Il cross di Alice Parisi per l’8 marzo: “Le donne vanno rispettate a prescindere da una data”

Centrocampista della Fiorentina femminile, riconoscere la responsabilità di essere un esempio per le più giovani. E sulla collega/avversaria Sara Gama dice: “Un capitano fuori e dentro il campo, ha sempre lottato per il ‘noi’”

di MARIANNA GRAZI -
8 marzo 2024

“Sarebbe bello pensare che l’8 marzo diventasse ogni giorno, perché credo che le donne vadano rispettate a prescindere da una data. Ha sempre valore festeggiarlo, ma sarebbe bello pensarlo ogni giorno”. Oltre le gambe c’è di più, diceva una nota canzone, e mai frase è stata più azzeccata quando si associa una data come l’8 marzo, Giornata internazionale della Donna, a una calciatrice, che con le sue gambe letteralmente ci lavora (merito anche del professionismo conquistato a fatica).

Incontriamo Alice Parisi, centrocampista della Fiorentina femminile, al Viola Park, la casa delle squadre di calcio gigliate, per parlare di questa ricorrenza, oltre che del calcio femminile, un fenomeno in ascesa.

Alice Parisi, centrocampista della Fiorentina
Alice Parisi, centrocampista della Fiorentina

Giocare nella Fiorentina, una delle ‘grandi’ della Serie A femminile la fa sentire un esempio, un modello da seguire?

“Sicuramente quella per la parità è una battaglia che chi gioca da qualche anno combatte e oggi abbiamo la possibilità di diventare davvero un’immagine. Qui viviamo negli stessi ambienti col settore giovanile, è più facile vedersi e conoscersi, quindi aumenta la responsabilità di essere un esempio buono per le più giovani. Sicuramente la fiorentina in questo è pioniera, sulle pari opportunità, e questo deve essere un modello per tanti ambienti”.

Avere altre strutture come il Viola Park, nelle altre società italiane, potrebbe favorire la crescita del settore femminile giovanile?

“Credo che oggi il Viola Park faccia da modello a tante realtà, non solo femminili. Credo che questa richiesta di inclusione fatta dalla società e dalla proprietà, per avere tutti nello stesso posto, crei un qualcosa che in Italia manca. Questo secondo me rende l’atleta ancora più ambizioso, perché devi meritare un posto così, devi rispettarlo e ti senti spronata a fare il tuo lavoro al 100%”.

Arrivata nel 2016 alla Fiorentina, poi è passata al Sassuolo nel 2020, ed è infine tornata a Firenze due anni fa. Che legame ha con la maglia viola?

“Io a Firenze mi sono legata tanto fin da subito, quando ho fatto i primi 4 anni qua è diventata casa mia a 360 gradi non solo per la Fiorentina. Fosse stato per me non me ne sarei nemmeno andata ma sento che sono stati due anni che mi hanno permesso di raggiungere quella maturità necessaria a dire che oggi voglio essere qui perché so che voglio finire la mia carriera qui. E finire qua è il regalo più grande, è impagabile, è il prezzo che vale la mia carriera”.

Pensa al ritiro?

“Ho 33 anni, sportivamente parlando, avendo avuto anche infortuni importanti, sento di aver fatto veramente tanto. Giocherò ancora sicuramente ma il quanto non lo so, sono consapevole che però non andrò a giocare da altre parti”.

Qualche giorno fa a Firenze c’è stato l’addio a un’altra maglia, quella della nazionale, da parte di una sua collega e avversaria, Sara Gama. Come l’ha vissuto? E cosa ha rappresentato?

“Con Sara abbiamo fatto un percorso molto simile: lei è stata in maggiore a sedici anni e io l’ho sempre seguita. Abbiamo vinto l’Europeo (under 19) in Francia nel 2008, abbiamo alzato quella coppa insieme perché l’ho sostituita come capitana in tutta la fase di qualificazione perché era infortunata e nella fase finale c’era lei. Ho condiviso tanto con Gama, un percorso lungo anni, battaglie dentro e fuori dal campo. Credo che il giusto addio alla maglia azzurra che ha dato lei è stato un riconoscimento per magari tante altre che non l’hanno avuto: io ad esempio sono uscita dalla nazionale in maniera molto silenziosa, è giusto così, però io ho vissuto in quella giornata di lei un addio anche mio, in maniera molto simbolica. Lei ha avuto il saluto che meritava.

Per me non è stato giusto che non sia andata al Mondiale e secondo me il rispetto che ha avuto il nuovo ct nei suoi confronti dimostra il fatto che oltre ad essere un bravo allenatore è anche un grande uomo. Ho la pelle d’oca a parlarne perché per me è stato un gesto davvero importante”.

È stata un simbolo per questo sport…

“Lei per noi è il capitano. Non perché porta una fascia ma perché Sara Gama per il nostro movimento è veramente una guida da seguire per tante cose. Ha sempre lottato per il noi e non per l’io, un esempio a 360 gradi. Io ho la fortuna di viverla in associazione, lei è vicepresidente e io consigliera, quindi tante cose poi vengono impostate e fatte insieme e so quanto si batta non solo di facciata. È davvero un capitano”.

Un testimone difficile da passare

“È difficile, secondo me non puoi neanche parlare di testimone ma proprio perché è cambiato il contesto. Oggi la ragazzina nasce in un contesto già professionistico, noi veniamo dai campi di terra battuta. Quello che hai oggi lo apprezzi perché sai quello che c’era prima, ti cambia proprio il perché vai al campo rispetto a prima. Il testimone di Gama per me non esiste, lei per me resterà sempre unica. Poi ci saranno tante altre battaglie da portare avanti, lei deve essere di ispirazione ed esempio del come affrontare poi quelle che ci saranno però proprio per era calcistica sarà inimitabile, unica. A meno che non si torni indietro di 20 anni…”.