
La storia di
Andrea Prudente, cittadina statunitense in vacanza a Malta, riporta sotto i riflettori alcune delle complessità legate all’
aborto, che in alcuni Paesi si rivelano più ingombranti che in altri. La turista americana è arrivata nell’arcipelago nel Mediterraneo incinta di 16 settimane: ora
rischia la vita a causa di un aborto spontaneo, al quale i medici del policlinico Mater Dei non possono porre fine perché
il cuore del feto batte ancora. La donna rischia la setticemia, infezione dovuta al distaccamento della placenta, ma nella cattolicissima
Malta, unico Paese dell'Unione Europea in cui l'aborto è vietato in ogni caso, i medici rischiano 4 anni di prigione se interrompono la vita del feto, anche se le acque si sono rotte e a detta degli stessi medici «non c'è alcuna possibilità di sopravvivenza» del bambino. Il partner della donna, Jay Weeldreyer di 45 anni, ha affermato che la donna «è tenuta in ostaggio in

ospedale da una settimana». Costretti a sperare nella morte del feto, Jay ha lanciato un appello affinché
almeno la moglie possa essere salvata, denunciando di non aver ricevuto neppure il permesso per il trasferimento in una nazione dove l’aborto è legale: «
La bambina non vivrà, non si può fare nulla per cambiare l'esito. La volevamo, la vorremmo ancora, la amiamo, vorremmo che sopravvivesse, ma non sarà così, e non solo stiamo perdendo nostra figlia, ma così l'ospedale mette a rischio anche la vita di Andrea». Ma a quanto pare, per le donne maltesi funziona così: ogni anno ci sarebbero
almeno due o tre casi simili. Sull'isola vige una delle legislazioni in materia più restrittive dell'Unione europea: provocare un aborto è, quasi in ogni caso, illegale. L’assicurazione sanitaria della coppia ha cercato di organizzare il trasferimento da Malta, ma non è stato possibile perché
nessuna compagnia aerea ha voluto rischiare le conseguenze penali legate al caso. «Siamo venuti a Malta per una”'babymoon” (ovvero l’ultima vacanza in due prima della nascita del bebè, ndr). Certamente non siamo venuti per avere un aborto, ma qui stiamo parlando di
salvare la vita di una donna.
Stanno giocando con la sua vita», ha detto Weeldreyer.

La coppia era arrivata a Malta da qualche giorno quando la donna ha avuto
una prima emorragia. Un controllo in ospedale aveva dato rassicurazioni riguardo la vita del bambino. Ma dopo un paio di giorni, le acque si sono aperte e un'ecografia ha mostrato che
la placenta si era parzialmente distaccata dall'utero, ma il cuore del feto continuava a battere, rendendo
impossibile qualsiasi tipo di intervento chirurgico. Rimandati a casa, dopo altre 8 ore una nuova ecografia ha mostrato che il liquido amniotico era esaurito ma il cuore continua a battere ed i medici non possono intervenire, anche a fronte del rischio di setticemia. La vicenda è stata resa nota dalla Ong “Doctors for Choice”, che teme si ripeta una tragedia come quella di
Savita Halappanavar, morta nel 2012 a 31 anni in Irlanda dove le venne negato l'aborto medico dopo un inizio di aborto spontaneo. «Spero che riusciremo a ricevere qualche forma di grazia da Malta e che ci lasci partire. Anche presumendo che non ce la faccia, preferiremmo sperare che Andrea possa sopravvivere al volo» ha concluso Weeldreyer.