Firenze, 23 febbraio 2024 - L'ultima recita è sempre un po' come la prima. Due parentesi che si chiudono abbracciando idealmente quel che è stato. Spesso una carriera calcistica rappresenta un pezzo di vita. E per chi pratica sport la maglia della Nazionale è da sempre quella più ambita.
Lo era per una piccolissima Sara Gama, nata a Trieste nel 1989, quando giocava a calcio sul lungomare con i Topolini della Barcolana e quella stessa maglia azzurra ce l'avevano addosso icone di un calcio femminile che non c'è più.
Carolina Morace e Betty Bavagnoli, ad esempio. Poco più in là esplose il talento di Patrizia Panico. E ancora Melania Gabbiadini. Calciatrici straordinarie, che hanno vissuto però l'epoca del dilettantismo e dei pregiudizi. Valanghe di gol sommersi dal fango di occhiate compassionevoli e risatine maligne dietro la porta degli spogliatoi. Se per molti versi si è provato a far crescere tutto l'ambiente, certi pregiudizi forse non se ne sono mai andati davvero del tutto. Dannoso oggi continuare a nascondersi. Nel mondo del calcio femminile l'orientamento sessuale delle calciatrici è sempre venuto prima delle qualità tecniche. Aspetto che non si è sopito del tutto neppure oggi. Eppure siamo di fronte ad atlete ormai professioniste e che come tali debbono essere giudicate. Atlete vere, come quelle di tante altre discipline sportive. Che si allenano tutti i giorni e che atleticamente potrebbero fare le scarpe a tanti uomini.
Sara Gama oggi chiude la sua parentesi in Nazionale, rientrando in quel gruppo di calciatrici che hanno lottato con tutte le loro forze per cambiare prospettive e destino a uno sport troppo spesso bistrattato anche dagli stessi addetti ai lavori.
Saluta dopo diciotto anni e 140 presenze in Azzurro. Capitana storica di un gruppo che ha scritto pagine importantissime per il calcio femminile italiano. Oggi non conta che sia uno dei simboli della Juventus e che giochi sul campo della rivale Fiorentina. Oggi conta il resto.
Un film di novanta minuti contro l'Irlanda nel quale le passeranno in testa immagini indelebili. L'Europeo vinto nel 2008 con l'Under 19 quando era una ragazzina, oppure l'esordio all'Europeo dell'anno successivo con la nazionale maggiore. O magari le istantanee del Mondiale del 2019. Quello della consapevolezza. Di un gruppo che ha avviato la rivoluzione (del professionismo) e l'ha portata fino in fondo, rivendicando diritti e conquistando traguardi.
Resta una carriera da terminare nella Juventus, ancora da esempio per tutte le bambine che l'hanno vista e continueranno ad ammirare la sua riccia e folta chioma sul campo (anche la Mattel ne è rimasta affascinata e ha proposto qualche anno fa una Barbie con la sua fisionomia). Per quelle stesse bambine che, magari fra una manciata d'anni, esordiranno in Nazionale lì al centro della difesa. Con un idolo in testa e nel cuore. Ricordate Sara Gama? Come no! La capitana della rivoluzione.