”?

“La storia di Crilù, un ragazzino che cresce negli anni ’80 e deve imparare a scoprire chi è veramente. È un romanzo che mette in luce la tempesta intima che si scatena dentro il protagonista, e che non riesce più a soffocare. Ma anche la presa di coscienza del movimento LGBTQ+ che inizia a far sentire la propria voce all’interno di una società che sembra non voler né vedere né ascoltare”.

A chi è rivolto il libro?

"A tutti quei bambini disorientati dall’identificazione di se stessi, e dalle opinioni altrui. A tutte quelle zie che, come Delia nel libro, sono capaci di comprendere le differenze e trattarle con delicatezza, con cura. E a tutte le persone pronte a lottare per la diversità, vista come una ricchezza e non il contrario. Persone pronte a credere che un altro mondo è possibile".

Ha avuto, nella sua esperienza, una zia Delia che la ha protetta e accolta? 

“Ne ho avute due: zia Giuseppa e la nonna di Alessio, a cui questo libro è dedicato. Mi hanno fatto sentire accolta, in un momento difficile della mia vita, in cui non mi sentivo capita nemmeno dalla mia famiglia”.

Vittoria Schisano e Alessio Piccirillo
Vittoria Schisano e Alessio Piccirillo

Interviene Alessio Piccirillo, che è lì vicino: “Mia nonna non ha neppure finito le elementari: eppure era una donna molto intelligente, dotata di una grande apertura mentale, era capace di amare e accogliere senza fare domande. È questa la cosa più importante”.

Come è stata la sua esperienza con la scrittura?

“Io mi sento un’attrice, ma sono una persona curiosa, e mi eccito di entusiasmo di fronte alle nuove esperienze. La prima esperienza di scrittura è stata con un libro che si chiama La Vittoria che nessuno sa, ed è stato edito da Sperling & Kupfer. Con Alessio, con il quale siamo amici da più di vent’anni, ci siamo trovati a parlare delle nostre icone pop dell’adolescenza”.

Qual era la vostra?

“Abbiamo parlato di Raffaella Carrà, della Cuccarini, ma abbiamo capito subito che amavamo alla follia Heather Parisi. Riascoltando le sue canzoni, ci siamo resi conto che i testi sono sorprendenti. Uno, Vanessa, la farfalla vamp, parla di transessualità, di diversità e di bullismo. Parla di un ragazzo che va a Casablanca e si fa operare, tornando alla sua bellezza, alla sua pienezza, alla sua verità”.

Oggi qual è il ruolo della donna nel cinema e nella società? C’è stata un’evoluzione o c’è molta strada da fare?

“Entrambe le cose. Le donne stanno diventando sempre più protagoniste nei racconti, nel cinema, nella serialità televisiva, e anche nella vita di tutti i giorni. Purtroppo però i telegiornali sono ancora pieni di tutt’altro. Ci sono troppi femminicidi, c’è troppa violenza contro le donne. Le famiglie devono educare al rispetto di tutti, e la scuola deve educare al rispetto di tutti. Purtroppo da poco è stata approvata una legge che evita l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole. È un problema di tutti, questo. Perché la scuola dovrebbe educarci a essere persone civili, realizzate. La scuola non aiuta, non dà gli strumenti necessari. E allora i giornali, i libri e i film diventano importantissimi”.

Come vede il nostro Paese riguardo ai diritti femminili?

“Viviamo in un Paese in cui se sei donna devi dimostrare, ancor prima di essere brava, di non essere scema. E se sei una donna che ha fatto un percorso di transizione, devi dimostrarlo centomila volte di più. Perché quasi sembra che tu debba essere punita per la colpa di avere abbandonato l’altro sesso”.